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Bellezza a tutti i costi, ma con quali conseguenze?

“Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” Chiedeva la perfida di turno, un po’ invidiosa, in una nota favola. Quello stesso specchio che è divenuto vibrazione crudele e da far paura a molti, che non ritrovano nella loro immagine l’amico “perfetto” che cercano. Bastano un regime alimentare sostenuto, molto sport, trucco e parrucco sempre impeccabili, abiti succinti e seducenti, per potersi dire di bell’aspetto? La risposta che molti si danno è sì. Tanti saluti a “come mamma ti ha fatto”, tanto tutto può essere manipolato dall’uomo, ancor di più dalla chirurgia, che tutto può. Così gli adulti nell’ossessione del corpo perfetto, si sono rivolti alla chirurgia per un bendaggio gastrico, il loro sovrappeso – a volte non proprio tale- gli ha causato danni permanenti, in alcuni casi persino la morte. L’idea comune è mangiare meno per evitare i chili di troppo, trovando nella chirurgia la strada più semplice e duratura, anziché delle diete sane ed equilibrate indicate da professionisti. E se gli adulti inseguono canoni di bellezza, i giovanissimi influenzati dai personaggi del momento e dagli esempi degli adulti, richiedono per il loro compleanno ritocchi di bellezza dal chirurgo estetico, talvolta non curanti che l’età seppur poco più che maggiorenne non consente per questioni di biologia di intervenire. Cosa importa? L’ossessione della bellezza a tutti i costi è più forte e rischia di far cadere in un vero e proprio limbo: dopo il primo intervento, c’è qualche altra parte del corpo “poco perfetta” e così si ritorna dal chirurgo plastico. E così la bellezza ai nostri giorni, più che coincidere con il bene, aderisce perfettamente al diktat del marketing. In rete spopolano gli influencer belli, magri, perfetti, propongono consigli, regimi alimentari, prodotti, nella loro immagine mai una sbavatura, mai un’imperfezione, impossibile per chi li segue non ammirarli, invidiarli e cercare di seguire il loro “modello”. Il risultato è una mortificazione personale che molti si auto infliggono dinanzi allo specchio e non solo. C’è chi arriva a coprire gli specchi che ha in casa. Altri spendono ciò che possono in creme, prodotti di bellezza, ritocchini e cure varie, ritrovandosi poco dopo allo stesso punto di partenza. E se bellezza per qualcuno fosse sinonimo di apparire/emergere? In rete spopolano gli influencer che non hanno un filo di pancia o di cellulite, ma nella società moderna dove unico canone è la bellezza, se questo per molti significasse farsi notare ed emergere in un contesto? C’è da chiedersi se è la strada giusta, e soprattutto cosa stiamo trasmettendo a tutte le generazioni nell’immagine che proponiamo sulle passerelle, nei programmi televisivi e anche nelle campagne pubblicitarie. Anziché sulle manifeste, a volte irrimediabili, carenze di un individuo, siano esse fisiche o mentali, si dovrebbe puntare sulle sue qualità migliori, in particolar modo quando queste non vengono riconosciute dal contesto livellatore e sempre più anonimo in cui viviamo. Ecco, una battaglia esteriore, una vittoria interiore: il riconosciuto di se stessi e della propria specificità,rendendoci diversi e differenti dagli altri, garantendoci l’unicità. Un monito a tutti noi, che vale per tutti. Come insegna il sommo Dostoevskij, la bellezza non serve affatto a riscattare la finitezza della vita, bensì ad attraversare gli sconforti, e persino le miserie, che rendono autentica l’esistenza. A ognuno poi la sua, di salvezza.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Le donne di ieri, la violenza di oggi

