Se Valentino, prima di diventare Santo, avesse minimamente immaginato di trasformarsi (a sua insaputa) in testimonial dai cuori di peluche ai cioccolatini, passando per le frasi dei libri di Federico Moccia, che sembrano non tramontare mai, probabilmente oggi lo ricorderemmo con il più grande stagista del 270 d.C. e del Santo degli innamorati non ce ne sarebbero tracce.
Ma secoli dopo è diventato “il protagonista” del mese di Febbraio. Ma chi glielo doveva dire che si sarebbe dovuto beccare i servizi de “La Vita in Diretta”, i pacchetti week end in offerta speciale, le compilation di canzoni amorose, le pomiciate adolescenziali.
Valentino non lo sapeva, come non sapeva cosa sarebbe diventa l’amore. Forse non sapeva neanche cos’era e non sentiva di (certo) il bisogno di incartarlo in un involucro di cioccolata, firmandosi “Anonimo”.
Valentino ha vissuto di istinto e di passione, ha rifiutato le convenzioni, e ha pagato con la vita la voglia di coinvolgere i miscredenti con l’entusiasmo di un sentimento autentico, con l’unica presunzione di viverlo.
Oggi di quella passione intensa e autentica resta solo il rosso dei cuori appesi in ogni dove e la voglia dei single di giocarci a freccette.
E mi chiedo se ha vissuto per davvero un sentimento o se è solo una leggenda. Ma me lo immagino un uomo d’altri tempi dove l’educazione e il rispetto sapevano di romanticismo e di verità.
I primi a scegliere san Valentino come testimonial, circa 200 anni dopo la sua morte, fu la Chiesa cattolica, poi l’usanza pagana ribattezzata con “Lupercus” e che oggi lo ritroviamo nel pomeriggio della tivvù nel salotto di “Uomini e donne”.
Pare infatti che, fin dal quarto secolo A. C. i romani pagani rendessero omaggio, con un singolare rito annuale, al dio Lupercus. I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un’urna e opportunamente mescolati. Quindi un bambino sceglieva a caso alcune coppie (oggi lo chiameremmo casting) che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità (quelle che a “Uomini e donne” si chiamano “Esterne” e si consumano in una settimana) affinché il rito della fertilità fosse concluso. L’anno successivo sarebbe poi ricominciato nuovamente con altre coppie (quella che noi definiremmo “nuova edizione del programma”).
E San Valentino divenne l’antagonista di Maria de Filippi. Ma negli anni per lui andò sempre peggio. Arrivarono giornali, pubblicità, trasmissioni televisive a tema, cuori di peluche, Baci Perugina. Un complotto ai danni dei sentimenti.
Ma campioni indiscussi sono i Baci Perugina che non si chiamavano Baci.
Nacquero negli anni ‘20, grazie al lampo di genio di una donna: Luisa Spagnoli, che doveva ottimizzare gli scarti di produzione e decise di mettere insieme la pasta di nocciole con una nocciola intera e ricoprire il tutto di cioccolato.
Sapete come chiamò la sua creazione? CAZZOTTI.
Si, proprio “Cazzotti”, che divennero baci anni dopo, per essere esportati all’estero e il “genio” sicuramente spietato, (credo) maschile, li trasformarono nel simbolo dell’amore.
Non so se Luisa visse abbastanza a lungo per vedere i suoi cazzotti travestiti da baci navigare oltre oceano.
So pero’ che sia Valentino che Luisa, sono testimonial inconsapevoli di quell’amore di plastica che si vende un tanto al chilo nel mese di Febbraio.
Valentino: un romantico passionario, autentico, leale, convinto.
Luisa: geniale, lavoratrice, burbera, amante del cioccolato.
Peccato che ora è amore di consumismo. Amore di facciata. Passato il Santo passa (spesso) anche l’Amore.
E…allora tenetevi i fiumi di cioccolato, i massaggi erotici, i pacchetti viaggio, i biglietti di Italo 2*1, le frasi scopiazzate, le cene romantiche e gli appuntamenti da adolescenti la sera del 14 Febbraio.
Tenetevi tutto ma lasciatemi Valentino e i Baci.