Il battito che non si sente più. La vita che è dentro si ferma. Il silenzio. Lo choc. Il vuoto d’improvviso, dopo nove mesi trascorsi nel limbo della beatitudine. Succede tutto in pochi istanti, la rottura della acque, la corsa affannosa in ospedale, le complicazioni durante il parto, e poi il silenzio assordante, che resta vuoto generando una spirale di dolore, sofferenza e lacrime. Bambini che non ci sono più prima ancora di assaporare la vita. Ma sono esistiti e meritano un’identità nella memoria dei genitori e della società. Lo chiamano “lutto perinatale. E’ un fenomeno quasi sconosciuto alla cronaca ma che accomuna più di due mila genitori l’anno nel nostro Paese. Ogni giorno, in Italia, secondo i dati più recenti, muoiono sei bambini di cui tre in periodo perinatale, cioè tra la ventiduesima settimana di gestazione ed i primi tre giorni di vita. A livello mondiale le morti in utero riguarda ogni anno tre milioni di bambini e le loro famiglie. Un lutto vasto e che spesso resta nel trauma di chi lo vive o lo ha vissuto, e cioè nel ricordo delle mamme e dei padri mancati. Negli ospedali i medici e le ostetriche nella stragrande maggioranza dei casi non hanno il tempo di seguire il “singolo” caso, e la morte resta un terribile lutto personale inascoltato, incompreso, difficile da metabolizzare, e se i medici vedono la morte neonatale come una casistica o letteratura scientifica da confrontare e studiare. “Fuori”, a casa, amici e parenti non riescono e non possono fornire il giusto supporto per la trasformazione del dolore, che ci si riduce a frasi di circostanza, ad un abbraccio ricco di tristezza e di pianto, perché chi è intorno spera che si possa dimenticare e presto. “The show must go on” la vita va avanti. Forse per gli altri, ma un neo genitore che si trova ad affrontare il terribile lutto della perdita di un figlio ancora in fasce o di una gravidanza che ha portato alla luce un neonato morto, non potrà mai dimenticare, almeno non così facilmente o con leggerezza. C’è bisogno di parlare di lei o di lui. C’è bisogno di tradurre il dolore in qualcosa di significativo per la propria vita, proprio perché non è e non sarà più la stessa di prima. Per non dimenticare e per abbracciare ed unire le famiglie che vivono un simile lutto, il 15 Ottobre di ogni anno, seppur molto in sordina, si celebra il Babyloss Awareness Day, la giornata mondiale della consapevolezza sul lutto in gravidanza e dopo la nascita. Nelle grandi città, da Roma a Milano, si svolgono momenti di sensibilizzazione, formazione e commemorazione, per unire le famiglie ed i medici in nome di quei bambini che non ci sono più. Un lutto da solo non può essere affrontato, i neo genitori, hanno bisogno di un aiuto psicologico per risollevarsi ed eventualmente nel corso della vita riaffrontare una nuova gravidanza. L’associazione “CiaoLapo” dal 2007 forma e prepara volontari in tutte le città. Perché i genitori hanno bisogno di ritrovare un giusto equilibrio tra ciò che sembrava perso e ciò che ritrovano. Perché solo col giusto supporto, accompagnato dall’empatia, è possibile far pace con un pezzo della propria esistenza, dando strumenti per aiutare le donne che sfuggono ad ogni contatto dopo questo dolore. Ci sono dolori che lacerano, sembrano ferite immense, soprattutto nel cuore e nella vita dei genitori, che hanno atteso e sognato l’arrivo della nuova vita e che in un attimo si ritrovano di fronte allo choc, allo sconforto, alla rabbia, al dolore, alla vita beffarda e nemica, impossibile pensare di poter sopravvivere da soli in un mare così immenso di dolore, nessuno si salva da solo e se supportato dagli esperti e dalla famiglia quel dolore viene trasformato in sopravvivenza, e non pensate che si possa cancellare, semplicemente riviverlo e lasciarlo nell’angolo del cuore come un ricordo doloroso ma affrontato, così da potersi stringere a braccia affettuose e alla vita che nonostante sia beffarda e forse cattiva continua e merita di esser vissuta in nome anche di chi per nove mesi attendeva di viverla. Non dimentichiamo o accantoniamo il dolore di questi genitori, significherebbe lasciarli da soli e dimenticare anche i piccoli esseri umani che non ci sono più, il loro ricordo passa prima di tutto all’aiuto, ai mezzi, alle reti che riusciremo a creare e a dare ai loro genitori.
(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)