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Decreto sicurezza, le proposte di Salvini e le sfide delle Ong e dei contrari

untitled 2Ha incassato il voto all’unanimità il decreto che porta la firma del vicepremier Matteo Salvini, che ha visto il “suo” decreto approvato, introducendo importanti novità in tema di sicurezza, immigrazione, gestione dei beni confiscati alla mafia e protezione internazionale. Ora il decreto passerà al vaglio del Quirinale per il parere del Presidente della Repubblica che se lo firmerà diventerà atto avente forza di legge, che avrà bisogno di essere ratificato entro sessanta giorni da entrambe le aule parlamentari, altrimenti il suo valore sarà nullo. “Disposizioni urgenti –titola l’atto- in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’Interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.” La dicitura serve a giustificare l’atto che è stato direttamente emanato dal Governo in quanto atto urgente avente forza di legge senza passare per il Parlamento. Quello cui punta la nuova legge è ridurre il numero di concessioni del diritto d’asilo eliminando il permesso di soggiorno per motivi umanitari, introducendo una tipizzazione dei casi di tutela complementare, con precisi requisiti per i soggetti interessati. La protezione umanitaria viene sostituita da “sei permessi speciali”: vittime di grave sfruttamento, motivi di salute, violenza domestica, calamità nel Paese d’origine, cure mediche e atti di particolare valore civile. Inoltre, il decreto, propone la revoca del diritto d’asilo per chi delinque, la revoca dalla cittadinanza per chi viene condannato per terrorismo e il raddoppiamento del periodo in cui è possibile che un immigrato possa essere tenuto nei centri per il rimpatrio (CPR) in modo da poter contrastare la clandestinità evitando la dispersione di irregolari sul territorio nazionale. Si parla poi dei casi specifici in cui il permesso di soggiorno e la cittadinanza possono essere revocati e gli stranieri espulsi. La protezione internazionale viene negata o sospesa dopo una condanna in primo grado per i reati di violenza sessuale, lesioni gravi e rapina, violenza a pubblico ufficiale, mutilazioni sessuali, furto aggravato e traffico di droga. Previsti provvedimenti analoghi anche in caso di pericolosità sociale seppure l’immigrato non sia ancora stato condannato. Per chi subisce una condanna in via definitiva per reati di terrorismo è prevista la revoca della cittadinanza acquisita e l’espulsione immediata. In tema di rimpatri, almeno sulla carta, cambia tutto. Nei centri di permanenza per il rimpatrio gli stranieri potranno ora stare fino a 180 giorni, prima era di 90 giorni, affinché in quel periodo di tempo, possa essere organizzata l’effettiva esecuzione della misura ed è prevista la costruzione di nuovi centri, gli attuali possono ospitare sino ad un massimo di quattrocento persone. Prima del decreto al trascorrere dei novanta giorni, se il migrante non era ancora stato rimpatriato non poteva essere più tenuto nel centro e, seppur privo di permesso di soggiorno, veniva lasciato andare. Il decreto prevede la riduzione dei progetti di inclusione sociale e integrazione. Solo i titolari di protezione internazionale ed i minori stranieri non accompagnati hanno diritto a seguire i progetti di integrazione ed inclusione sociale previsti dal sistema. Inoltre, i richiedenti asilo, potranno essere accolti solo nei “Centri di accoglienza secondaria” e nei “Centri di accoglienza per richiedenti asilo”. Oltre al pacchetto immigrazione il decreto introduce novità in fatto di sicurezza urbana. Il cosiddetto braccialetto elettronico potrebbe essere introdotto per reati quali stalking e maltrattamenti; i vigili urbani delle grandi città verranno dotati di taser, pistola elettronica in vi di sperimentazione in queste settimane, il Daspo, sarà esteso anche a chi è indiziato per reati di terrorismo. Il Daspo diventerà anche urbano col divieto di avvicinarsi ad ospedali, scuole, aree dove si svolgono mercati o fiere per tutti gli indiziati di terrorismo. Chiude il pacchetto l’idea di inasprire le pene per chi occupa abusivamente gli immobili e nuove norme che permettono il miglioramento della gestione dei beni confiscati alla mafia. Contrastato, discusso e “inequilibrato” per molti, che ritengano che il decreto sicurezza avrà effetti opposti a quelli che vorrebbe ottenere sulla carta. Scettici anche i sindaci che temono un abbandono delle periferie e una totale mancanza sul territorio di progetti d’inclusione. In disaccordo anche “medici senza frontiere” che parla di un decreto orientato a smantellare ulteriormente il sistema di accoglienza italiano, già fragile e precario, a prolungare la detenzione amministrativa di persone che non hanno commesso alcun crimine, e a ridurre le protezioni attualmente disponibili per persone vulnerabili. “Un ulteriore passo nelle politiche migratorie repressive del governo italiano, volte a un indiscriminato arresto dei flussi e alla criminalizzazione della migrazione, in mare e in terra, e senza alcun interesse per la vita, la salute e la dignità di migliaia di uomini, donne e bambini” – ha dichiarato il capomissione MSF in Italia. Sembra proprio che lasci discutere molto questo nuovo decreto che in realtà abbandona il lato umano e solidale, tratto caratteristico dell’Italia. Il problema immigrazione và affrontato e con i paesi dell’Unione Europea, perché si tratta di vite umane che necessitano di protezione ed assistenza, non di repressione, che è giusta nel momento in cui c’è da punire la commissione di un reato. C’è da chiedersi se un decreto che rivede la sicurezza e le misure di integrazione riesca a gestire e ad operare in un’altra ottica l’immigrazione. A posteri ardua sentenza.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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La nuova vita sociale dei beni confiscati alla mafia

