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Autismo, le paure e le angosce si affrontano con la Onoterapia

untitled 2Una diagnosi che arriva d’improvviso, gelando i genitori, impreparati ed impauriti dinanzi alla sindrome spettro autistico. Colpisce un bambino su sessantotto, dato cresciuto dieci volte negli ultimi quarant’anni. La diagnosi arriva tra i diciotto e i ventiquattro mesi, spesso già entro il primo anno di vita è possibile individuare i bambini a rischio. Una diagnosi precoce nel caso dell’autismo riveste un’importanza fondamentale. I primi campanelli d’allarme: ritardo nel linguaggio, il bambino non si gira se chiamato, rifiuta il contatto fisico, ha comportamenti ripetitivi. In Italia mezzo milione le famiglie coinvolte, nel mondo i casi sono aumentati di dieci volte. Ad oggi non esistono farmaci ma è comunque importantissimo un intervento precoce in un centro specializzato. Vi sono diversi profili e cause diverse nel disturbo dello spettro autistico ed è fondamentale un intervento medico terapeutico, soprattutto nella fase iniziale. Dopodiché è importante proseguire con percorsi di integrazione per sviluppare relazioni usando modalità specifiche, che spesso si basa su sacrifici e buona volontà degli operatori. Un panorama difficile quello in cui si inserisce l’autismo, la carenza di risorse, nel napoletano ad esempio, ogni disabile è sostenuto con risorse fino a sedici volte inferiori a quelle stanziate in altre realtà, e più in generale, il fondo per le non autosufficienze rimane inadeguato. Dall’altra parte ci sono i genitori inseriti in un panorama incerto delle politiche sociali, ogni giorno devono scacciare dalla loro mente l’angoscia del “dopo di noi”, cercando di stabilire legami ed affetti per tutta la vita del figlio, fornendogli buone abitudini, che non sono così scontate, affinché se le ritrovi. Molti ragazzini autistici amano il contatto fisico sino ad abbracciare i compagni e gli affetti ma ci sono anche ragazzi che quel contatto lo percepiscono come una minaccia. Nelle relazioni, secondo anche i neuropsichiatri, bisogna essere categorici: se il bimbo autistico abbraccia troppo forte i coetanei o fa gesti insopportabili, bisogna dirgli di smettere. Proprio come si fa con tra pari e per non escluderlo. A scuola, ad oggi, l’integrazione è ancora lenta, ma la sensibilità dei bambini supera quella dell’adulto più chiuso, perché i ragazzini sanno cogliere la diversità come risorsa per loro e non solo contrario. Bambini che concepiscono l’autismo non come una malattia ma un modo di essere. Ma restano scoperte le ore di sostegno, l’assistenza specialistica, ferma a troppe poche ore che non consentono, spesso, ai bambini autistici di frequentare regolarmente la scuola. E così l’integrazione fatica ad esserci. La scuola, in questo caso è risorsa importante, crescita per i coetanei, condivisione. Inoltre, gli autistici sono dei geni, secondo gli studi, la metà delle persone affetta da Dsa presenta anche un deficit cognitivo. L’altro cinquanta percento, presenta un quoziente intellettivo pari a quello della maggior parte della popolazione. Solo pochi presentano un QI di 140. Insomma, mentre ai nostri ragazzi insegniamo a vivere, loro ci insegnano come va la vita mentre speriamo in una comunità che inizi a prendersi cura dei ragazzi con autismo. Sogno di molti genitori.

Da Nord a Sud dell’Italia si susseguono iniziative, nascono associazioni, si creano reti di volontariato per supportare le famiglie ed i ragazzi con autismo di oggi, adulti di domani, cercando di sviluppare in loro creatività e attività di condivisione. Nel cuore del Lazio, a Civitavecchia, nella zona del Santuario della Madonna delle lacrime, nel lontano 2012 è nata l’associazione “Il mondo di Gina Onlus”, gestita da Enrica Jasinski e dalla sua famiglia. Si avvicinano all’autismo attraverso gli asinelli, ovvero, sperimentano ogni giorno l’onoterapia. Una fattoria, gli animali, perlopiù asini, giocano coi più piccoli e con i loro genitori. Si moltiplicano ogni giorno progetti, infatti, il mondo di Gina lavora anche a braccetto con l’Asl di Roma 4, e numerose idee che vedono dalla loro parte anche la Regione Lazio. Nei prossimi mesi sarà sperimentato anche il “trekking sommegiato” escursioni di un’intera giornata all’interno della natura accompagnati dagli amici asini. La terapia consiste nel prendersi cura dell’animale, che essendo sensibile, da subito si affeziona alla persona. I ragazzi con autismo impareranno a prendersi cura di un essere animale, a spazzolarlo, pulirlo e dargli del fieno. Da un punto di vista medico sembrerebbe stimolare e rafforzare le capacità cognitive, migliora la prensione sulle mani e l’equilibrio, aumentando l’autostima e la sicurezza interiore. L’onoterapia si affianca e si integra ad ulteriore terapie, da sola non basta, e iniziarla non significa sospendere altre terapie. L’associazione di Jasinski, ci riferisce che i risultati sono tangibili e in un brevissimo lasso di tempo: dai sei mesi all’anno. Le attività assistite con gli asini per i bambini speciali vengono svolte in modo individuale con pacchetti personalizzati, solitamente, ogni pacchetto comprende dieci lezioni dalla durata di un’ora a settimana. Nel fine settimana, l’associazione organizza gruppi di bambini dai dieci/quindici e senza limiti di tempo per avvicinare genitori e figli e trascorrere del tempo insieme in compagnia della natura e degli animali. Una terapia se non altro “alternativa” che si svolge in campagna, all’aria aperta, con poche regole, con parità, senza camici ed un rapporto empatico e umano che si istaura tra il ragazzo e il suo volontario. “Mai abbandonare la speranza di miglioramenti grandi o piccoli che possono essere e se intervengono in età precoce possono davvero migliorare la loro qualità della vita.” Ci dice Enrica Jasinski. Un’associazione che cresce sempre più grazie anche ai tanti genitori che in loro hanno trovato accoglienza e conforto, grazie ai social, ma da sola non basta e così da qualche settimana è stata lanciata una campagna “adotta un asinello”. L’adozione di un asinello ha importi bassi, a seconda del periodo che si sceglie di adottare: dal singolo mese, all’intero anno, passando per qualche mese, e servirà ad aiutare la terapia di tanti ragazzini che in un asinello hanno trovato un amico per la loro terapia ma che le loro famiglie non riescono a sostenerne i costi. Chiunque ne fosse interessato può consultare la pagina Facebook “Il mondo di Gina Onlus”, un gesto che può tendere la mano. Perché i traguardi, per le persone con autismo, spesso sono gesti o attività apparentemente insignificanti per gli altri, piccole vittorie che li aiutano a sviluppare l’autostima e l’autonomia.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Libertà di cura: rifiutarono la chemio per la figlia che morì, prosciolti i genitori

