Archivi tag: #adolescenti

Baby gang e violenza, ecco come un ragazzo si trasforma in un potenziale delinquente

Baby criminali, sempre più “baby”. Quelli che delinquono, sono sempre più giovani e pronti a commettere i reati più gravi. L’età dei giovani delinquenti si abbassa vertiginosamente e sulle scrivanie dei Pm minorili e degli assistenti sociali arrivano atti di indagine che coinvolgono anche ragazzini di dieci anni. Aumentano le denunce a danno dei minorenni per rapine e per produzione e commercio di stupefacenti. A destare maggiore allarme sociale è l’abbassamento dell’età media di ingresso in circuiti criminali che oscilla tra i 14 ed i 12 anni, con fenomeni che riguardano anche ragazzini intorno ai 10 anni. Crescono anche i reati in concorso, si creano sempre più imprese di baby gang, che in alcune realtà creano un vero allarme sociale. In alcuni casi la composizione della baby gang cambia in base al “colpo”. Le bande adolescenti agiscono sotto la regia del capo, magari poco più grande degli altri, presente a tutti i colpi. L’adolescenza rappresenta una delle fasi della vita maggiormente delicate, durante la quale qualsiasi evento può lasciare un segno indelebile. L’adolescente che commette un reato sperimenta il superamento del limite, in questo caso specifico posto dalla Legge, che tutti in forma convenzionale rispettano. In frequenti casi alla base della delinquenza minorile vi sono fattori riconducibili ai contesti socio-culturali abbastanza carenti, spesso aggravati da situazioni familiari di disagio o con scarsa educazione. I motivi però non sono rintracciabili solo al contesto di appartenenza, ma anche alla predisposizione caratteriale che tende a voler superere i limiti imposti. Nel sistema penale minorile la detenzione in Istituto viene presa in considerazione come estrema ratio, predisponendo misure alternative come il collocamento in comunità. Le prime reazioni dei ragazzini sono di depressione, in quanto si ritrova recluso e con regole ben precise, esperienza opposta alla commissione del reato. Successivamente scatta la fase di elaborazione dei motivi che lo hanno condotto in comunità, cruciale è il ruolo degli adulti di riferimento, che lo aiuteranno ad affrontare con consapevolezza i primi passi verso la responsabilizzazione, che previene fenomeni di recidiva. Difatti, i dati dimostrano come i minori sottoposti a misure alternative alla detenzione presentino tassi di recidiva notevolmente inferiori rispetto a quelli detenuti in Istituto. Fondamentale nel processo di crescita di un ragazzo è senza dubbio la famiglia, principale punto di riferimento. L’adolescente in questa fase della vita investe moto anche sul gruppo dei pari. In questo senso, la famiglia ha il compito di osservarlo sia nel contesto individuale che in gruppo. La delinquenza giovanile è spesso una manifestazione di reati in concorso con altri ragazzi ed è quindi difficilmente controllabile dall’adulto. E’ fondamentale un’azione educativa coordinata e sinergica tra i genitori e talvolta anche con la scuola, in cui i genitori rappresentano sempre il fulcro dell’intervento educativo.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,

Vaccino covid, chi decide tra i genitori no vax e gli adolescenti?

Genitori no vax ma i figli vogliono vaccinarsi, il conflitto si genera in famiglia. I ragazzi lo hanno capito per tornare alla normalità e ricominciare a riappropriarsi della vita quotidiana senza timori bisogna vaccinarsi. Anche se mamma o papà non vogliono perché sono convintamente no vax. E se questa discussione, a casa, è diventata un problema, spesso è approdata nelle aule di tribunale. Eppure bisognerebbe ricordarsi che quando la volontà del minore coincide con il migliore interesse per la sua salute psicofisica e la salute pubblica e con le indicazioni scientifiche, questa va tenuta in considerazione. E’ un suo diritto. Nelle settimane i pediatri hanno cercato di rassicurare i genitori, parlando loro vis a vis, con campagne di sensibilizzazione, l’informazione mediatica, eppure molti genitori no vax o già vaccinati nutrono molti timori sull’inoculazione del siero vaccinale ai loro figli, finendo per negarglielo. In principio fu qualche tempo fa un 17 enne di Firenze a sollevare mediaticamente e non solo il “no” dei suoi genitori, manifestando con decisione la sua volontà a sottoporsi al vaccino. Nel caso di un minore, egli non può conferire mandato ad un legale, proprio perché minorenne. Dunque la scuola o un’altra istituzione sarà chiamata ad attivare il servizio sociale territoriale per avviare un ricorso dinnanzi al tribunale competente. Insomma, sarà il giudice alla fine a decidere, al termine di un percorso non semplice. La procedura potrà essere attivata anche rivolgendosi al Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Altra strada ancora è quella di rivolgersi all’Ufficio interventi civili della Procura per i Minorenni che, in un verbale di ascolto, riporta la volontà del minore consentendo di chiedere l’apertura di un procedimento presso il Tribunale per i Minorenni, che nominerà un curatore speciale che sosterrà l’istanza del minore contro i genitori. In ogni caso sarà solo il giudice a potersi esprimere sul conflitto. L’ordinamento vigente prevede che un minore venga sottoposto a vaccinazione con il consenso di entrambi i genitori, e questo vale sia per le famiglie nelle quali i genitori sono coniugati, conviventi o legalmente separati o divorziati. Nelle ipotesi di contrasto tra genitore figlio o tra gli stessi genitori il conflitto potrà essere dipanato solo con ricorso al Tribunale per i Minorenni. Da valutare, invece, il ricorso al Tribunale Ordinario, quando i genitori sono separati/divorziati e quando già vi è pendente un relativo giudizio. E’ importante però ricordare come nelle scorse settimane in merito all’inoculazione del siero anti covid ai minorenni si sia espresso in un apposito documento il CnB (Comitato Nazionale di Biotetica), nel quale sottolinea che prevale la scelta dell’adolescente, rispettando la sua volontà, anche quando vi è un disaccordo con i genitori, escludendo l’ipotesi dell’obbligo mettendo invece l’accento sulla necessità di un’informazione accurata ad adulti e ragazzi, che coinvolga anche la scuola. Nel frattempo però i primi ricorsi al Tribunale hanno prodotto le prime sentenze, come quella del 03 settembre scorso, emessa dal Tribunale di Monza, che ha autorizzato la vaccinazione covid-19 di un ragazzo di 15 anni, che trovava in opposizione il papà. L’emissione del decreto è avvenuta dopo la richiesta di valutazione al pediatra che ha in cura il minorenne, per poi decretare che nel rispetto della sua volontà, in assenza di rischi e per la salvaguardia della collettività, il quindicenne si possa vaccinare anche con il solo consenso della madre. E’ scattata, invece, poche ore fa, una diffida all’Asl di Teramo per aver somministrato il vaccino ad una quindicenne presentatasi alle due inoculazioni con il padre senza il consenso dell’ex moglie dell’uomo. In un momento di conflitto, paura e confusione, gli adolescenti ancora una volta ci mostrano il buon esempio. Ma ancora una volta i genitori commetto un errore: continuano a tenere in una bolla i ragazzi, senza permettergli di esprimersi e di spiegare il perché delle loro motivazioni, rischiando di iper-proteggerli. Vanno ascoltati anche se una loro scelta non coincide con quella del genitore, bisogna indagare su come si siano documentati e quale sia il fine che vogliono raggiungere compiendola. Il disaccordo va espresso e con motivazione, il confronto sano ed equilibrato è stato sempre fonte di crescita responsabile.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , ,