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messCase, ville, ricchezza ostentata, nei sotterranei o in stanze nascoste: i luoghi dove i boss convocavano gli imprenditori che tenevano sotto scacco. Beni finiti dopo gli arresti nelle mani dello Stato. Un passaggio di proprietà da “cosa loro” a “cosa nostra” . Sono quasi 18 mila in Italia, spesso si confondono in abitazioni comuni, i beni confiscati alla criminalità organizzata, oggi divenuti avamposti di legalità, grazie alla legge 109 del 1996, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. Una svolta epocale nel contrasto alle mafie nel nostro Paese. Un sogno divenuto realtà, grazie all’impegno pagato con la vita dall’allora segretario regionale del Pci Pio La Torre, e dell’organizzazione fondata da don Luigi Ciotti, di Libera. Oggi, fa sapere Libera, sono oltre cinquecento le realtà che l’organizzazione gestisce in quelle terre e in quegli immobili, con l’onere non indifferente di trasformarli in luoghi di lavoro, di formazione, di cultura, di accoglienza e servizio alle persone deboli. La nuova vita dei beni confiscati alla mafia passa attraverso il terzo settore, infatti, l’accordo siglato tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, l’Agenzia del Demanio e l’Associazione Nazionale Comuni Italiani per destinare agli enti del Terzo settore i beni immobiliari pubblici inutilizzati e quelli confiscati alla criminalità organizzata. L’accordo firmato negli ultimi mesi del 2017, prevede che gli enti destinatari devono predisporre progetti destinati alla riqualificazione di aree degradate, al miglioramento del contesto urbano e sociale, all’incentivazione di iniziative di legalità e all’inclusione sociale dei soggetti svantaggiati. L’immobile potrà essere restaurato e utilizzato per un’attività di interesse generale. Le donazioni e le erogazioni liberali raccolte per coprire i costi di tali operazioni godono, inoltre, di un incentivo fiscale del 65% per le persone fisiche e del 50% per le persone giuridiche. Così i beni dello Stato, inutilizzati, circa un migliaio di immobili per una superficie di oltre 600 mila quadrati a cui si aggiunge in alcuni casi tutto il patrimonio di beni pubblici di proprietà degli enti locali e degli altri soggetti pubblici, diventa avamposto di legalità e ritorna a vivere nel riutilizzo sociale. Da nord a sud gli esempi sono tanti e belli. A Pagani, nel salernitano, quel bene confiscato al boss Mario Pepe, oggi rivive diventando luogo di aggregazione per le persone con autismo, grazie all’associazione “Autismo fuori dal Silenzio”. Confiscato alla criminalità organizzata e assegnato nel 2016 per sette anni, tramite bando comunale, all’associazione che di quell’immobile ne ha fatto la sua sede, creando un centro di servizi e segretariato rivolto a bambini e giovani con autismo e alle loro famiglie, che si caratterizzerà anche come presidio per consulenze specialistiche e attività di supporto psicologico ai genitori. E nella città di Pagani, sembra soffiare il vento della legalità e del riutilizzo, infatti, un altro appartamento confiscato allo stesso boss Mario Pepe, è stato destinato con gara pubblica ad un’altra associazione cittadina, che in queste settimane ha iniziato i lavori di ristrutturazione per dare nuova vita al bene. Dall’illegalità alla solidarietà così i beni sottratti al potere criminale diventano avamposti di legalità tramite bandi pubblici e idee che vengono messe in pratica, ridando vita a case, palazzi, appartamenti che hanno nascosto segreti per troppi anni e che sanno di puzzo di compromesso e di illegalità ma che oggi diventano speranza e riscatto, unendo il sociale e la solidarietà. Palestre di democrazia, occasioni di lavoro pulito, vero, di accoglienza per le persone fragili e in difficoltà, di formazione e di impegno per molti giovani e professionisti del settore sociale. Segni di speranza in territori dove il crimine e gli affari criminali hanno fatto da padrona, dimostrazioni di ribellione alle mafie da comuni cittadini che partecipano all’assegnazione del bene per darne nuova vita. Segno di una politica, di un mondo cattolico ma anche laico, che insieme ad istituzioni, associazioni, amministratori si assume la responsabilità del bene comune, perché quei beni sono di tutti noi “sono cosa nostra” ed è bene che i cittadini, le scuole, i più giovani lo sappiano, che i beni aprano le porte per accogliere e raccontare i risultati raggiunti ma anche evidenziare i nodi e le contraddizioni che ci sono e vanno risolte, ma anche l’infinita bellezza che assume il bene che rivive nel fresco profumo della legalità nel suo secondo tempo di vita.

(Articolo pubblicato per il mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

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