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messSono stati prosciolti dall’accusa di omicidio colposo i genitori di Eleonora, la diciottenne del padovano, morta nell’agosto di un anno fa, per una leucemia linfoblastica acuta. La ragazza, che nel 2016 aveva 17 anni, aveva rifiutato la chemioterapia. Secondo il PM, che aveva chiesto il rinvio a giudizio, erano stati i genitori a cercare cure alternative, rivolgendosi ad una clinica in Svizzera, convincendola a rifiutare la chemio. Ma per il GUP di Padova, il fatto non costituisce reato. I genitori avrebbero agito in buona fede. Si afferma così il principio della libertà di scelta delle cure mediche e di autodeterminazione anche da parte di un minorenne. Prevale, dunque, il diritto della persona di scegliere se sottoporsi o meno alle cure, anche se minorenne. Nessuno può essere sottoposto a trattamenti sanitari obbligatori, recita così la Costituzione italiana. Ma se si tratta di un paziente minorenne? Possono i genitori di un minore malato di tumore non firmare l’autorizzazione alle cure chemioterapiche, pur sostenendo di voler rispettare la volontà del figlio? E’ l’interrogativo drammatico posto dal caso della giovane Eleonora: i genitori non avevano prestato il consenso alla chemioterapia e nell’arco di sei mesi la leucemia l’ha uccisa. Un caso non isolato, si abbandona sempre più la medicina per pratiche di medicina “alternativa” o di trattamenti non convenzionali. Il tutto dipende dalla crisi del paziente, dal rapporto che si è instaurato tra il medico ed il paziente. Un consenso alle cure che i genitori hanno negato, cercando di rispettare la volontà della figlia, un confine labile, difficile per un genitore, di certo bisogna valutare la capacità di agire del minore, la capacità di elaborare il messaggio medico, l’urgenza della cura, nell’ottica dell’accettazione o del diniego del minore. L’atteggiamento sarebbe quello di aiutare il minore a comprendere le informazioni, aiutandola a confrontarsi con un esperto: un oncologo, un professionista del settore specifico, che tessa le informazioni più complete possibili, magari aiutandosi con un supporto psicologico, al fine di capire anche il fondamento del rifiuto delle cure, ciò spinge a capire se c’è stata un’elaborazione ed una scelta consapevole e per quanto possibile matura. Di fondo però c’è anche una medicina che sembra non saper parlare più ai suoi pazienti, mentre, le cure alternative sembrano coinvolgere sempre più pazienti, anche minorenni, che facilitati dall’uso di internet, scoprono e si imbattono in cure alternative. Infatti, la giovane Eleonora aveva scelto di far ricorso alla medicina alternativa di Hammer, medico tedesco e sostenitore della tesi secondo cui i tumori e le leucemie altro non sono che un riflesso fisico di traumi psicologici. Così la giovane ha deciso di far ricorso al metodo Hammer anziché la chemioterapia che secondo i medici le avrebbe dato ottime possibilità di guarigione. Una scelta quella di Eleonora prima, di una sentenza poi, destinata a farci riflettere: i genitori non possono sostituirsi ai figli, seppur minorenni, maggiormente se questi hanno raggiunto un’età in cui vi è capacità di giudizio e di scelta. I genitori anche di fronte alla malattia, al dolore, sono chiamati ad accettare le scelte dei loro figli, seppur queste vanno incontro talvolta, come in questo caso, alla morte. Una sentenza che richiama ad un principio importante per gli esseri umani, ma anche per gli assistenti sociali: l’autodeterminazione, ovvero, prendere proprie decisioni, e se minorenni, autonomamente dai genitori. In effetti, l’elenco sancito da leggi e articoli del codice civile è lungo, dal contrarre matrimonio al compimento dei sedici anni, al riconoscimento del proprio figlio anche se minorenne, alla titolarità del diritto d’autore, ma anche al compimento dei tredici anni il diritto di esercitare il diritto di querela. Minori che possono anche per la legge abortire, persino all’insaputa dei genitori, come potrà in anonimato rivolgersi al SERT, iniziando un programma riabilitativo senza che i genitori ne siano necessariamente informati, ed ora con la sentenza di Padova di Eleonora, si afferma il diritto del minore di scegliere autonomamente se sottoporsi o meno ad una cura, chiedendo quindi ai genitori di non firmare il consenso.

(Articolo pubblicato in Pagine sociali il mio blog per ildenaro.it)

 

 

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