Bellezza a tutti i costi, ma con quali conseguenze?

“Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” Chiedeva la perfida di turno, un po’ invidiosa, in una nota favola. Quello stesso specchio che è divenuto vibrazione crudele e da far paura a molti, che non ritrovano nella loro immagine l’amico “perfetto” che cercano. Bastano un regime alimentare sostenuto, molto sport, trucco e parrucco sempre impeccabili, abiti succinti e seducenti, per potersi dire di bell’aspetto? La risposta che molti si danno è sì. Tanti saluti a “come mamma ti ha fatto”, tanto tutto può essere manipolato dall’uomo, ancor di più dalla chirurgia, che tutto può. Così gli adulti nell’ossessione del corpo perfetto, si sono rivolti alla chirurgia per un bendaggio gastrico, il loro sovrappeso – a volte non proprio tale- gli ha causato danni permanenti, in alcuni casi persino la morte. L’idea comune è mangiare meno per evitare i chili di troppo, trovando nella chirurgia la strada più semplice e duratura, anziché delle diete sane ed equilibrate indicate da professionisti. E se gli adulti inseguono canoni di bellezza, i giovanissimi influenzati dai personaggi del momento e dagli esempi degli adulti, richiedono per il loro compleanno ritocchi di bellezza dal chirurgo estetico, talvolta non curanti che l’età seppur poco più che maggiorenne non consente per questioni di biologia di intervenire. Cosa importa? L’ossessione della bellezza a tutti i costi è più forte e rischia di far cadere in un vero e proprio limbo: dopo il primo intervento, c’è qualche altra parte del corpo “poco perfetta” e così si ritorna dal chirurgo plastico. E così la bellezza ai nostri giorni, più che coincidere con il bene, aderisce perfettamente al diktat del marketing. In rete spopolano gli influencer belli, magri, perfetti, propongono consigli, regimi alimentari, prodotti, nella loro immagine mai una sbavatura, mai un’imperfezione, impossibile per chi li segue non ammirarli, invidiarli e cercare di seguire il loro “modello”. Il risultato è una mortificazione personale che molti si auto infliggono dinanzi allo specchio e non solo. C’è chi arriva a coprire gli specchi che ha in casa. Altri spendono ciò che possono in creme, prodotti di bellezza, ritocchini e cure varie, ritrovandosi poco dopo allo stesso punto di partenza. E se bellezza per qualcuno fosse sinonimo di apparire/emergere? In rete spopolano gli influencer che non hanno un filo di pancia o di cellulite, ma nella società moderna dove unico canone è la bellezza, se questo per molti significasse farsi notare ed emergere in un contesto? C’è da chiedersi se è la strada giusta, e soprattutto cosa stiamo trasmettendo a tutte le generazioni nell’immagine che proponiamo sulle passerelle, nei programmi televisivi e anche nelle campagne pubblicitarie. Anziché sulle manifeste, a volte irrimediabili, carenze di un individuo, siano esse fisiche o mentali, si dovrebbe puntare sulle sue qualità migliori, in particolar modo quando queste non vengono riconosciute dal contesto livellatore e sempre più anonimo in cui viviamo. Ecco, una battaglia esteriore, una vittoria interiore: il riconosciuto di se stessi e della propria specificità,rendendoci diversi e differenti dagli altri, garantendoci l’unicità. Un monito a tutti noi, che vale per tutti. Come insegna il sommo Dostoevskij, la bellezza non serve affatto a riscattare la finitezza della vita, bensì ad attraversare gli sconforti, e persino le miserie, che rendono autentica l’esistenza. A ognuno poi la sua, di salvezza.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,

Adolescenti: perché mettono in gioco la loro vita?

