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SOS potenziate i Dipartimenti di Salute Mentale

Ansia, depressione, disturbi di personalità, disturbi di schizofrenia, ma anche disturbi affettivi, nevrotici e depressivi, si diffondono sempre più nella società moderna, eredità psicologica dei tempi moderni, acuite anche dal Covid-19. La pandemia ed il lockdown hanno segnato ancor di più malesseri latenti o evidenti, che inevitabilmente hanno risentito del delicato momento agendo sulla fragilità psichica di molti, rilanciando anche il bisogno di politiche nazionali di salute mentale. Sulle quali regna, invece un grande silenzio e anche una frammentarietà degli interventi di rete. Cresce il numero di pazienti e potenziali pazienti da prendere in carico da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale dislocati su tutto il territorio nazionale. Aumentano le diagnosi e i problemi, curare quelli che già esistono, psichiatri e medici si trovano da soli. E parliamo di uomini e donne malate sul serio: tendenze suicide, manie, sindromi gravi. Come si fa a dare tempo a chi soffre? Gli investimenti sono fermi al palo, i malati aumento: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2050 la depressione sarà al primo posto fra le malattie più diffuse. Già oggi ne sarebbero avvolti 350 milioni di cittadini. E oltre alle diagnosi crescono anche le concrete richieste d’aiuto. Il sanitario spesso incontra il sociale, non da poco tempo i tribunali per i minorenni che aprono e curano nel tempo con gli assistenti sociali del territorio referenti del caso situazioni nate all’interno dei nuclei familiari, richiedono una valutazione psico diagnostica per i componenti adulti, fine ad accertare eventuali patologie e a valutare la presa in carico anche sotto l’aspetto sanitario. Il tutto al fine di creare una rete tra sociale e sanitario. Crescono anche le richiede d’aiuto dal carcere, dove vi sono pazienti da curare. Ma la carenza di finanziamenti e di professionisti all’interno dei DSM nazionali, rischiano di sfilacciare sempre più queste reti, con utenti che rischiano di acuire le loro paure verso il mondo e gli altri, quando un percorso multidisciplinare potrebbe aiutare a stare al mondo. Eppure chiudere i manicomi, realizzare una rete di servizi pubblici ispirati alla psichiatria di comunità, integrati nel sistema del Servizio Sanitario Nazionale è stato il principio ispiratore della battaglia di civiltà condotta da Franco Basaglia, che portò alla nascita della legge 180/78, non è stato facile e non si tratta di un percorso compiuto. Sono ancora troppe le disparità territoriali, poco il personale multidisciplinare che dovrebbe operare all’interno dei DSM: psichiatri, psicologici, assistenti sociali ed infermieri, che spesso lavorano in trincea e al collasso, con pazienti che restano in attesa di una valutazione o di un trattamento terapeutico. Interventi efficaci sarebbero: diagnosi precoce, trattamento, inserimento sociale. La psichiatria è fatta anzitutto di risorse umane. Se il numero non è adeguato è destinata a rimanere monca. Qualunque persona può attraversare stati di benessere, stati di disagio o di disturbo. Questo dipende dalle difficoltà, dai conflitti, dalle frustrazioni cui un essere umano può andare incontro nel corso della propria vita. Ma un percorso multidisciplinare ed eventualmente con compensazione  farmacologica può stabilizzare e in alcuni casi – dipende dalla patologia diagnosticata dagli psichiatri- una persona può superare lo stato di disagio e ritornare a vivere uno stato di equilibrio. Bisogna partire dalla consapevolezza che non c’è salute senza salute mentale. Se la mente sta bene, il corpo sta bene. “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di inferminità” per citare le parole dell’OMS sul quale si base il Piano di azione per la salute mentale 2013-2020, peccato che sia un obiettivo ancora non raggiunto e dimenticato da molti. SOS potenziate i DSM perché nessuno si salva da solo ed  è un diritto poter essere supportati.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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