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-mess“Né puttane né madonne ma solo donne”, declinato in qualche altra variazione, era questo lo slogan più gettonato dal movimento femminista del ’68. Una rivolta che, da pensiero, riesce a farsi pratica politica concreta e a popolare i luoghi pubblici e le piazze, inaugurando una nuova e inarrestabile stagione di libertà e diritti che, tra marce avanti, zoppicamenti e andate e ritorni non sarà più possibile fermare. Donne che il sessantotto l’hanno fatto e vissuto: in una comune, chi in giro per il mondo, chi nelle piazze e chi lavorando nei campi, scoprendo il lato femminile e rispettabile di donne che studiavano e lavoravano, che erano ragazze madri, artiste, hippie, borghesi, proletarie, femministe o lesbiche, partecipando ad una rivoluzione collettiva che apriva una nuova visione femminile agli occhi dei padri di famiglia e degli uomini di quegli anni. Rispetto, la parola d’ordine, per quell’emancipazione femminile che proponeva l’immagine di una donna pensante e idealista, che andava oltre al marito, ai figli e alla casa. Le conseguenze degli slanci femministi e delle contestazioni del sessantotto furono concretissime, per tutte le donne: portarono al pensiero differente del proprio corpo, al piacere slegato dalla riproduzione, alla liberazione dalla funzione materna come destino. La liberazione non fu indolore, ma fu sovversiva: “Ognuno di noi aveva trovato il modo di partorire un altro se stesso.”- l’eco di un racconto. La donna una figura complessa, anima e musa da millenni di immaginari. Nevrotica, intricata, compulsiva e istrionica. Degna di parole e interi romanzi. Simbolo dell’amore e dell’odio che corrode l’affetto materno e la rende un’eterna Medea. Il femminismo più ferocemente attivo della seconda metà del secolo scorso, che voleva portare quel corpo a essere strumento nelle esclusive mani di chi lo possedeva, lo ha eletto a mezzo per una lotta sociale, condendolo di esibizionismi spesso discutibili, e svuotandolo della sua sacralità primitiva. La nostra contemporaneità lo ha portato a essere mercificato per ottenere. È questo forse il risultato più ambiguo delle lotte femministe. Il corpo è della donna. Ma la donna di oggi lo usa, ne abusa e lo svende, in maniera ignorante, ma, senza ombra di dubbio, cosciente. Modelli femminili ideali che continuamente la televisione ci propone, incarnando il sogno degli uomini, che alimentano l’idea di una donna dal solo corpo: formosa e acquistabile. Seguono commenti, goliardici, ammiccamenti, risatine, in tutte le fasce di età, e lungo tutte le fasce sociali. E le donne, quelle vere, le casalinghe, le battagliere, le ricercatrici, le laureate precarie, dove sono? Protagoniste oscure della società? Si possono ancora raggiungere per una donna degli obiettivi con disciplina e rigore del lavoro? E per farlo perché il corpo diventa ostacolo o scorciatoia? Rimaste vittime di un gioco sottile, che ha rinchiuso le nostre possibilità di scelte in pochissime manciate di opzioni, abbiamo esasperato il nostro desiderio di esistere, di avere ruolo e potere. Dimostrare, molto, di più, ancora di più, per equilibrare una bellezza fisica, che ora, più di una volta, è ricercata, inseguita, ottenuta e stuprata. Ed è così che noi, giovani donne, combattiamo ogni giorno, con altre donne, per poter manifestare. Inesplose capacità comunicative e inesplorate potenzialità umane e professionali. Donne contro donne. Mentre l’uomo sta a guardare e si incattivisce pensando di arrivare a possedere una donna. Maltrattate, violentate, uccise, in una ignobile guerra contro le donne da parte degli uomini. Omicidi che si consumano tra le mura domestiche e per mano del proprio partener. Uomini che lasciano posto all’ossessione per la donna che professano di amare, diventando gelosi e violenti. L’uomo che diventa orco, un tormento, un calvario fatto di minacce, persecuzioni, telefonate, la paura cristallizza le donne, che spesso subiscono in silenzio, poi c’è chi trova il coraggio di denunciare, ma vengono lasciate sole delle istituzioni, dalla legge, in primis. E la cronaca ci racconta l’epilogo tragico. Uomini contro le donne, mentalità che tornano indietro, violenza inaudita e donne sempre più sole a fronteggiare una parità ormai utopia. A poche ore dal 26 Novembre, giornata contro la violenza sulle donne bisogna andare oltre ogni retorica, falsa promessa ed iniziare ad essere solidali con le donne e tra le donne, insegnare il valore del rispetto al genere femminile sin da bambini, piccoli gesti come un fiore alla donna, una carezza per una bambina, arrabbiarsi ma non scaricarsi con un pugno o uno schiaffo tipico dei bambini in lotta, sono i piccoli esempi di uomini del domani che rispetteranno le donne. Ma, oggi abbiamo bisogno di un sistema normativo forte e che tuteli, che sia al fianco delle donne e punisca l’orco sin da subito, che prevenga le tragedie. Abbiamo bisogno però della parità effettiva nei luoghi di lavoro, a livello salariale, abbiamo bisogno di riprenderci quel posto nella società che lentamente si è confuso ad una parità apparente e se servirà sfoderare il lato battagliero come nel ’68, riavvolgendo un po’ il nastro della storia femminile e sociale.

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