Spaesati, disorientati, con uno stop forzato alle loro passioni, il futuro una grande incognita, questa la vita degli adolescenti di oggi, che tra covid, precarietà e socialità virtuale, vivono i loro anni. I social i loro fedeli amici, oggi più che ieri, in questo tempo sospeso e distanziato, i social e le amicizie virtuali sono diventati la loro realtà di vita, il pericolo è però dietro l’angolo, li attira e talvolta li affascina. Due ragazzini che si tagliano la faccia per assomigliare a Joker. Bande di teenager che si azzuffano in piazza, da Gallarate a Roma, senza neppure un motivo. E poi la droga che torna ad essere un tema e un pericolo dopo la serie “SanPa” su Netflix. Sono circa venti i bambini – come ha riportato anche di recente “il mattino” di Napoli- che dal mese di ottobre ad oggi in concomitanza con la seconda ondata di pandemia sono giunti al Santobono di Napoli in preda a gravi disturbi psichiatrici. Stesso allarme lanciato anche dall’Ospedale Bambin Gesù di Roma che registra un’impennata di psicopatologie collegate, drammaticamente, anche ad alcuni tentativi di suicidio. Poi il fenomeno “TikTok”, un social in cui vengono lanciate “challenge”, balletti, giochi e cose del genere: un influencer di spicco o un utente molto seguita lancia una sfida e tanti suoi follower (seguaci) parteciperanno. Ma dilagano sfide molto più pericolose, come la black out challenge, che è una sorta di gara di apnea fino a svenire: in periodo pandemico, per la noia, i più giovani possono essere ancora più vulnerabili. La rete un mondo vasto, affascinante, trainante, iperstimolante ed ipereccitante. Un territorio senza specifiche difese che diventa rischio e può davvero fare molto male. Appare preoccupante nonché diffuso il fenomeno tra i giovanissimi di mettersi in mostra con azioni audaci, che a volte hanno esiti tragici. L’assunzione di comportamenti a rischio in adolescenza è un fenomeno sempre esistito, oggi alla ribalta per i pericoli connessi all’uso delle tecnologie e per i recenti casi di cronaca nera. Un tempo vi erano le corse in motorino o film dell’orrore, per “regalarsi” il brivido della paura. Questa ricerca della paura è un tentativo anche inconsapevole di avere un controllo attivo sulla morte. Non si tratta di trasgressione ma di tollerare le delusioni. Le nuove generazioni crescono con l’ideale incurcatogli di avere tanti amici, di essere popolari e di essere sempre primi, e quando diventano adolescenti non si sentono mai abbastanza popolari e belli. I figli vanno educati all’autorevolezza dei genitori ma non a 13 anni, troppo tardi! Bisogna crescerli da bambini nelle regole, nei confini, limitare il loro uso alla tecnologia che va controllato sempre da un adulto. E con l’adolescenza bisogna vedere una nuova nascita del proprio figlio. Il cervello dell’adolescente è come se scaricasse nuovi programmi. Fondamentale è l’ascolto dei genitori, senza mai confrontarsi con il loro tempo d’adolescenza. Non essere mai giudicanti. Ascoltare talvolta la loro musica anche se non si condividono i loro gusti musicali. Bisogna avere il coraggio di non chiudere un occhio quando si ha il sentore o la certezza che il proprio figlio abbia una dipendenza da sostanze stupefacenti. Se la situazione è fuori dal controllo dell’adolescente, bisogna intervenire, accettando anche il conflitto. Tossicodipendenza, alcool, atti di autolesionismo, sono tante le forme di dipendenza ai nostri giorni, una guerra per alcuni genitori, ma si può vincerla. I genitori devono tornare ad avere il controllo della vita dei loro figli, porre dei paletti, anche se questo costa fatica e conflitto generazionale, affidarsi ai professionisti quando la situazione peggiora e necessita di aiuto esterno, che aiuterà i genitori a partecipare alla cura dei figli. I ragazzi non devono pensare di essere soli nella crescita ma seguiti con attenzione e amore. Genitori e figli dovrebbero dedicarsi tempo, tempo vero fatto di cose da fare insieme, da vivere insieme, cenando anche insieme, abitudini e tempo che ormai sembra lontano alle famiglie di ieri e che forse andrebbe ritrovato e vissuto.  

