Archivi tag: #covid

Vaccino covid, chi decide tra i genitori no vax e gli adolescenti?

Genitori no vax ma i figli vogliono vaccinarsi, il conflitto si genera in famiglia. I ragazzi lo hanno capito per tornare alla normalità e ricominciare a riappropriarsi della vita quotidiana senza timori bisogna vaccinarsi. Anche se mamma o papà non vogliono perché sono convintamente no vax. E se questa discussione, a casa, è diventata un problema, spesso è approdata nelle aule di tribunale. Eppure bisognerebbe ricordarsi che quando la volontà del minore coincide con il migliore interesse per la sua salute psicofisica e la salute pubblica e con le indicazioni scientifiche, questa va tenuta in considerazione. E’ un suo diritto. Nelle settimane i pediatri hanno cercato di rassicurare i genitori, parlando loro vis a vis, con campagne di sensibilizzazione, l’informazione mediatica, eppure molti genitori no vax o già vaccinati nutrono molti timori sull’inoculazione del siero vaccinale ai loro figli, finendo per negarglielo. In principio fu qualche tempo fa un 17 enne di Firenze a sollevare mediaticamente e non solo il “no” dei suoi genitori, manifestando con decisione la sua volontà a sottoporsi al vaccino. Nel caso di un minore, egli non può conferire mandato ad un legale, proprio perché minorenne. Dunque la scuola o un’altra istituzione sarà chiamata ad attivare il servizio sociale territoriale per avviare un ricorso dinnanzi al tribunale competente. Insomma, sarà il giudice alla fine a decidere, al termine di un percorso non semplice. La procedura potrà essere attivata anche rivolgendosi al Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Altra strada ancora è quella di rivolgersi all’Ufficio interventi civili della Procura per i Minorenni che, in un verbale di ascolto, riporta la volontà del minore consentendo di chiedere l’apertura di un procedimento presso il Tribunale per i Minorenni, che nominerà un curatore speciale che sosterrà l’istanza del minore contro i genitori. In ogni caso sarà solo il giudice a potersi esprimere sul conflitto. L’ordinamento vigente prevede che un minore venga sottoposto a vaccinazione con il consenso di entrambi i genitori, e questo vale sia per le famiglie nelle quali i genitori sono coniugati, conviventi o legalmente separati o divorziati. Nelle ipotesi di contrasto tra genitore figlio o tra gli stessi genitori il conflitto potrà essere dipanato solo con ricorso al Tribunale per i Minorenni. Da valutare, invece, il ricorso al Tribunale Ordinario, quando i genitori sono separati/divorziati e quando già vi è pendente un relativo giudizio. E’ importante però ricordare come nelle scorse settimane in merito all’inoculazione del siero anti covid ai minorenni si sia espresso in un apposito documento il CnB (Comitato Nazionale di Biotetica), nel quale sottolinea che prevale la scelta dell’adolescente, rispettando la sua volontà, anche quando vi è un disaccordo con i genitori, escludendo l’ipotesi dell’obbligo mettendo invece l’accento sulla necessità di un’informazione accurata ad adulti e ragazzi, che coinvolga anche la scuola. Nel frattempo però i primi ricorsi al Tribunale hanno prodotto le prime sentenze, come quella del 03 settembre scorso, emessa dal Tribunale di Monza, che ha autorizzato la vaccinazione covid-19 di un ragazzo di 15 anni, che trovava in opposizione il papà. L’emissione del decreto è avvenuta dopo la richiesta di valutazione al pediatra che ha in cura il minorenne, per poi decretare che nel rispetto della sua volontà, in assenza di rischi e per la salvaguardia della collettività, il quindicenne si possa vaccinare anche con il solo consenso della madre. E’ scattata, invece, poche ore fa, una diffida all’Asl di Teramo per aver somministrato il vaccino ad una quindicenne presentatasi alle due inoculazioni con il padre senza il consenso dell’ex moglie dell’uomo. In un momento di conflitto, paura e confusione, gli adolescenti ancora una volta ci mostrano il buon esempio. Ma ancora una volta i genitori commetto un errore: continuano a tenere in una bolla i ragazzi, senza permettergli di esprimersi e di spiegare il perché delle loro motivazioni, rischiando di iper-proteggerli. Vanno ascoltati anche se una loro scelta non coincide con quella del genitore, bisogna indagare su come si siano documentati e quale sia il fine che vogliono raggiungere compiendola. Il disaccordo va espresso e con motivazione, il confronto sano ed equilibrato è stato sempre fonte di crescita responsabile.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , ,

Più poveri e disuguali in pandemia. Siamo pronti alla sfida assistenziale post covid?

Disuguaglianze, nuove forme di povertà, volti diversi alle famiglie, l’eredità e gli effetti economici e sociali che la pandemia lascerà rischiano di essere più pesanti del previsto. Il nuovo volto disegnato dalla pandemia è segnato da fragilità e povertà. Gli italiani si sono riscoperti più poveri e più soli. Le storie che gli assistenti sociali, gli operatori delle associazioni di volontariato e della Caritas che ogni giorno ascoltano, sono storie di coppie e famiglie normali diventate povere durante la pandemia. Lavoratori onesti ed umili, ma in un anno pandemico sono precipitati a reddito zero. E’ l’effetto della pandemia e lo stop a tante attività economiche, nel 2020 la povertà assoluta in Italia è tornata ai livelli di quindici anni fa. Persone che incontrano grandi difficoltà ad effettuare  le spese essenziali per il cibo o per curarsi. L’anno scorso i poveri assoluti sono stati un milione in più rispetto al 2019, più di trecentocinquantamila famiglie totalmente indigenti in un anno. In totale – secondo l’Istat- si tratta di oltre due milioni di famiglie. Le difficoltà maggiori tra le famiglie numerose e i lavoratori tra i 35 e i 44 anni, quelli cioè con lavori precari. Al Sud la situazione più difficile. Ma nelle regioni del Nord la povertà cresce più velocemente. Nell’anno della pandemia si sono azzerati i passi fatti nel 2019, ad oggi i minori coinvolti sono circa un milione e mezzo. Il covid ha fatto crollare anche la spesa delle famiglie: si evitano gli acquisti, se non necessari.  Il volto della povertà è cambiato: sono coloro che fino a poco tempo fa donavano e oggi si ritrovano a bussare alle porte di associazioni e Caritas.

