Il confine è sottile tra un amore infelice e la dipendenza affettiva, tema sempre più attuale, e chi fa il mio lavoro di assistente sociale, spesso si ritrova dinanzi a storie di relazioni tossiche, e dunque di persone, che come una spirale e al pari delle sostanze stupefacenti persistono nel continuare ad alimentare un legame disfunzionale nella convinzione di non poter più sopravvivere senza di esso. Al pari di una dipendenza da sostanza, la persona colpita da questo disagio dedica tutte le proprie energie all’oggetto d’amore e manifesta sintomi paragonabili all’astinenza qualora compie il tentativo di chiudere il legame con il partner. Una condizione molto frequente anche nelle donne vittime di violenza, che dapprima trovano il coraggio di ribellarsi, talvolta di denunciare, di allontanarsi, e poi avvertono la dipendenza affettiva, annientandosi in una storia che risucchia sentimenti ed energie, spegnando entusiasmo e sentimenti positivi. La dipendenza affettiva si traduce nell’ansia perenne di essere lasciati, di essere fuori luogo, il timore di sbagliare ogni cosa, vivendo in funzione dell’altro, restando aggrappati accontentandosi di una relazione che alimenta il proprio sé solo di briciole affettive. Quando una storia d’amore finisce si soffre. E’ nella natura delle cose. Diverso è, però, se la relazione fa male quando la si vive. Una ferita quotidiana dal quale però non si riesce a guarire. In questo caso la relazione diventa patologica e fa male. Gli alti e bassi in una relazione sono normali, ma la linea di confine si supera sfociando in amore tossico, quando c’è un equilibrio tra l’investimento sul legame affettivo e l’investimento su sé stessi. In altre parole, la persona equilibrata riesce a mantenere un suo spazio individuale e allo stesso tempo ad investire nel legame di coppia. Negli amori tossici, invece, si tende ad investire troppo sul legame di coppia che spesso è idealizzato. In questo modo il legame di coppia invece di diventare un ambito nel quale poter fiorire, svilupparsi ed evolversi insieme, diventa ambito nel quale la persona inizia a soffrire, regredire, diventare più fragile fino allo sviluppo di sintomi psichici e spesso fisici. Eppure, nonostante si sta male, nonostante la sofferenza che provoca, non la si abbandona. Quasi come se si fosse in trappola. Ciò accade quando si costruiscono dei legami partendo da un profondo vuoto emotivo probabilmente presente fin dall’infanzia, quella che in psicologia si tende a chiamare come “malnutrizione emotiva”, persone che per svariate ragioni nella loro infanzia non hanno ricevuto amore, che hanno imparato a non “disturbare” con le proprie necessità emotive, assicurandosi il legame con l’altro attraverso l’adesione alle sue aspettative. Questi bambini interiorizzano una concezione inadeguata dell’amore, ovvero che l’amore “va conquistato” compiendo azioni che gratificano l’altro anziché concepirlo come qualcosa di incondizionato che ogni bambino ha diritto di ricevere senza dover fare nulla di particolare se non esprimere sé stesso. La mancanza affettiva da bambino genera un profondo vuoto d’amore, una fame vorace che mal lo guiderà nelle sue scelte affettive. Questi adulti sperano che il partner riesca a colmare la loro profonda mancanza affettiva e quindi investono la relazione affettiva di un ruolo salvifico. Ma proprio perché pensano che la relazione li possa salvare dalla loro fame d’amore, concentrandosi attorno al partner indebolendosi come individui fino al punto che non riescono più a concepire una vita senza il partner, preferendo di soffrire all’interno di quel legame piuttosto che immaginare la propria vita senza di esso ormai considerato come indispensabile per il proprio benessere soprattutto per la propria sopravvivenza psicologica. Diventare consapevoli che la propria relazione fa star male anziché bene è sicuramente una tappa fondamentale, ma non sempre basta per uscirne perché proprio come accade con una dipendenza da sostanza anche in quella affettiva si innescano delle dinamiche da cui è difficile uscire con la sola forza di volontà. L’astinenza è difficile da superare, spesso chi soffre di dipendenza affettiva, quando cerca di chiudere la storia viene colpito da attacchi di ansia o di panico causati dall’astinenza dall’altro, spingendoli a ricercare la persona pur riconoscendo che è sbagliato. Un aiuto proviene dalla psicoterapia che aiuta ad affrontare le crisi di astinenza e di angoscia da abbandono. Il sostegno di uno psicoterapeuta è fondamentale anche per evitare di ricadere nella stessa trappola. Un percorso nel quale capire come nutrire la propria autostima senza aggrapparsi all’altro. Insomma, è importante non trascurare mai i propri bisogni e la capacità di darsi benessere anche in autonomia.
(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)
Questo interessante articolo, è uno spaccato di vita, su cui riflettere, quando ci sei immerso difficilmente sei razionale su quello che ti accade.
Un saluto Wu Otto.