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , , , , ,

Il sì dell’Aifa alla pillola dei cinque giorni dopo alle minorenni

Non servirà più la ricetta medica per le minorenni che decideranno di fare ricorso alla cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo. Lo ha deciso l’Agenzia Italiana del Farmaco dopo l’approvazione dell’Agenzia Europea nel 2009. Ulipistral nota come pillola dei cinque giorni dopo, spiegano i medici, è un derivato del progesterone e serve a prevenire una gravidanza dopo un rapporto non protetto, bloccando l’ovulazione. Al momento dell’acquisto in farmacia, il farmaco sarà accompagnato da un foglio informativo al fine di promuovere una contraccezione efficace ed informata. Inoltre, per prevenire l’uso inappropriato della pillola, l’Aifa sta mettendo a punto la creazione di un sito internet con indicazioni approfondite sulla contraccezione ed  il suo uso. Infatti, la maggior parte delle gravidanze delle adolescenti non sono pianificate e molte decidono di optare per un aborto.  Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco questa pillola fermerà gli aborti clandestini a cui spesso vengono sottoposte le adolescenti. Presto, come ha chiarito la stessa Aifa, non servirà la ricetta nemmeno per la pillola del giorno dopo, attualmente necessaria per le minorenni. Critiche dal Forum per le famiglie che la ritiene una scelta irresponsabile, per l’OMS un farmaco essenziale per le teenegers, che in questa svolta potranno trovare tutela per la loro salute fisica e psicologica. Va chiarito che si tratta di una contraccezione di emergenza che non può essere paragonato ad un farmaco da utilizzare regolarmente. In altri termini non è un’aspirina nelle mani delle adolescenti, che vanno comunque accompagnate a rapporti consenzienti e protetti, anche attraverso campagne di sensibilizzazione, superando il tabù del sesso che ancora molte famiglie vivono, mentre gli adolescenti si trovano a vivere le loro prime esperienze sessuali totalmente inesperti ed esponendosi anche ad eventuali rischi. L’evento di una nascita nelle adolescenti è spesso accompagnato da situazioni di rischio, connesse prevalentemente alla difficoltà della giovane madre di accedere ai servizi materno- infantili, ma  anche problematiche interpersonali e psicologiche. Infatti, mancano i servizi ed i supporti per una maternità responsabile anche per le minorenni che decidono di portare a termine la gravidanza. Teenegers lasciate sole senza alcun supporto psicologico, eppure la loro vita da bambine sta velocemente cambiando per lasciare posto alla responsabilità di un’altra vita umana: quella di un bambino. Molte di loro provengono da famiglie che ogni giorno incontrano difficoltà economiche, famiglie spesso alla soglia della povertà, dove accudire e soddisfare un neonato non è facile, gli aiuti sono del tutto inesistenti se non fosse per le organizzazioni del terzo settore, troppo poco nonostante gli sforzi. In queste famiglie cambia tutto nonostante la gioia di una nuova vita rischiano di diventare vulnerabili nella loro gestione oltre che psicologicamente. Con la conseguenza per le madri adolescenti di avere meno probabilità di portare a termine gli studi e trovare un posto di lavoro, rischiando più di altre di crescere i propri figli sole e in contesti disagiati. Molte di loro hanno difficoltà ad elaborare eventi drammatici della loro vita, traumi o maltrattamenti, avvertono un senso di trascuratezza in famiglia, talvolta con un vuoto affettivo. Bisogno che si risconta anche in famiglie socialmente più elevate. Così un figlio diventa un modo per dare un senso alla propria vita, trovare un significato, un ruolo, una fonte d’affetto, riversando le attenzioni mai ricevute. Si fa quasi fatica a chiamarle mamme. Hanno i lineamenti del viso ancora dolci e l’ingenuità dell’infanzia che sta lasciando il posto all’adolescenza, ma nel loro grembo c’è una vita che cresce. Il fenomeno in questo 2020 è in crescita, infatti, sono aumentate le baby gravidanze, registrando un boom durante il lockdown, specie al Nord, con un’età compresa tra i 13 ed i 15 anni. Secondo i dati, le baby mamme provengono da contesti disagiati e appartengono a famiglie in cui un figlio in adolescenza non è una novità. Baby mamme in un’Italia che ha visto aumentare il fenomeno negli ultimi anni: si parla di più di ventimila. Un esercito di mamme precoci lasciate spesso sole senza un accompagnamento alla genitorialità, oltre che un accompagnamento volto ad aumentare la loro capacità accuditiva. Certo non sarà una pillola a cambiare tutto questo, ma forse un primo passo, che andrà senza dubbio rafforzato dedicando tempo e spazio alla contraccezione, oltre a potenziare servizi materno-infantile non solo volti alla prevenzione ma anche all’accompagnamento delle tante adolescenti che si ritrovano a vivere una gravidanza precoce.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , ,

Adolescenti in burnout, l’ecatombe mentale dei nostri ragazzi

untitled 2Un dramma che in una manciata di giorni ha travolto due famiglie e un’intera comunità scolastica, quella del liceo scientifico Frisi, in provincia di Monza. Due ragazzi del quinto anno hanno deciso di togliersi la vita, e ora studenti, professori, genitori e l’intera opinione pubblica si interroga con angoscia. Ansia, stress scolastico, ma spesso anche un malessere personale e problemi di salute, di disagio personale o relazione. Le scuole superiori che sono effettivamente esigenti. Sempre più stress tra i banchi di scuola ed i ragazzi di oggi si ritrovano in burnout. Quando si parla di questa Sindrome si fa riferimento ad un vero e proprio esaurimento emotivo che colpisce gli adulti nel mondo del lavoro, specie quelli impegnati in professioni di aiuto, ma anche le persone che impegnano molte energie in quello che fanno. Siamo in una era in cui tutto scorre velocemente. La tecnologia, le relazioni, i momenti di condivisione, la scuola, tutto corre ad una velocità significativa. Questa condizione di iperarousal corporeo risveglia delle constanti emozioni di ansia, preoccupazione e delle volte anche di rabbia. Insieme alle emozioni ad uscirne frastornato è anche il corpo. La sindrome si lega alla presenza di uno stress cronico e persistente correlato ad esaurimento fisico ed emotivo. Negli ultimi tempi c’è stato un segnale di aumento della fragilità emotiva dei ragazzi. Sempre più giovani e giovanissimi sono vittima di stress e ansia, tanto da dover necessitare di cure psichiatriche e psicoterapeutiche. Al contempo si registrano casi di diciottenni che si presentano volontariamente ai servizi ambulatoriali di psichiatria. In crescita anche i numeri di ricoveri minorili. In un caso su tre, i medici diagnosticano disturbi gravi come depressione o manie. Ragazzi costantemente sotto pressione per apparire al top: a scuola, dove non possono commettere errori, ma anche nella vita privata. E qui c’entrano anche i social network. Devi essere impeccabile, sempre in perfetta forma fisica, fare un sacco di cose, così da postarle e rispondere a tutti su watsapp. Ma i genitori dove sono? Spesso sono assorbiti dal lavoro, dalle relazioni personali e dall’online. Il loro comportamento si ripercuote come un effetto contrappasso sui ragazzi. Le famiglie difficilmente hanno tempo per rilassarsi insieme. Ma non necessariamente i problemi dei ragazzi sono legati alla scuola. Magari anche alla vita privata. Alla società, sempre più competitiva, agli aspetti relazionali che stanno cambiando ed il boom delle nuove tecnologie che certo non aiuta. Ma cosa fare?  Tutti noi abbiamo delle responsabilità nei confronti di questi ragazzi, figli del domani e della nostra società e pertanto dobbiamo aiutarli, sorreggerli, capirli e comprenderli nel difficile cammino della crescita. Dobbiamo affinare la nostra capacità di ascolto, che non è solo verbale. Abbandoniamo la logica della critica ed il criterio di produttività e competizione per i ragazzi e iniziamo ad insegnargli che nessuno può permettersi di dare giudizi sulla loro persona, spiegando loro che un conto è valutare la performance, sottolineando gli errori, altro è svalutare la persona. Poniamo attenzione al loro atteggiamento fisico, traduciamo il linguaggio del corpo, osserviamo i comportamenti quotidiani e soprattutto accogliamo i silenzi che sono la prima e più importante forma di comunicazione degli adolescenti. Infine assumiamoci la responsabilità ed il coraggio di affrontare un argomento di grande rimosso: la morte. Se evitiamo l’argomento, con sentimento di vergogna, o lo mostriamo come un mito desiderabile, con gli adolescenti che in questo periodo di crescita affrontano una nuova nascita sociale avvertendo il bisogno fisiologico di una morte simbolica e culturale che li metta al riparo dalla morte reale, almeno da quella scelta.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,

