Dopo la strage di Charlie Hebdo abbiamo urlato alla libertà di informazione, lo abbiamo sbandierato ai quattro venti, con orgoglio e finzione lo abbiamo scritto in molti post. All’indomani della strage siamo diventati tutti paladini del valore della libertà d’espressione e di parola in una società “libera”. Eppure la società europea moderna e noi italiani non possiamo considerarci del tutto veri e propri paladini di essa.
Lo dimostra il “caso Giletti”. Domenica pomeriggio nel salotto dell’ Arena, Massimo Giletti-che ritengo essere uno dei pochi giornalisti professionali che davvero in questo Paese in questa Tv fa INFORMAZIONE. Se Giletti dovesse chiamarmi domattina, lavorerei per la sua redazione ben volentieri e anche a titolo gratuito- è tornato sull’argomento delle “pensioni d’oro” ma anche dei “vitalizi della casta”, ospitando per dargli anche diritto di replica, Mario Capanna, ex deputato, che guadagna come vitalizio 5 mila euro al mese. Aggiungendo che la riduzione del 10% non è affatto giustificabile poiché non si devono toccare i diritti acquisiti. Capanna è arrivato ad accusare Giletti di percepire uno stipendio altissimo. E’ seguito in battibecco-che a mio parere Giletti ha condotto con garbo ed eleganza-, ma alla fine Giletti ha lanciato il libro dell’ex parlamentare, riprendendoglielo poi dopo la pubblicità. Ma questo costerà a Giletti tra i 10 e i 20 mila euro di multa, perché ritenuto dall’ex parlamentare “gesto dal sapore nazistoide”.
Davvero è il “gesto” pomo della discordia o l’aver scoperchiato un argomento tanto “segreto” che a qualcuno non piace? Siamo davvero liberi di informare?