Gli attentati di Parigi oltre i social. La mia analisi.

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messQuanto accaduto a Parigi sta scatenando il peggio fuori e dentro i social network. Fuori è un proliferarsi di giudizi, di opinionisti un pò improvvisati, di direttori di giornali che pubblicano titoli ad effetto scaricando la loro rabbia e talvolta il loro disprezzo. Dentro, è un crucivia di professori della stastiera, di foto con i colori della bandiera francese, di stati che invocano alla pace, pensando ancora che si tratti di una guerra di religione. Una carreggiata di profili, di analisi di terrorismo, da chi competenze e conoscenze non ne ha per dirlo. Mi spiace dirlo ma non c’è logica, non c’è analisi e ancor di più non c’è rispetto. Ci trinceriamo dietro al “Je suis Paris”, quando siamo i primi ad essere spaventati, disorientati ed incapaci di leggere il messaggio tra le righe degli islamisti. Allora mi fermo un attimo a pensare, a riflettere: io a Parigi ho zii, cugini, gran parte della famiglia è lì, sono stata la prima a tremare, ad aver avuto paura, poi i social viaggiano veloce e così ho scoperto che stessero tutti bene. Ma quel giorno stesso ho preso una decisione, una presa di posizione: non scriverò frasi del tipo “Je suis…” o pubblicherò la mia foto profilo, come da suggerimento di Facebook con i colori francesi, se tra dieci giorni calerà il silenzio su quanto accaduto, se le foto profilo cambieranno, se noi non cambieremo. Perchè è facile cambiare la foto del profilo e poi vomitare il nostro disprezzo contro qualcuno, usando violenza. E non ditemi di essre egoista, ma dopo Charlie Hebdo eravate tutti con la matita in mano, tutti vignettisti e giornalisti di Charlie, una settimana fa eravate già a farvi la guerra, molti di voi auguravano ai loro nemici quotidiani vendetta e disprezzo. Penso che siamo ben lontani dalla realtà. Piango come voi la morte della giovane studentessa veneziana, ma mi sento di dirle da italiana “scusa”, perchè se fossimo stati più attivi, intelligenti, coraggiosi, non avremmo permesso alla Solesin e ai tanti giovani di andare via dall’Italia, ma le menti brillanti ce le saremmo tenuti qui, valorizzandoli ed andandone orgogliosi. Invece, l’abbiamo lasciata andare fuori, regalando all’estero il meglio del nostro futuro e purtroppo è morta lì. E smettiamola di dire e di dirci che è una guerra di religione, rischia di trascinarsi come tale, ma in realtà non lo è. Si tratta solo di persone che vogliono interpretare male la loro religione, ma intendono colpire l’Europa e la politica che la governa. Ecco perchè scelgono città come Parigi, perchè non uccidono solo i francesi, ma uccidono etnie, culture, nazionalità diverse. Lo dimostrano le nazionalità, le culture purtroppo di chi non ce l’ha fatta, morendo. Abbandoniamo le tastiere, la filosofia da Facebook e guardiamoci un pò più intorno, analizziamo e smettiamo di allarmarci e di vivere in ansia. Perchè il loro gioco è spaventare. Sanno bene che con la paura la gente non uscirebbe di casa, non vivrebbe più, non viaggerebbe più, quindi fermerebbero l’economia, paralizzerebbero le nostre vite, questo non dobbiamo permetterlo. Senza dubbio, ho paura per il Giubileo, perchè propabile bersaglio, ma ho paura perchè non credo siamo capaci di poter gestire al meglio per un anno il Giubileo. Guardiamo in faccia alla realtà, oltre l’Expo, vanto del governo Renzi in ogni occasione, ma anche lì c’erano delle lacune, delle attese, delle difficoltà, coperte dai numeri, ma problemi c’erano. Allora abbiamo i soldi per la benzina nelle auto della polizia, dei carabinieri? No, perchè se non ce l’hanno quotidianamente, fatico a pensare che ci sia per il Giubileo. Siamo davvero attrezzati?

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