Gaming disorder, adolescenti in dipendenza da Internet e videogiochi. Quando staccare la spina?

untitled 2La sfida al videogame diventa insistente, la smania di giocare prende il sopravvento su altri interessi e sulle attività quotidiane, l’attività ludica diventa persistente, una priorità su tutto il resto. E così la sfida a videogame diventa di troppo. Un problema crescente e che coinvolge molti adolescenti per cui l’Organizzazione mondiale della sanità ha coniato il termine “gamingdisorder” e ha inserito la dipendenza da videogames nell’aggiornamento dell’International Classification of Diseases (ICD), l’elenco ufficiale delle malattie. Ma non generalizziamo o demoralizziamo, certo è che come recita un noto proverbio “il troppo storpia”. Questo non significa che chiunque giochi svilupperà dipendenza: il disturbo come fa notare l’Oms, interessa solo una piccola parte degli appassionati di videogiochi, seppur non và sottovaluto il fatto che giocare senza freni possa portare alla dipendenza patologica, che spesso rappresenta il lato oscuro del piacere. Così alla lunga il piacere di una vittoria rischia di trasformarsi in ossessione tanto da perderne il controllo, sino a non riuscire a staccare la spina o il wifi. Occhio al tempo di connessione. Secondo uno studio condotto su un campione di adolescenti è emerso che l’8% di loro trascorre in rete più di sei ore al giorno e oltre il 22% degli studenti interpellati presenta un rapporto disfunzionale con il web. Insomma, per oltre un adolescente su cinque l’uso di Internet rischia di rivelarsi problematico. Interviste e test specifici condotti su molti adolescenti dimostrano l’impatto dell’uso di Internet sulla quotidianità: scuola, rapporti con i familiari, relazioni interpersonali, durata e qualità del sonno. Ma anche una sensazione di disagio che i giovani provano quando non possono accedere al web come e quando vorrebbero, in alcuni di loro scatta una vera e propria aggressività. Segnali di una dipendenza che genera ripercussioni significative sul benessere psicofisico. Secondo gli esperti, tra i giovani italiani, si è abbassata l’età del primo contatto con le sostanze d’abuso, di comportamenti quali il bine drinking e la drunkoressia, il sottoporsi cioè a restrizione alimentare prima di consumare alcoli, sia per limitare l’introito calorico ed evitare di prendere peso, sia per potenziale gli effetti euforizzanti e disinibenti dell’alcol, nonché dell’uso problematico di Internet e del gioco prevalentemente online. L’adolescenza, fase critica dello sviluppo, è anche un’età caratterizzata anche da una fragilità neurobiologica che può favorire una maggiore propensione al rischio e una maggiore vulnerabilità nei confronti delle dipendenze. L’adolescente è più vulnerabile allo sviluppo di alcuni disturbi da dipendenza perché il suo cervello è in fase di trasformazione – ci sono cioè circuiti che si devono ancora pienamente modellare e strutturare – e la non completa maturazione di alcune vie nervose – come per esempio le zone frontali che sono fondamentali per l’attenzione, il giudizio, la decisione, il controllo degli impulsi immediati; lo inducono a correre rischi maggiori e ad avere meno il controllo della situazione.La tendenza ad agire rapidamente e impulsivamente è uno dei fattori che alimenta la vulnerabilità degli adolescenti e in loro comportamenti ripetitivi e disfunzionali, anche se è possibile ipotizzare che le dipendenze comportamentali siano espressione di una fragilità psicopatologica soggiacente, piuttosto che sintomi di eccessivo coinvolgimento in attività disadattive di per sé. Attenzione ai campanelli d’allarme al tempo di connessione, il tempo trascorso in rete sui dispositivi vari per affrontare l’ennesima sfida; altro segnale d’allarme è dato dallo sviluppo di comportamenti insoliti, come maggiore irritabilità, discontrollo degli impulsi, peggioramento del rendimento scolastico; infine, attenzione anche all’isolamento e all’apatia: possono essere indicativi di un uso disfunzionale della rete e di un abuso dei videogiochi, che diventano l’unica attività degna di nota per la quale vengono trascurate le altre attività fondamentali per una crescita sana, le relazioni amicali, la scuola e lo sport. I consigli per un genitore sono anzitutto una maggiore presenza, cercando di prestare attenzione, manifestando interesse per quelle che sono le attività quotidiane, le relazioni ed il rendimento scolastico. Ma non solo osservatori passivi, è importante il dialogo ed il confronto con l’adolescente, mettendolo in guardia dai rischi che si annidano nell’uso smoderato dei videogiochi. Fondamentale porre delle regole chiare: non serve a nulla proibire, alimenterà ancor di più la sua voglia di gioco, piuttosto è bene fornirgli dei limiti giornalieri o settimanali, coinvolgendoli in attività alternative e di svago nelle restanti ore. Il gioco è giusto ed accettabile nel tempo libero ma nelle giuste dosi, non deve impegnare l’intera giornata. Ovviamente, di fronte ad un uso incontrollato ed ingestibile anche da parte dello stesso adolescente è bene rivolgersi ad un medico per essere indirizzati ad un centro specializzato per il trattamento delle dipendenze, per avviare un percorso di sostegno per uscire dal ghetto della dipendenza.