La situazione rischia di peggiorare. A primavera scade la misura che, insieme alla cassa integrazione, ha in parte arginato la crisi da covid per alcune categorie. Nei prossimi mesi, infatti, si prospetta lo sblocco dei licenziamenti e  solo in Campania si rischiano 100mila licenziamenti, 1 milione quasi in tutta Italia, già alcune storiche attività commerciali e di ristorazione nel capoluogo campano non ce l’hanno fatta a sopravvivere al post lockdown ed hanno cessato le loro attività, saltati già diversi posti di lavoro. Nei mesi si sono susseguiti aiuti economici e sociali, dal Reddito di Emergenza, ai buoni spesa, al decreto ristori, agli interventi dei singoli comuni o dei fondi diocesani dedicati, utili a sostenere le spese più urgenti magari legate al pagamento dell’affitto degli immobili, dalle rate del mutuo, delle utenze o agli acquisti alla ripartenza delle attività. Misure a cui non tutti hanno avuto eguale accesso,  il reddito delle scorso anno era totalmente differente alla situazione attuale. Infondo, però si tratta di palliativi, di assistenzialismo che serve nell’emergenza ma non lascia margine di prospettive future. Oggi quasi una persona su due di quelle accompagnate e sostenute è un “nuovo povero”. L’incremento nell’incidenza delle donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale e spesso portavoce dei bisogni dell’intero nucleo familiare. E allora quale prospettiva in tema di politiche economiche e sociali ci aspettano per fronteggiare i postumi della pandemia? Ad oggi, l’unica certezza che sembra esistere è quella del Reddito di Cittadinanza, seppur si prospettano cambiamenti, di fatto qualche novità già esiste: chi ha percepito per le prime diciotto mensilità la misura di contrasto alla povertà, rischia di veder ridotto notevolmente il contributo mensile in quanto le precedenti mensilità sono conteggiate ai fini dell’Isee aggiornato. D’altra parte da solo il  reddito di cittadinanza non riuscirebbe a coprire i tanti poveri, con quali mezzi poi?

Al di là di tutto resta la necessità di misure fiscali e finanziarie utili a sostenere la ripresa e la ripartenza delle tante attività economiche e commerciali, utili anche le agevolazioni all’assunzione di personale, inoltre và pensato e studiato un programma di assistenza a medio-lungo termine, che superi la logica del puro assistenzialismo e garantisca effettiva integrazione sociale e lavorativa, iniziando dalle opportunità di lavoro, ma se le attività chiudono è difficile l’assunzione. Insomma, un cane che si morde la coda, nel frattempo le famiglie sperimentano situazioni di povertà e disuguaglianze che rischiano solo di peggiorare e non migliorare, forse è tempo di pensarci e iniziare a costruire il domani delle famiglie, dell’economia e del sociale del nostro Paese, per non farci trovare impreparati e più forti nella ripresa post pandemia.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , ,

Adolescenti: perché mettono in gioco la loro vita?

Spaesati, disorientati, con uno stop forzato alle loro passioni, il futuro una grande incognita, questa la vita degli adolescenti di oggi, che tra covid, precarietà e socialità virtuale, vivono i loro anni. I social i loro fedeli amici, oggi più che ieri, in questo tempo sospeso e distanziato, i social e le amicizie virtuali sono diventati la loro realtà di vita, il pericolo è però dietro l’angolo, li attira e talvolta li affascina. Due ragazzini che si tagliano la faccia per assomigliare a Joker. Bande di teenager che si azzuffano in piazza, da Gallarate a Roma, senza neppure un motivo. E poi la droga che torna ad essere un tema e un pericolo dopo la serie “SanPa” su Netflix. Sono circa venti i bambini – come ha riportato anche di recente “il mattino” di Napoli- che dal mese di ottobre ad oggi in concomitanza con la seconda ondata di pandemia sono giunti al Santobono di Napoli in preda a gravi disturbi psichiatrici. Stesso allarme lanciato anche dall’Ospedale Bambin Gesù di Roma che registra un’impennata di psicopatologie collegate, drammaticamente, anche ad alcuni tentativi di suicidio. Poi il fenomeno “TikTok”, un social in cui vengono lanciate “challenge”, balletti, giochi e cose del genere: un influencer di spicco o un utente molto seguita lancia una sfida e tanti suoi follower (seguaci) parteciperanno. Ma dilagano sfide molto più pericolose, come la black out challenge, che è una sorta di gara di apnea fino a svenire: in periodo pandemico, per la noia, i più giovani possono essere ancora più vulnerabili. La rete un mondo vasto, affascinante, trainante, iperstimolante ed ipereccitante. Un territorio senza specifiche difese che diventa rischio e può davvero fare molto male. Appare preoccupante nonché diffuso il fenomeno tra i giovanissimi di mettersi in mostra con azioni audaci, che a volte hanno esiti tragici. L’assunzione di comportamenti a rischio in adolescenza è un fenomeno sempre esistito, oggi alla ribalta per i pericoli connessi all’uso delle tecnologie e per i recenti casi di cronaca nera. Un tempo vi erano le corse in motorino o film dell’orrore, per “regalarsi” il brivido della paura. Questa ricerca della paura è un tentativo anche inconsapevole di avere un controllo attivo sulla morte. Non si tratta di trasgressione ma di tollerare le delusioni. Le nuove generazioni crescono con l’ideale incurcatogli di avere tanti amici, di essere popolari e di essere sempre primi, e quando diventano adolescenti non si sentono mai abbastanza popolari e belli. I figli vanno educati all’autorevolezza dei genitori ma non a 13 anni, troppo tardi! Bisogna crescerli da bambini nelle regole, nei confini, limitare il loro uso alla tecnologia che va controllato sempre da un adulto. E con l’adolescenza bisogna vedere una nuova nascita del proprio figlio. Il cervello dell’adolescente è come se scaricasse nuovi programmi. Fondamentale è l’ascolto dei genitori, senza mai confrontarsi con il loro tempo d’adolescenza. Non essere mai giudicanti. Ascoltare talvolta la loro musica anche se non si condividono i loro gusti musicali. Bisogna avere il coraggio di non chiudere un occhio quando si ha il sentore o la certezza che il proprio figlio abbia una dipendenza da sostanze stupefacenti. Se la situazione è fuori dal controllo dell’adolescente, bisogna intervenire, accettando anche il conflitto. Tossicodipendenza, alcool, atti di autolesionismo, sono tante le forme di dipendenza ai nostri giorni, una guerra per alcuni genitori, ma si può vincerla. I genitori devono tornare ad avere il controllo della vita dei loro figli, porre dei paletti, anche se questo costa fatica e conflitto generazionale, affidarsi ai professionisti quando la situazione peggiora e necessita di aiuto esterno, che aiuterà i genitori a partecipare alla cura dei figli. I ragazzi non devono pensare di essere soli nella crescita ma seguiti con attenzione e amore. Genitori e figli dovrebbero dedicarsi tempo, tempo vero fatto di cose da fare insieme, da vivere insieme, cenando anche insieme, abitudini e tempo che ormai sembra lontano alle famiglie di ieri e che forse andrebbe ritrovato e vissuto.  

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , , , , ,

I giovani al tempo del Coronavirus: isolamento, rifiuto alla Dad e dispersione scolastica

Didattica a distanza, vita sociale azzerata e impossibilità di costruire relazioni, di vedere posti nuovi, hanno caratterizzato la vita degli adolescenti negli ultimi undici mesi. Misure – seppur giuste- per contenere il contagio da covid-19, che però non risparmiano ripercussioni sulla psiche e nella vita di molti adolescenti, fase già di per sé complicata e caratterizzata da transizioni nuove e  più o meno complesse. Un momento storico che anche i più giovani non dimenticheranno facilmente, se non altro per i postumi che questo lascerà, anzitutto, le ripercussioni negative sulla loro capacità di socializzare, già di per sé mutata rispetto al passato, inclini più al dialogo virtuale che de visu, perdendosi il meglio degli incontri interpersonali. Ma anche il loro stato d’animo e l’umore ne risente, molti adolescenti, vivono momenti d’angoscia, ansia, smarrimento,difficoltà ad immaginare un domani; altri, invece, manifestano aggressività che si traduce anche in scatti d’ira, preoccupando molti genitori, che in alcuni casi sono arrivati a denunciare i figli minori attivando i servizi sociali, in altri invece, intraprendendo un percorso di psicoterapia per adolescenti. Fenomeni e comportamenti, che anche un recente rapporto di “Save the Children” riporta, rimarcando gli effetti di questo storico periodo sui giovanissimi d’oggi e sulle ripercussioni che questo potrà avere sul loro futuro. Diverse le fasi che hanno vissuto gli adolescenti, inizialmente stupore, provando anche un certo interesse nel provare a vivere un’esperienza diversa dal comune, provando anche a giovare degli effetti derivanti da una diminuzione dell’impegno scolastico. Poco dopo si è sviluppata una seconda fase che ha comportato il fatto che iniziassero a ritirarsi sempre di più in se stessi e in questa situazione di isolamento. Pur non sapendo dove e come saranno condotti domani, hanno chiaro il loro attuale stato d’animo, il loro stare male nel vivere. Una nuova dipendenza, nel frattempo rischia di prendere il sopravvento per i giovanissimi, l’uso continuo e smoderato dei social e dello smartphone: nella realtà virtuale gli adolescenti cercano la possibilità di gestire delle situazioni. Tensioni che si accumulano. Inoltre, non va tralasciato anche il pericolo che si sviluppino altre dipendenze dall’alcol, ad esempio. Seppur disagi che richiamano a delle preoccupazioni, la maggior parte degli adolescenti non ha però bisogno di una terapia psicologica clinica, devono essere i genitori i costruttori insieme ai figli della capacità di problem solving, risoluzione dei problemi, aiutandoli a lavorare sulle loro capacità e sulle loro potenzialità. Bisogna fornirgli uno sguardo esterno sulle loro risorse e insegnare loro a metterle in campo. Alto tasto dolente di questo sospeso periodo della vita degli studenti è la didattica a distanza, vissuta da molti bambini ed adolescenti con difficoltà, non da meno dai genitori. Il divario è palese. Molti genitori sono costretti ad andare a lavorare o restare a casa in modalità agile, senza riuscire a seguire e a prestare attenzione ai figli che devono seguire le lezioni online; dall’altra parte le famiglie numerose, ma anche quelle che vivono in case con spazi angusti e ristretti, dove non c’è spazio sufficiente e silenzio adeguato per ognuno dei figli che deve seguire la dad; ragazzini che vivono in zone in cui la connessione è lenta e difficile; genitori che rappresentano non poche difficoltà nel provare a gestire la dad, spesso si tratta di adulti che non hanno neppure la licenza media: impossibile demandargli anche l’istruzione dei loro figli, qualsiasi sia il grado scolastico che questi frequentino. La dispersione scolastica in Italia già prima della pandemia aveva numeri preoccupanti, rappresentati dal 30,6% degli oltre 11 milioni di studenti. Secondo l’indagine di Ipsos “i giovani ai tempi del Coronavirus”, per Save the Children, condotto tra gli studenti tra i 14 e i 18 anni, il 28% degli giovani intervistati ha dichiarato che dall’inizio della pandemia almeno un compagno di classe ha smesso di frequentare la scuola. Tra le cause principali delle assenze durante la Dad la difficoltà di connessione e la mancanza di concentrazione. Almeno 34 mila studenti delle superiori rischiano l’abbandono scolastico. La dispersione scolastica è un film dai sogni spezzati per i ragazzini. Alcuni comprendono che studiare sia l’unica possibilità per crearsi un futuro migliore, per essere partecipi del reale cambiamento della realtà in cui vivono, altri vivono nell’incertezza se studiare o meno, altri ancora abbandonano il percorso scolastico: il fatto che ci sia l’obbligo scolastico fino a sedici anni non li turba, e non turba neanche le loro famiglie (alcuni non sanno neanche che ci sia l’obbligo). Una regola imposta dal mondo che è intorno ai ragazzi, quel mondo in cui loro saranno i protagonisti, senza neppure rendersene conto. La scuola resta sempre il valore aggiunto, che può dare una chance di miglioramento, aiutando a realizzare i sogni ai ragazzi. Vale la pena ricordare a noi adulti, che l’abbandono scolastico ruba il futuro ai ragazzi, e spesso li consegna in altre mani. Consiglio la visione del film “la nostra strada” per ricordarci quanto i ragazzi abbandonano la scuola possano essere attratti dalla cultura dei favori anziché la cultura dei diritti.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , ,

E se fosse davvero Natale?

Un Natale anomalo. Unico. Distanziato. Limitato negli spostamenti. Il colore rosso, simbolo di festa colora le regioni e impone un lockdown in tempo di festa. Le città vivono il Natale con l’immaginazione e affidandosi al potere rievocativo di ognuno di noi. Le luminarie restano in strade vuote dal passaggio e dalla scambio d’auguri. Il Presepe è immaginario, come ad Assisi dove sull’intera facciata della Basilica Superiore di San Francesco viene proiettata la Natività di Gesù: statue a grandezza naturale e immagini video dell’affresco della navata inferiore della Basilica. Un Natale per molte famiglie senza ricongiungimenti, altre invece, fanno i conti con le ristrettezze economiche, che improvvisamente sono piombate in famiglie che oggi vivono l’incertezza del domani. Un Natale del silenzio, privo di abbracci o di incontri e cenoni. Nessuno lo avrebbe mai immaginato. Un mastodontico cambiamento. Perché nessuno è davvero mai preparato ai cambiamenti. E’ una delle grandi paure che accompagna l’essere umano: l’imprevedibile. In questo strano e sospeso anno abbiamo imparato il suono del silenzio: le città senza i rumori di sottofondo, il silenzio che ci spingeva a riflettere e capire, il silenzio della paura e dell’incertezza del domani, il silenzio delle saracinesche abbassate, il silenzio di uffici vuoti e spenti, dei ristoranti e bar chiusi, degli stadi vuoti. Oggi ci viene chiesto di mantenere in silenzio un momento che solitamente è accompagnato da musica, fantasia, immaginazione e magia, nonché chiasso: Natale e Capodanno. Questo sarà il Natale del cambiamento. Del ricordo freddo e distaccato. Il Natale del silenzio. Il Natale in cui tante famiglie accuseranno il vuoto e la mancanza. Anche questo è un valore. E se invece cogliessimo questo momento sospeso questo “strano Natale” come occasione, l’ennesima che questo anno doloroso ci sta ponendo? Per riflettere sulle mancanze e sul loro valore, sul senso delle cose e delle persone, sul tempo e lo spazio che avevamo e che non abbiamo più, sulla Vita che seppur un fantastico viaggio è imprevedibile e lo ha dimostrato. Su quanto le nostre vite fossero frenetiche, piene, incasinate, e povere: avevamo smesso di vedere la bellezza delle persone, dei luoghi, del tempo, della noia, delle possibilità che avevamo. Certo, questo Natale così ridimensionato e diverso è un imprevisto. E’ risaputo che gli imprevisti facciano molta paura. Abbiamo spesso l’illusione di avere la “cassetta degli attrezzi” con gli strumenti giusti per controllare il nostro destino; se possiamo controllare il nostro destino possiamo mettere in atto delle scelte. I cambiamenti radicali sono le scelte più difficili da compiere, tanto difficile che a volte rimandiamo la stessa scelta. E a volte la vita sceglie per noi. E siamo costretti ad adeguarci o a subire. Tutti noi con diversi gradi di difficoltà e adattamento, oggi siamo chiamati ad adeguare le nostre abitudini, anche il nostro modo di vivere le festività. La vera sfida sta nel cogliere il cambiamento, perché forse un cambiamento radicale è proprio quello di cui abbiamo bisogno per ristabilire il peso dei sentimenti e dell’animo umano. Anche attraverso il silenzio che dominerà le festività. E questo 2020 lo ricorderemo come di delimitazioni, sicurezza, misure estreme, cambiamenti e modifiche. Ma nulla ci vieta di riflettere e cambiare qualcosa di noi e del nostro essere, sognando e sperando che il 2021 ci regali umanità e serenità, e perché no cambiamento personale.

Buon Natale e buon anno ai lettori di Pagine Sociali de il denaro.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,

Disturbi alimentari e pandemia, effetto limbo del covid sull’alimentazione

Mancanza d’appetito, leggera nausea, rifiuto verso uno dei piaceri della vita: la tavola imbandita di cibo, dall’altra parte chi del cibo ne ha fatto occasione gradita, con spuntini in ogni momento, pasti abbandonati e ricchi. Il coronavirus ha disorientato molti ed ha avuto non poche ripercussioni sull’alimentazione di tanti. La crisi sanitaria ha acuito i disturbi del comportamento alimentare: allo stress e all’ansia della situazione sociale si sono aggiunte le difficoltà di accedere al sistema sanitario. I medici avvertono un ritardo a causa della saturazione del sistema, con ricadute e più gravi condizioni cliniche per chi soffre di disturbi alimentari. La metà delle nuove segnalazioni riguarda la bulimia nervosa. E da marzo sono quintuplicate le chiamate al numero verde Sos disturbi alimentari. L’età si è abbassata 10-11 anni e c’è una maggiore diffusione del disturbo nella popolazione maschile. Il 50% dei nuovi casi diagnosticati riguarda la bulimia nervosa, caratterizzata da abbuffate seguite poi da episodi di vomito o utilizzo di lassativi per liberarsi dell’eccesso di cibo ingerito, spesso accompagnato dall’utilizzo di droghe, con disturbi della condotta sessuale e della personalità. In molti, invece, fanno i conti con l’anoressia nervosa, che si manifesta con l’ossessione per il proprio peso corporeo e restrizione dell’assunzione di cibo, e binge-eating, cioè abbuffate di cibo non seguite da pratiche di eliminazione come con la bulimia. L’aggravarsi dei disturbi alimentari durante il lockdown ha un’origine post-traumatica. La privazione dagli amici, l’impossibilità di alcuni riti specifici, l’impossibilità di fare sport che accresce la paura di ingrassare, le difficoltà economiche delle famiglie, il peggioramento di relazioni già difficili con i genitori, sono espressioni di un disagio. La paura del cibo è paura nel mondo. Ad esser maggiormente colpiti dai disturbi alimentari sono i giovanissimi, ma anche gli adulti ne soffrono, alcuni col tempo sono diventati bravi nel nasconderlo, ma col lockdown per tanti è stato difficile celarlo ai propri familiari. Il clima di paura vissuto dall’adulto, dalla famiglia, avvertito anche nelle telefonate e videochiamate tra i familiari, unitamente alle tante preoccupazioni per la salute e per il lavoro, hanno sottoposto molti ad uno stress continuo e a tratti insostenibile. Il cibo in questo periodo l’ha fatta da padrona in molte famiglie ed ha assunto un nuovo peso nelle nostre giornate. C’è chi ne ha riscoperto il valore e la bellezza di prepararlo per sé e per gli altri, ma anche chi ha dovuto fare i conti con il fondo da toccare a causa del cibo: rifiutandolo o avvertendo l’acuirsi dei disturbi alimentari, chi ne ha fatto un valore troppo aggiunto o ponendosi la domanda “mi andrà tutto stretto dopo?” Insomma, abbiamo scoperto il cibo e tutto quello ad esso collegato, che talvolta ha ripercussioni sociali e psicologiche.

E’ possibile però chiedere aiuto quando ci si rende conto che si vive un disturbo alimentare o questo si sia acuito, è possibile consultare il sito www.disturbialimentarionline.it per una mappa delle strutture e delle associazioni più vicine. Nel frattempo ho voluto approfondire l’argomento alimentazione nelle sue sfaccettature con la biologa molecolare e nutrizionista specializzata in nutrizione umana e oncologica Giusy Colaps.

  1. Il cibo sta forse assumendo un nuovo peso nelle nostre giornate: dal #andràtuttostretto per chi si è dato alla cucina a chi vive l’esperienza di un disturbo alimentare

un periodo molto particolare, dove passiamo molto tempo con noi stessi e si amplificano le nostre angosce e insoddisfazioni. Sicuramente la casa per antonomasia è sinonimo di cibo, perché la maggior parte dei pasti li consumiamo a casa, come anche i pranzi di famiglia, i cenoni e quant’altro. Fin qui tutto bene, perché il rischio maggiore è di mettere qualche chilo in più, che successivamente con una buona volontà e tra una buona alimentazione e l’attività fisica si recupera il proprio peso forma. Ma il problema nasce nel momento in cui ci sono già delle difficoltà e, rimanendo rinchiusi in casa, si accentuano i pensieri e il frigorifero diventa “la via” più a portata di mano per compensare le forti emozioni. Personalmente, in questa situazione, consiglio di vedere il lato positivo: anche se si è costretti a vivere a tu per tu con i propri problemi, quasi da sentirsi schiacciati, “rincorsi” per casa, consiglio di fermarsi e affrontarli. Come? Rivolgendosi a degli specialisti, per vivere al meglio la “convivenza forzata”, e intraprendere un percorso-psico-nutrizionale, senza aspettare che le cattive abitudini si cronicizzino.

  1. Quando è tempo di rivolgersi ad uno specialista: quali sono i campanelli d’allarme?

Di campanelli d’allarme ce ne sono un bel po’ e prima si sentono, minore è il rischio di incappare in danni gravi per l’organismo o, addirittura, salvare la vita di chi ne soffre. Quindi occorre fare attenzione ad ogni minimo campanello d’allarme per non compromettere la qualità della vita. Quali sono? Per esempio la paura di mettere peso, un calo o un incremento esagerato del proprio peso, difficoltà a mangiare con gli altri, paura di non riuscire a rispettare sempre le proprie abitudini rigide, eccessiva attività fisica solo con lo scopo di bruciare le calorie ingerite. Diciamo che ce ne sono un bel po’, ovviamente vanno considerati alla luce della storia della persona. Il problema principale è che i disturbi dell’alimentazione sono subdoli, perché chi ne soffre tende a nasconderli e non ne ha piena consapevolezza.

  1. Quali sono i consigli per un’alimentazione sana in tempo di pandemia?

La pandemia ha cambiato molto le nostre abitudini alimentari, basta pensare che prima si aveva pochissimo tempo per preparare un pasto e, per rifocillarsi, spesso, si consumavano pasti frugali e confezionati. Oggi, invece, si ha molto più tempo e bisogna utilizzarlo al meglio. Prima ci si lamentava che non c’era tempo, ora non ci sono scuse e possiamo migliorare le nostre abitudini. Un consiglio che posso suggerire, oltre a dedicarsi ai propri hobby compatibili con la “clausura”, è di dedicare tempo alla prima colazione e, se in casa abitano più persone, farla tutti insieme per condividere questo importante pasto della giornata. Bisogna aumentare il consumo degli alimenti indispensabili alla nostra dieta, come per esempio vegetali, frutta, cereali integrali e legumi, che a volte, per motivi di tempo non si preparano spesso. Se cucinare ti rilassa ed è il tuo hobby preferito, ti consiglio di preparare pietanze con pochi grassi e poco sale e di sperimentare nuove ricette con ingredienti leggeri e salutari. Insomma, questo periodo va visto come un modo per resettare le cattive abitudini e introdurne delle nuove e più salutari, e con l’aiuto degli specialisti, nutrizionista e psicologo, sarà più semplice adattarsi al nuovo stile alimentare.  CARPE DIEM!

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , ,

Gli effetti collaterali del Covid: un mucchio di notizie che incidono sulla psiche e sul sociale

Dagli altoparlanti dei centri commerciali, alle radio che in filo diffusione aggiornano e raccontano un mondo nelle mani di un virus che per quanto sconosciuto stronca vite e infonde terrore, ai telegiornali con titoli ad effetto, passando per i social network: sempre più cruciali durante l’attuale emergenza sanitaria globale. Le reti sociali, per altro, sono divenute uno dei canali di informazione più utilizzati che se da un lato permettono di raggiungere le comunità più isolate, dall’altro è un susseguirsi di flash news e di bollettini che hanno trasformato uno dei social più noti per tenersi in contatto in un social news dove si susseguono fake news e procurato allarmismo. Un mucchio di notizie che bombardano la nostre mente costantemente: un giro in un centro commerciale è accompagnato regolarmente da informazioni e dati sul coronavirus; un appuntamento dall’estetista si trasforma in un sottofondo radio che alterna qualche canzone a commenti in studio e dati sul coronavirus. Un giro virtuale sui social si trasforma in angoscia e preoccupazione. Che l’informazione sia giusta e sacrosanta, arrivando a tutti è fuori discussione, ma ciò che si contesta è forse il continuo bombardamento di notizie, a volte affidato anche ai social e a persone che di giornalismo e talvolta di medicina non se ne intendono. Il covid esiste, anche se c’è chi vuole negarlo, chi propone teorie complottiste, proteggersi è un atto di civiltà verso se stessi e verso gli altri. Il  covid è una guerra il cui nemico è armato ma chi vuole difendersi non sa come farlo. L’informazione è giusta nella misura in cui racconta gli eventi che accadono, è giusta quando scuote la società, ma ad oggi rischia di diventare un effetto collaterale. Non lo avremmo mai immaginato, solitamente ci si sofferma sul fatto grosso: in questo caso il covid, ma gli effetti collaterali si compiono accanto, sono un mondo nel mondo. L’allarmismo da coronavirus rischia di isolarci. Che il coronavirus avesse rilevanti implicazioni psicologiche e sociali era risaputo, ma uno dei principali pericoli è in senso di minaccia generalizzato che rischia di distruggere o indebolire i legami comunitari, facendoci sentire isolati e pronti a tutelare solo il nostro interesse personale a discapito degli altri. Un continuo di notizie allarmanti e divisive che non fanno altro che farci sentire sempre più distanti dall’altro, che spingono a trovare un colpevole di turno per poterci proteggere da un evento i cui confini non sono per niente delineati e che la stessa mente umana non sa definire. La mente non è pronta alle emergenze seppur prova ad adattarsi e cerca anche di chiedere aiuto all’esterno con momenti di svago, il problema è la pluralità di messaggi poco coerenti che unita alle informazioni enfatizzate e talvolta manipolate dai social aggiungono incertezza e provocano ansia, paura, terrore,  generando una grande confusione. L’essere umano si sente così spaesato, non riesce a dare senso a ciò che sta vivendo, cercando a tutti i costi un capro espiatorio. E più siamo incerti, frammentati, contrapposti meno saremo equipaggiati ad affrontare un’emergenza come il virus. Dall’epidemiologo che rilascia un’intervista, all’amico che invia il link che viene condiviso, tutti, nessuno escluso abbiamo la responsabilità di tutto ciò che comunichiamo: dobbiamo essere sicuri che le informazioni che diamo siano interpretate correttamente dal destinatario, che siano in grado di essere rapportate alla sua esperienza e al suo contesto. E questo da settimane non sta accadendo. Informazioni sbagliate possono farci vedere il pericolo in maniera diversa: se c’è da una parte chi esce di casa senza mascherina, dall’altra c’è chi se ne va beatamente alle feste e non indossa la mascherina, convinto che a lui possa non accadere nulla. Un fenomeno che gli addetti ai lavori definiscono “percezione di immunità oggettiva”.  Di base manca una corretta informazione d’emergenza, prima di catastrofi, terremoti o virus, bisognerebbe parlare e sensibilizzare l’opinione pubblica al rischio. Una buona comunicazione in ogni sua forma può contribuire a salvare vite umane. Essere preparati significa conoscere eventuali rischi derivanti da un fenomeno d’emergenza e come fronteggiarlo. Per quanto riguarda il Covid ad oggi i messaggi veicolati sono stati più o meno incoerenti, ecco perché oggi c’è chi ha tanta paura e chi in vece non riesce a comprendere l’allarmismo che lo circonda.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , ,

Scuola al tempo del covid, come affrontarla?

Sul rientro a scuola, è ancora tutto un interrogativo. La data c’è, gran parte delle scuole italiane riapriranno il prossimo 14 Settembre, che per la ministra Azzolina è una certezza ma per tanti non è così, considerati gli annunci ed i passi indietro, i genitori hanno ancora qualche dubbio e molte domande a cui cercano una risposta. Paure ed angosce si susseguono. Tra i mille interrogativi c’è anche: “ma se il proprio figlio viene contagiato e deve essere messo in quarantena, i genitori che lavorano entrambi come devono e possono fare?” Su questo il Governo ci sta lavorando e la proposta attualmente sul tavolo è quella di offrire dei congedi e consentire lo smart working per permettere alle famiglie di gestire la ripresa delle scuole con maggiore tutela. Una certezza c’è ed è stata delineata dalle linee guida dell’ISS, qualora uno studente dovesse risultare positivo al coronavirus, i medici potranno imporre la quarantena al bambino, a tutta la classe e anche gli alunni delle altre classi con cui lo studente ha avuto contatti. Nel frattempo, in attesa di un protocollo di sicurezza definitivo, emergono le indicazioni per ripartire in sicurezza, per mettere a punto un nuovo regolamento sulla sicurezza anti-covid per il rientro a scuola, misure in parte già adottate per gli esami di Stato, ma anche nuove disposizioni da mettere in campo. Si discute in queste ore dagli orari alla mensa, dai bagni alla ricreazione. Le linee guida prevedono una rimodulazione degli orari di entrata ed uscita, con classi in entrata scaglionate dai dieci ai trenta minuti. In aula la distanza sarà di un metro, infatti, le scuole si stanno attrezzando con banchi monoposto. Sull’uso della mascherina al banco è ancora tutto un dibattito e un’incertezza. In bagno, invece, potrà andare uno studente per volta e munito di mascherina. La ricreazione non sarà più una corsa in cortile, solo le scuole più grandi potranno far uscire gli alunni dalle aule per prendere aria, ma sempre con mascherina e a turni, rispettando le indicazioni degli ingressi. Altre scuole invece dovranno far consumare la merenda al banco. Il capitolo mensa è ancora tutto da disegnare, infatti, molti presidi vorrebbero che i bambini consumino il pasto in aula, al proprio banco, senza spostarli dalla posizione stabilita. Insomma, una scuola che necessariamente cambia ed ha difficoltà a conciliare le esigenze dei ragazzi con quelle dettate da una pandemia mondiale che continua a spaventare tutti, eppure c’è bisogno che si riprenda proprio dalla scuola. Infatti, i più piccoli sono stati quelli che hanno risentito più di tutti un cambiamento vertiginoso che improvvisamente li ha confinati in casa con una scuola a distanza ed una socialità affidata solo agli strumenti digitali, quelli che fino a poco prima gli adulti gli limitavano o impedivano. Il ritorno a scuola sembra certo, seppur con molti dubbi ed interrogativi che senza dubbio spaventano tutti, ma queste angosce non possono essere trasmesse ai ragazzi. E’ importante parlargli del ritorno a scuola, di pensare all’organizzazione delle giornate anche in funzione del covid, spiegando loro con calma e tranquillità che questo virus ha cambiato le abitudini di tutti e anche a scuola bisognerà adottare alcune precauzione che serviranno per sé e per gli altri. Non sarà semplice per i genitori abituare i bambini alla routine del mattino dopo tanti giorni di vacanza. Vi propongo qualche suggerimento per prepararsi al ritorno a scuola.

  1. Riprendere i giusti ritmi del sonno: il sonno è importante per i bambini, specie nel momento pre-scuola. Dormire poco influisce non poco sul rendimento scolastico e sull’umore dei piccoli. Aiutiamoli anticipando il risveglio e l’orario per andare a letto, evitando attività che possono agitarli prima di andare a dormire.
  2. Scegliere lo zaino: per distrarli dopo un lungo periodo lontano dalla scuola, catturiamo la loro voglia di cambiare zaino e dedichiamo qualche ora insieme a lui nella scelta del corredo con il suo personaggio preferito.
  3. Fare i compiti: Preparate un calendario per organizzare i compiti in vista dell’inizio della scuola, servirà anche a calcolare i giorni che mancano all’inizio della scuola e a prepararli al ritmo dello studio.
  4. Poesie e filastrocche per il ritorno a scuola: per rendere il ritorno a scuola più divertente potrete affidarvi alle filastrocche per bambini.  Le parole in rima hanno una musica speciale che ricorda le formule magiche e riusciranno a strappare un sorriso ai vostri piccoli e rendere mena amara la fine delle vacanze.
Contrassegnato da tag , , , , , , , , , ,

Il sociale invisibile: le comunità e l’operato assistenziale al tempo del Covid-19

untitledNei giorni che hanno segnato il mondo e le vite, così sospesi in un flusso digitale quasi ininterrotto, in cui abbiamo cercato di mantenere un equilibrio tra il bisogno di comprendere ed il seguire il naturale corso degli eventi, cercando di sottrarci al marasma di informazioni, analisi e dati statistici. Un mondo però andava avanti con operai, cassieri, impiegati, sanitari e operatori sociali che continuavano a lavorare instancabilmente consapevoli di essere il motore pulsante di un Paese che andava avanti e che avrebbe dovuto ripartire e ricominciare nel post covid. Il sociale è uno dei settori che in questo surreale ed improvviso periodo non si è mai fermato, anzi, è stato uno dei tasselli fondamentali del puzzle di vita dell’emergenza epidemiologica. Il lockdown ha acuito molti bisogni, accentuato la forbice di disparità sociale, aumentato la povertà in ogni sua forma: da quella economica a quella educativa, la violenza domestica e familiare è aumentata, e molti assistenti sociali e psicologi si sono ritrovati in piena emergenza. L’emergenza nell’emergenza. In questo periodo le comunità per minori, le comunità psichiatriche, i servizi per i disabili, l’educativa di strada, l’assistenza ai senza fissa dimora, le residenze per anziani hanno continuato ad operare a pieno regime, mentre i servizi di assistenza domiciliare hanno riconvertito la loro funzione in un senso maggiormente assistenziale come pure per l’assistenza scolastica. Gli operatori ed i professionisti del sociale non si sono tirati indietro anche perché nascono nel motto del “fare con quello che c’è”. La volontà, quella non è mai mancata, non si sono mai tirati indietro, lavorando anche in un momento alquanto difficile: perché le paure sono di tutti. Uomini e donne, professionisti del sociale e del mondo sanitario che in questa emergenza sanitaria e sociale hanno mostrato umanità e competenza, senso del dovere e abnegazione, eppure per molto tempo hanno incarnato nell’immaginario comune e politico l’ultimo baluardo e martire del defunto welfare italiano. Eppure se non ci fosse stato il cuore delle comunità educative, delle case famiglia, delle residenze per anziani, questi ospiti che fine avrebbero fatto? L’hastag #iorestoacasa valeva anche per loro. Ma c’era chi un a casa non ce l’aveva e chi, pur avendola, non viveva con la propria famiglia: i bambini, i ragazzi, gli anziani che vivono in comunità ospitanti. Le comunità sono un servizio residenziale e non può sospendere le sue attività, non può allontanare nessuno per “sicurezza” perché proprio per la loro “sicurezza e protezione” sono stati accolti, allontanati da  famiglie maltrattanti e abusanti, o per gli adulti da contesti di abbandono e solitudine.
La comunità resta aperta per 24 ore, non può fare orario ridotto e anzi durante l’emergenza epidemiologica, più che mai, con il tempo dilatato, i giorni della settimana non hanno più avuto confine: mancava la routine, le abitudini, la scuola, lo sport che sono parte del lavoro educativo. Un lavoro che ha richiesto di essere reinventato. Gli operatori hanno trascorso il loro tempo con gli ospiti delle strutture, cercando di rendere il tempo ormai dilatato ricco di esperienze diversificate. Un lavoro che è passato in secondo piano, quasi nessuno se ne è ricordato, eppure si tratta di persone che ogni giorno combattevano con la paura umana e comprensibile, e spesso combattono con turni lunghi, cambi improvvisi, un lavoro spesso sottopagato o a progetti a breve tempo, con Enti Locali spesso inadempienti economicamente e le comunità si ritrovano in affanno senza entrate. Uomini e donne di cui nessuno se ne è occupato eppure svolgevano il loro lavoro fondamentale, molto spesso. Persone che hanno dovuto comunque gestire lo stress di questo periodo. Dinanzi a loro la paura personale, la paura familiare e quella dei loro ospiti, a cui hanno dovuto cercare di dare amore ed empatia, perché alla sera quegli ospiti non tornavano a casa, nel proprio ambiente di vita, che talvolta coccola e appaca, e per loro il destino è stato già alquanto difficoltoso e di certo un’emergenza epidemiologica ha acuito ancor di più le mancanze e le difficoltà della vita. Forse in questa nuova fase della vita che ha riallacciato le cinture dovremmo ricordarci di molte cose che hanno reso migliore un mondo segnato.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,