(Articolo pubblicato sul mio blog “Pagine Sociali” per ildenaro.it)

 

 

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,

“Mamma posso usare lo smartphone?” Se i figli chiedono, i genitori cosa dovrebbero rispondere?

untitledAdolescenti solitari e depressi, immagine di una generazione da smartphone, che si annoia e si sente “troppo libera” quando è in astinenza da cellulare. Sbronzi di telefono. Senza cellulare si sentono soli e più stressati. I Millennials sono pigri, eterni insoddisfatti e socialmente dipendenti. Hanno detto addio al caro diario ed hanno fatto del cellulare il loro miglior confidente. I nativi digitali crescono davanti al telefono, dialogano con l’intelligenza artificiale, guadagnano follower. E la nuova età adulta per web e social si abbassa vertiginosamente. “Ce l’hanno tutti”, “Mi serve per i compiti”, “Mi serve per parlare con i miei amici su watsapp”, le abbiamo sentite tutti queste frasi almeno una volta nella vita da genitori o da educatori di una nuova società che dallo smartphone proprio non riesce a staccarsene. La richiesta dello smartphone presto o tardi, tocca a tutti i genitori, che si sentono spaesati e temendo di fare del proprio figlio un escluso o di generare infinita discordia, lo consegnano nelle sue mani inesperte dei loro figli. Anche perché molti genitori lo vedono come un rassicurante elettronico in grado di rintracciare il proprio figlio ovunque ed in qualsiasi momento. Ma qual è l’età giusta? Non esiste un’età giusta e non saranno posti dei limiti. Secondo i dati di “Eukids” 2017, in Italia, più della metà dei bambini già a 9 anni possiede uno smartphone, percentuale al 97% quando si arriva ai 15. Prima di regalarglielo chiedetevi: “gli serve? E’ pronto per utilizzarlo e per gestirne la complessità?” Sempre più ricerche dimostrano che i bambini che usano precocemente e intensamente le tecnologie sviluppano meno abilità sociali. Oggi sappiamo che lo smartphone impatta in modo definitivo sulle competenze cognitive ed emotive e su alcune delle sfide evolutive come lo sviluppo sessuale, la costruzione delle passioni, quella delle dipendenze. Lo smartphone è la principale causa di distrazione, stimolando a fare più cose contemporaneamente, in un momento in cui la concentrazione e l’attenzione devono essere sperimentate da soli. Da un punto di vista dello studio, riduce la creatività e la risoluzione di problemi a un click con un motore di ricerca. Secondo alcuni terapeuti sono molti i genitori che si rivolgono ad un esperto per aiutarli a gestire le problematiche di abuso da tecnologia. Lo smartphone non va vietato, piuttosto regolarizzato. E’ buona regola dare ai figli delle fasce orarie in cui utilizzare il cellulare, intervallando anche i momenti che precedono e seguono i compiti. Cercate di dare uno sguardo alle sue ricerche e alle sue chat. Lasciategli più spazio per navigare in internet e meno dallo smartphone. Spesso il cellulare è richiesto per avere a portata di mano i social network, mentre internet consente di poter approfondire e ricercare ed è possibile farlo da un normalissimo computer o tablet. Accertatevi del reale utilizzo che vorrebbe farne vostro figlio. Se credete che sia giunto il momento per i vostri figli di avere uno smartphone, per i primi mesi optate per un cellulare condiviso, di famiglia, così da controllare giochi, social e chat. Poi costruite con lui un “contratto educativo” con regole chiare e precise in cui stabilite i momenti on-line ed off-line, stabilendo gli orari e la durata della navigazione. Una mia utente mi ha raccontato di una sveglietta che dopo trenta minuti di utilizzo dello smartphone suona ed i bimbi la vivono come una regola goliardica. Mentre, un’altra mia utente che non riusciva a gestire più la prestazione continua dello smartphone della figlia, mi ha raccontato di una “moda” molto in voga tra i giovanissimi: gare notturne su watsapp per controllare chi “crolla” prima al sonno. L’ultimo accesso segna il momento in cui l’altro compagno si è lasciato andare tra le braccia di Morfeo. E così gli adolescenti vanno a dormire addirittura alle tre di notte, pur di essere svegli ed arrivare primi. Comunicate loro limiti da non trapassare e fategli sapere che sarete lì a presidiare. Senza dimenticare che alcune regole esistono già, di legge. Se vi chiede di aprire un profilo Facebook, sappiate che sino ai 13 anni è vietato. Per watsapp ditegli che può usarlo ma sotto il vostro controllo, perché è un’app consentita a chi ha già 16 anni. Salviamo almeno le zone franche. Ciò che ha fatto la Francia, che ha vietato di usarlo in classe. Quando l’anno scorso la ministra dell’ Istruzione, Valeria Fedeli, lo ha sdoganato in nome di una scuola digitale, le polemiche non si fecero attendere e ammetto di essere contraria all’uso del cellulare in classe. Distrae, crea confusione, permette ai ragazzi di fotografare di nascosto compagni ed insegnanti e di divulgarle come e quando vogliono, mentre, la scuola è il luogo dell’istruzione, dell’educazione e delle regole e se proprio vogliamo renderla digitale ci pensano già lavagne e aule informatiche. Credo che i cellulari vadano lasciati a casa, quantomeno nelle ore scolastiche. Forse se i ragazzi posassero il cellulare e iniziassero a guardarsi negli occhi, condividendo la ricreazione in un rapporto umano anziché sui social, forse sarebbero meno digitali e più umani, più altruisti. Più consapevoli e meno egoisti. Più veri e meno finti. In classe è necessario concentrarsi sul volto dell’altro, prestare attenzione a chi parla. La scuola deve rimanere un luogo dove regole e comportamenti sono condivisi da tutti.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,

Febbre da gioco. Adolescenti sempre più a rischio dipendenza

untitled 2Il gioco d’azzardo strega gli italiani. Business record da 95 miliardi di euro. GrattaeVinci, slot machine e videopoker: nel 2016 il giro d’affari è cresciuto del 7%. Un milione i ludopatici: da curare. In mezzo c’è un’area grigia di chi trascorre ore nei bar, nelle tabaccherie, tra slot, gratta e vinci e lotto istantaneo. Due milioni e mezzo di giocatori che, pur non compulsivi, investono cifre consistenti di denaro nella speranza del colpo di fortuna che possa cambiare la loro vita.  E’ di 95 miliardi di euro l’anno il giro d’affari del gioco d’azzardo legale, una delle prime industrie del paese che garantisce migliaia di posti di lavoro. Una “febbre” che ha  creato anche un’emergenza da gioco patologico per la prima volta inserita dallo Stato tra le nuove dipendenze. 7 mila le persone in cura ufficialmente in Italia, numerosi gli ambulatori che continuano ad aprire su e giù per il Paese. Tra loro un adolescente su due.  In un presente più instabile e nella ricerca di un futuro migliore, sempre più spesso i ragazzini finiscono per credere che per risolvere i problemi la classica botta di fortuna sia più valida ed efficace dell’impegno, dello studio e della fatica. Secondo una recente ricerca condotta dalla Caritas di Roma e presentata all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, a 580.000 milioni è stata diagnosticata la dipendenza da gioco, una forma di dipendenza non meno pericolosa di quella da alcol e droghe. Una dipendenza silenziosa, difficile da notare in famiglia. I ragazzi, complici della tecnologia scommettono online, puntando denaro sullo sport, ma giocano anche a poker, slot machine o ruolette. L’assenza di autocontrollo fa crescere l’aspirale della dipendenza e così le scommesse vanno a rialzo e spesso è qualcosa di innato che parte già in famiglia, quando i genitori sfidano i figli con frasi: “scommetto che non riesci a finire quello che hai nel piatto”, oppure “scommetto che non hai sistemato ancora la tua camera”. Input che possono trasformarsi in un boomerang portando il ragazzo a ritenere la “scommessa” un qualcosa di normale e fonte di stimolo. Bisogna aiutare i ragazzi al personale autocontrollo, è uno dei primi elementi per evitare il tipo di dipendenza. L’autocontrollo nei ragazzini è un tratto caratteriale che di solito è scarsamente presente in quanto per crescere hanno bisogno di sfidare i propri limiti giocando sempre al rialzo. Da quanto si legge nel rapporto Caritas ci sono tre grandi categorie di fattori che predispongono alla dipendenza intrecciandosi tra loro: aspetti biologici di tipo neurofisiologico, socio ambientali relativi al contesto in cui si vive e si cresce, e quelli psicologici, che comprendono una propensione verso certi tratti di personalità. Da un punto di vista biologico, nei giocatori d’azzardo i circuiti celebrali guidano il comportamento e subiscono una sorta di “inganno”, iniziando a rispondere come se l’azione del gioco fosse necessaria alla sopravvivenza. L’aspetto psicologico innesca la scarsa capacità di autocontrollo, che poi si fondono col contesto socio-economico in cui i giovanissimi vivono: da eventi stressanti a familiarità con le dipendenze. Per aiutare i ragazzi che finiscono incastrati nel tunnel del gioco è fondamentale riconoscere i sintomi della dipendenza, si legge nel rapporto Caritas che vi sono quattro elementi che sono ricorrenti negli addicted da gioco: il craving, ovvero il desiderio improvviso e incontrollabile di giocare, l’astinenza, caratterizzata da nervosismo, atteggiamenti violenti e dalla necessità fisica di giocare, poi c’è l’assuefazione ed il gambling, cioè la tendenza a sovrastimare la propria abilità di calcolo delle probabilità e a sottostimare l’esborso economico che porterà ad una vincita. L’aspetto economico non è secondario per capire a cosa possa condurre la dipendenza da gioco nei minori. I ragazzi, infatti, non guadagnando denaro proprio e nelle fasi più acute, finiscono per sottrarre soldi ai genitori. Identificati i campanelli d’allarme e riconosciuta la presenza di un problema è importante che la famiglia chieda aiuto agli specialisti. Tra le terapie più efficaci vengono raccomandati i gruppi di auto aiuto che prevedono un percorso specifico per il superamento del problema. Molto utili sono anche i gruppi terapeutici per giocatori d’azzardo compulsivi, condotti da psicoterapeuti formati e che coinvolgono l’intera famiglia: importante è il dialogo e la collaborazione tra l’adolescente, il terapeuta e la sua famiglia. Bisogna ricordare, infine, che sviluppare una dipendenza è il sintomo di un problema, non il suo esito. Per risolvere una patologia, sottolineano gli esperti, bisogna capire qual è il vantaggio secondario che si cela dietro questo comportamento in maniera tale da evitare di sostituire dipendenza a dipendenza e garantire la correzione del comportamento disfunzionale nel ragazzo.
La febbre da gioco d’azzardo, dunque, è una malattia della nostra società, il governo giallo-verde, sembrerebbe voler mettere mano alla crescente foga del gioco, infatti, il decreto dignità, interviene sulla ludopatia, ponendosi un obiettivo importante: contrastare il grave fenomeno del gioco d’azzardo compulsivo, vietando la pubblicità di giochi o scommesse con vincite in denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni ed internet. Previste sanzioni per chi trasgredisce le nuove norme, restando invariate le sanzioni già previste. Un passo giusto che servirà da deterrente e basterà da solo a fermare la voglia di giocarE? Sicuramente una prima azione che non può e non deve essere fine a se stessa, perché la ludopatia non è solo una pubblicità è ben altro.
(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)
Contrassegnato da tag , , , , , , , ,

Bullismo, a Torino una sentenza esemplare contro due giovani

 

video-bulla-Veleni in rete, tensioni a scuola. Si moltiplicano i casi innescati dall’uso improprio dei social. Insulti online mentre in aula si finisce per litigare. L’ “altra scuola” corre veloce sui social network e si porta dietro un mare di veleni. Volano insulti, calunnie, minacce, frasi pesanti che mettono in difficoltà i ragazzi presi di mira, che spesso si ritrovano isolati. Perché il tutto è letto da tutti e le repliche sono spesso più velenose. Studenti denigrati e fotografie rubate: whatsapp semina discordia. Si chiama bullismo, si legge guerra feroce ai coetanei. Il fenomeno è in costante aumento soprattutto alle medie. Se ne parla nei consigli di istituto. I docenti, in classe, devono fare i conti con le liti innescate dagli insulti sulla rete. I docenti sono preoccupati, i ragazzi subiscono di nascosto. Soffrono in silenzio. Escalation di rabbia, parolacce, che spesso sottintendono una chiara, inequivocabile forma di cyberbullisimo. Un mondo parallelo nella quale gli adolescenti si infilano ma che rischia di inquinare: perché il passo dalle frasi digitali a quelle delle aule scolastiche è poco. “Nessuno mi ha aiutato”, “pensavano solo a filmare la scena”, racconta così la sua storia una quindicenne del siracusano vittima di bullismo. Picchiata davanti a tutti, senza che nessuno intervenisse. Una spedizione punitiva organizzata da due ragazzine di quindici e diciassette anni. Adolescenti come lei. Il movente sarebbe la gelosia che le due provavano per un ragazzo, fidanzato della quindicenne. L’incubo dura un mese: minacce telefoniche, danneggiamento della minicar con cui la quindicenne andava a scuola. Trova il coraggio, ne parla in famiglia, ma la situazione peggiora: viene aggredita anche la madre. Lesioni personali aggravate anche dalla premeditazione: l’accusa nei confronti
delle due ragazze. Bulli incattiviti, spinti dalla gelosia, dalla violenza, forti anche di un sistema giuridico carente in materia come forti del timore e della paura di chi subisce, di chi tace, di chi si chiude in se stesso ed in casa, perché impaurito e privo di ogni tutela. Aumentano le denunce ma le pene sono quasi inesistenti o tardano ad arrivare, ma un monito con una pena esemplare, che apre uno spiraglio verso un mondo di giustizia e di pena arriva da Torino. Diciannove mesi di inferno. Tra vessazioni, violenze inaudite, molestie e persecuzioni. Gli aguzzini, un ex compagno di classe e un altro che frequentava il suo stesso istituto tecnico torinese, sono stati condannati ad 8 anni e sei mesi di carcere. Il pubblico ministero ne aveva chiesti otto. La vittima, ancora scossa, sta decidendo cosa fare della sua vita, se tornare a scuola e terminare gli studi interrotti dopo l’ultimo episodio di bullismo, oppure rimanere vittima del dramma vissuto tra il febbraio 2013 e settembre 2014. Lo hanno perseguitato, violentato con un ombrello nella sua stanzetta: costretto ad ingoiare escrementi di cane, bere litri di vino e persino consumare un rapporto sessuale con una prostituta sotto i loro occhi, per dimostrare loro di non essere gay. All’epoca dei fatti lui, la vittima, era ancora minorenne, mentre, i suoi aguzzini da poco maggiorenni. Incensurati e prepotenti. Sui loro profili foto da spacconi, immortalati in pose da duri. Ha subito per mesi,
chiudendosi in un rigoroso silenzio, schiacciato dalla paura e dalla mortificazione, fin quando non ne parla con la mamma di un suo compagno di scuola, che poi ha riferito tutto ai suoi genitori. Una condanna esemplare con una punizione vera e dura. Ai due bulli, accusati di stalking, lesioni e violenza sessuale aggravata, sono state comminate anche pene accessorie, tra cui l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e il divieto di esercitare qualsiasi attività pubblica all’interno delle scuole. Alla vittima andranno 10 mila euro come risarcimento. La vicenda sembra che continuerà ed ancora nelle aule di Tribunale, perché il legale dei due bulli farà ricorso in
Appello, ma resta una vittima segnata, incupita, mortificata, che appena ha ricevuto la convocazione dell’inizio del processo è scappato di casa, ritrovato grazie al programma “Chi l’ha visto?”, ricoverato in un reparto di psichiatria del Nord Italia, oggi vuole ricominciare da quel buco nero che lo ha inghiottito: la scuola, per provare a riscrivere un’altra storia della sua vita. A riscrivere un’altra storia forse dovrebbe essere anche il legislatore che deve, forse, fare una profonda riflessione sulla procedibilità del reato quando questo è a carico anche di minorenni infraquattordicenni, vista la cronaca di persecuzione che trova sul suo cammino molte giovani vittime e spavaldi bulli spesso impuniti.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , ,