Archivi tag: #pandemia

Pandemia e guerra: l’essere umano tra umano e disumano. Che impatto psicologico e morale hanno questi eventi?

Dopo due anni di pandemia ci ritroviamo schiacciati dalla paura della guerra che si combatte vicino casa. Stressati, ansiosi e sopraffatti dagli eventi come se l’aria fosse sempre meno, sperimentiamo il disorientamento. Prima la pandemia, che ha cambiato le nostre vite, e ora la guerra in Ucraina. Il conflitto diventa elemento che deprime e rende tutti più pessimisti e scettici sul futuro. Eventi drammatici, sconcertanti e imprevedibili, si sono presentanti nelle vite umane che conoscono uno dei momenti più bui della nostra esistenza e della nostra storia recente. Un parallelismo di eventi forti: la paura che ha condizionato e guidato le nostre vite, ora incontra l’incertezza e l’insicurezza. Un concentrato di emozioni, un boom di notizie che stressano e stancano. Il disagio mentale che si prova ha un nome ben preciso: stanchezza emotiva, conosciuto anche come esaurimento emotivo, è uno stato in cui emotivamente ci si percepisce come esausti e svuotati a causa dello stress accumulato e condizionato dagli eventi che ci circondano. La sensazione che si prova è quella di avvertire di non avere alcun controllo su ciò che accade nella propria vita. I sintomi, che spesso sono un campanello d’allarme, troviamo insonnia, problemi ad addormentarsi, cambiamenti fisici come per il peso, mal di testa; e cambiamenti nelle relazioni interpersonali, cambiamenti d’umore con una visione più cinica e pessimista del solito. Senza dubbio, l’essere umano prima con la pandemia che oggi si unisce alla guerra, si ritrova a scoprire emozioni e sentimenti nuovi, ritrovandosi talvolta più fragile anche psicologicamente, e ciò ha delle ripercussioni fisiche, emotive e anche nella visione della vita. Ma anche un bivio inimmaginabile per l’individuo: umano e disumano, due forme di guerra. La prima contro un nemico invisibile e poche armi per combattere, l’altra reale, fisica, con conseguenze umane disastrose e spaventose. Momenti che interrogano e pongono degli “invece”. Quanti momenti sprecati inutilmente, quanto dolore inflittoci in alcune occasioni ed inutilmente. Essere umano “distruttore”, questo siamo diventati, perdendo di vista la vita e l’umanità. Eppure l’uomo in pandemia distrugge con la guerra, aggiungendo morte alla morte, accantonando ogni compassione in nome del tornaconto, qualsiasi esso sia. E la società moderna che ha ogni ricchezza e benefit con la quale poter rimediare ai tanti problemi che attanagliano e distruggono popolazioni sfortunate da molto tempo ormai, continua in una tragicommedia di disumanità, dove la violenza è legittimata dai governi, che alza muri e crea fili spinati sotto i nostri occhi e a pochi passi da casa nostra, dove altri esseri umani, uomini e donne, che potrebbero essere “noi”, muoiono di fame e di freddo, che si aggrappano alla speranza di fuggire, persone che desiderano solo una vita migliore, ma nei fatti reali si alimenta ancora odio. Il potere e il possesso di cose che fanno gola al mondo, diventano armi di ricatto, passa in secondo piano la vita degli esseri umani. Tutto questo nasce dall’uomo e dalla sua volontà, in un’umanità che nonostante si ritrovi a sperimentare il baratro tra la vita e la morte, continua a gareggiare tra l’umano ed il disumano. La realtà del mondo reale è sconcertante: morte e distruzione, che non scuotono quasi per niente le coscienze, col cinismo ed il potere che fanno ancora da padrona, prevalendo sull’umanità ed il bene. Forse non sarebbe tempo che questi “segnali” così forti che arrivano come un cazzotto in faccia e al cuore delle persone, facciano riflettere ed interrogare la morale di molti?

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , ,

Il bonus psicologo è realtà. La misura- finalmente -riconosce il disagio psichico

Bonus psicologico, c’è l’ok all’incentivo. Dapprima escluso dalla Legge di Bilancio 2022, il bonus psicoterapico ha ritrovato spazio nel dibattito politico grazie al decreto Milleproroghe. Il provvedimento è ora all’esame delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera. Il bonus da utilizzare per la terapia psicologica, si concretizzerà come contributo economico che potrà arrivare fino ad un valore un valore massimo di 600 euro, che servirà a pagare “sessioni di psicoterapia – si legge nell’emendamento- fruibili presso specialisti privati regolarmente iscritti all’albo degli psicoterapeuti.” Il contributo sarà pramentrato alle diverse fasce Isee al fine di sostenere le persone con Isee più basso. Sarà escluso dal bonus chi presenta un Isee superiore ai 50mila euro. Il contributo non ha limiti di età. Il contributo servirà al cittadino per sostenere le spese di un ciclo di sedute di psicoterapia, il quale potrà usufruire di un pacchetto di 12 incontri totali. Un aiuto dunque, a tutte quelle persone interessate a iniziare un percorso di sostegno psicologico e/o psicoterapeutico ma impossibilitate a farlo per motivi economici. Gli anni di pandemia hanno messo a dura prova la psiche umana, chiamata a confrontarsi con paure ed angosce, con cambiamenti umorali e restrizioni che hanno spinto ognuno ad adattarsi ad una situazione anomala, che ha portato le stesse istituzioni a riconoscere quanto ciò abbia avuto un forte impatto sulla psiche umana. Il presidente del CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi), David Lazzari, ha riferito che oggi la domanda di psicologia e psicoterapia è molto aumentata, un’indagine, infatti, riporta almeno del 40%. Ma è un dato frenato dalla barriera socioeconomica che esiste tra un bisogno sempre più diffuso e sentito e una risposta quasi solo privata. La stessa ricerca ha documentato che un 48,5% di persone, pur avendo cercato aiuto, non hanno potuto iniziare un trattamento o hanno dovuto interrompere quasi subito per motivi economici. E’ risaputo come senza salute mentale non vi è quella fisica. La crisi sanitaria dovuta al coronavirus ha poi aumentato le richieste di aiuto per disagi e disturbi psichici, che in alcuni casi hanno subito regressioni o peggioramenti dovuti alle restrizioni e al bombardamento di notizie. Durante la pandemia i casi di depressione e di ansia sono aumentati del 28 e del 26%, secondo i dati. Non da trascurare anche lo stress post-traumatico, fenomeno che solitamente insorge nelle persone a seguito di un evento o calamità naturale, presentando disturbi del sonno, ansia, depressione, irritabilità, con la compresenza anche di altri fenomeni più o meno gravi. Inoltre, non vanno dimenticate quelle persone che hanno contratto il virus e che hanno sperimentato in prima persona l’isolamento casalingo, le terapie, la paura e l’angoscia di chi è affetto da covid-19, ma anche chi si è ritrovato ricoverato in un reparto ospedaliero. Eventi che segnano psicologicamente ed umanamente. Secondo i dati, ad esserne colpiti dal disagio psicologico è un’utenza variata: si nota un aumento soprattutto tra i giovani tra i 18 ed i 24 anni, da non trascurare anche negli adolescenti dove l’approccio è quello della neuropsichiatria infantile e di uno spazio psicologico adolescenziale, carente anche lì. Ad essere colpito anche le donne e persone categorizzate come appartenenti al ceto medio. L’incentivo economico è sicuramente utile ma prima di tutto serve consapevolezza e preparazione per chi vuole intraprendere un percorso di cura. Intraprendere un percorso di analisi e terapia personale, significa prendere in mano la propria vita, uscire dalla propria “comfort zone”, affrontare le proprie difese, i propri limiti e resistenze, istaurando una relazione di fiducia con il terapeuta, il quale dall’esterno aiuta a rivedere la propria vita con una visione differente. Quindi non è una terapia sulla persona ma con la collaborazione della persona e per la persona, e la motivazione ed il coinvolgimento in prima persona sono fondamentali per affrontare qualsiasi processo di cambiamento, evoluzione e guarigione. Quando invece si tratta di un minore, c’è una persona di riferimento: genitore, insegnante, adulto con la quale si interfaccia a consigliare un percorso, che potrebbe coinvolgerlo almeno nella fase iniziale o coinvolgere il sistema famiglia, per lavorare insieme. Insomma, la politica ha pensato alla psiche umana, ma il colloquio con uno psicologo non và visto nell’ottica di qualcosa di “offerto” ma un’evoluzione positiva di se stessi lì dove c’è motivazione e coinvolgimento, quando la persona realmente vuole un percorso psicoterapico.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , ,

Come è stato il mondo del sociale e le persone nel 2021 dopo l’assordante “sveglia” del covid-19?

Il 2021 resterà nella memoria collettiva come l’anno accolto con fiducia e speranza, quella riposta nella scienza e nei vaccini, quello che ci avrebbe dovuti traghettare fuori da un corso storico inaspettato ed improvviso. Invece, tutto il mondo ha subito gli effetti di uno “stress test” di cui ancora oggi non si conoscono gli effetti complessivi nel breve e nel lungo termine. La pandemia da covid-19 ha innescato un profondo cambiamento di tutti gli aspetti che fanno parte della vita: dalla politica, all’economia, dai rapporti interpersonali a quelli sociali, dalla tecnologia al mondo dell’istruzione. Un anno che sta per finire e che ci spinge a trovare risposte alla domanda più complessa di tutte: come è stato il mondo nel 2021 dopo l’assordante “sveglia” del covid-19? Economisti, sociologi, esperti del sociale,ricercatori, filosofi, ognuno in quest’anno ha trovato aspetti nuovi e talvolta critici. Senza dubbio ha aperto le porte ad un termine quasi sconosciuto ai più nella vita frenetica nel quale siamo abituati a vivere: la speranza, quella a cui tutti si sono aggrappati, con la scoperta in tempi record del vaccino. Mai prima d’ora è successo che la scienza trovasse in tempi ristretti ed in piena emergenza una risposta rapida. Insegnandoci a sostenere e a credere nel progresso e nella scienza. Seppur in molti è prevalso lo scetticismo e la critica, sacrosanta in un paese democratico, ma l’allarmismo per attaccare la scienza, quello è un’altra cosa che nulla ha a che vedere con la critica ed i dubbi. E’ stato un anno che ha spinto la politica ad un slancio economico forte e chiaro, una visione ottimistica del futuro attraverso gli investimenti, pubblici e privati. L’altro aspetto importante è stata la capacità di adattamento dell’uomo alle nuove tecnologie. Nel giro di pochi mesi molti hanno dovuto sperimentare lo smart working o i benefici della tecnologia in ogni ambito: dalla didattica a distanza agli affetti lontani, sino all’uso della stessa in telemedicina o nell’automazione delle industrie. Un reminder di come le avversità spesso forzino le società a svilupparsi. Ma quest’anno così “innovativo” è stato anche l’anno che ha acuito le povertà, da quella economica a quella scolastica, lavorativa e sanitaria. Crescono i nuovi poveri, il divario all’interno della società si allarga. Le misure di contrasto alla povertà sono poche e rappresentano un palliativo molto flebile. Le persone non riescono a comprare generi di prima necessità, curarsi per molti è un lusso, le liste d’attesa della sanità pubblica si allungano sempre di più, al Sud è ancora peggio, si fa i conti con liste d’attesa già lunghe a causa della mancanza di fondi e di personale, ma si aggiunge anche la richiesta da parte dell’utenza sempre maggiore. La povertà colpisce ogni fronte e senza esclusione di colpi. E poi ci sono gli esseri umani che in questa pandemia sembrano bussole impazzite. La pandemia secondo molti sarebbe stata uno spartiacque che avrebbe segnato il prima ed il dopo, ma non ha fatto altro che rivelare la rimozione delle relazioni. In realtà la pandemia ci ha rivelato come senza relazioni buone e sane, la vita umana diventa problematica. La sfida post pandemia dovrebbe essere coltivare i beni relazionali anziché un individuo che compete per il successo e per consumi sempre più volatili, privi di una relazionalità umana significativa. Abbiamo lasciato che la distanza fisica – giusta- che difatti è solo spaziale, divenisse anche sociale, in molti casi con la “sindrome della tana”, molti si sono rifugiati anche dopo le limitazioni all’isolamento nel proprio ambiente di vita, con rapporti tramite i mezzi di comunicazione, dimenticando i comportamenti gregari. Le persone umane hanno bisogno di relazioni come dell’aria o del pane, ma bisogna imparare a distinguerle. Si può avere una relazione interumana ed una comunicazione anche senza toccarsi, e l’anima è capace di relazionarsi gestendo il proprio corpo. Il messaggio dovrebbe essere che non si tratta di “stare lontano dagli altri”, ma di imparare a come comunicare e scambiarsi dei beni assieme, anche solo dei piccoli gesti o degli sguardi, osservando la distanza fisica. Ma siamo realmente in grado di farlo? Farlo, significa mostrare sentimenti come anche l’altruismo, significa tornare a mettersi in discussione, significa confronto, e questo sembra proprio che sia un po’ perso. La pandemia – riprendendo le parole di Donati, docente di sociologia a Roma, si combatte certamente con i vaccini, ma prima e dopo è ancor più utile saper gestire le relazioni che evitano la diffusione di tutti i tipi di virus, non solo quelli sanitari, ma anche quelli ideologici e culturali che non sanno confrontarsi con la realtà delle relazioni sociali, e quindi generano sempre nuove pandemie.

Siamo giunti alle battute finali di questo 2021 così caotico, così complesso, così strano, che ha tolto e ha regalato, che ci interroga. E’ stato un anno di sociale, lo abbiamo raccontato – speriamo sempre con il piglio giusto- a voi lettori abbiamo lasciato sempre lo spazio di riflessione e di critica, a voi l’augurio di un anno migliore secondo ideali e obiettivi che ognuno di voi si è posto, augurandoci di leggerci nel nuovo anno che speriamo sia più sereno e ottimista. Grazie per averci letto e al 2022….

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , ,

La pandemia cambia le tradizioni che restano patrimonio dell’intera umanità

La pandemia ha cambiato le vite, il quotidiano, le abitudini di molti. Ha cancellato riti e tradizioni popolari, ha cambiato lo stile di vita dei cittadini. Ma c’è una cosa che abbiamo imparato più di tutte in questa lunga emergenza pandemica: la capacità di reinventarsi. Anche per questo le tradizioni non si cancellano. Cambiano, si modificano, si riscrivono e si riadattano, per conservare un inestimabile patrimonio per l’intera umanità. Forse in tempo di pandemia e di ristrettezze, tra le tante cose che abbiamo imparato a ri-apprezzare, c’è proprio quella di mantenere vivo il ricordo delle tradizioni: gesti, riti, omaggi, intenzioni di preghiera e intenzioni profane, che restano e si tramandano. Se un popolo non avesse delle tradizioni non esisterebbe e nessuno lo conoscerebbe, e il bello del mondo è proprio la varietà di usi e costumi. Tramandate – ancora di più in questo periodo disorientato e incerto ai  più giovani- da una generazione all’altra, sono una testimonianza viva di una cultura legata alla natura e alle stagioni, ai cicli della vita, ai riti e alla devozione religiosa. Senza alimentare nostalgie di un passato ormai trascorso, si alimenta il ricordo delle tradizioni e di semplici e genuini valori, elemento vitale per lo sviluppo della nostra società. Quando un paese perde il contatto col suo passato, con le sue radici, quando perde l’orgoglio della sua storia, della sua cultura e della sua lingua, peggiora rapidamente, smette di pensare, di creare e sparisce. In tempo di pandemia, dove l’esigenza di molti è aggrapparsi a qualcosa, le tradizioni da sempre ponte tra il passato ed il futuro, non possono che essere un valido supporto, riportando e riadattando alle restrizioni gesti e rituali, talvolta anche culinari, per insegnare anche alle nuove generazioni la speranza del futuro sulla base del passato. Certo, dimentichiamoci bande, processioni, struscio tipico tra le strade cittadine, ma riportiamo nelle case e nelle vite gesti semplici ed umili: le lenzuola migliori da stendere al passaggio della Vergine, che quest’anno proviamo ad immaginare, calandoci con trasporto e fede in un momento che sembrava rituale ma anche suggestivo di anno in anno; riportiamo per quanto possibile in tavola i sapori del menù di tradizione; accendiamo una candela e ritagliamoci un momento di riflessione – che si creda o meno-, con questo gesto aiutiamo anche i più giovani a riflettere con sé stessi, in un momento che è divenuto complicato e ristrettivo anche e soprattutto per loro. Forse sarà una rivisitazione di gesti e rituali tipici e forse anche meccanici che probabilmente ci aiuteranno a riscoprire il vero valore di una festa e di una tradizione. E’ proprio quando qualcuno và via, che si sente davvero la sua mancanza. Ed è proprio quando ci sono dei divieti, delle limitazioni, delle regole da rispettare anche per la salvaguardia della salute di tutti, che si riscopre il valore di ciò che non si ha più. Riscoprendo le tradizioni, ci si può rendere conto come queste siano un patrimonio importantissimo per l’intera umanità. Il fatto che si parli di “valore” positivo delle tradizioni non significa doverle vedere come un bene a tutti i costi. Ma, con voi, vorrei affrontare qualche riflessione sugli effetti positivi delle tradizioni che quindi si collocano come patrimonio per l’umanità. Anzitutto, la memoria. È grazie alla memoria che può quindi esistere la stessa tradizione e di conseguenza tanta varietà di cibi, costumi, danze e altri elementi che rendono il mondo interessante. Una sorta di interconnessione. Si  “sostengono” l’una con l’altra, perché allo stesso tempo la tradizione è importante per la memoria: si tratta infatti di un meccanismo che consente di conservarla in un modo unico e particolare. Tradizione è sinonimo di turismo e di scoperta di luoghi, posti, culture, modi di vivere, dialetti, di gente, di confronto. La tradizione è occasione speciale, rompe gli schemi della routine e della vita frenetica, per irrompere in un momento unico, passeggero, che trasporta, che insegna e riscopre, talvolta è momento di incontro e di condivisione con gli altri. Grazie alle tradizioni il mondo può essere vario e interessante: musiche, balli, cucine tipiche, capi d’abbigliamento, pensieri, religioni diverse, architetture e simboli. Le tradizioni sono, le nostre radici. Siamo noi, il nostro sangue, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro mondo. Un popolo senza tradizioni è un popolo privo di anima.

Igor Stravinsky scriveva.“Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente.”

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , ,

Più poveri e disuguali in pandemia. Siamo pronti alla sfida assistenziale post covid?

Disuguaglianze, nuove forme di povertà, volti diversi alle famiglie, l’eredità e gli effetti economici e sociali che la pandemia lascerà rischiano di essere più pesanti del previsto. Il nuovo volto disegnato dalla pandemia è segnato da fragilità e povertà. Gli italiani si sono riscoperti più poveri e più soli. Le storie che gli assistenti sociali, gli operatori delle associazioni di volontariato e della Caritas che ogni giorno ascoltano, sono storie di coppie e famiglie normali diventate povere durante la pandemia. Lavoratori onesti ed umili, ma in un anno pandemico sono precipitati a reddito zero. E’ l’effetto della pandemia e lo stop a tante attività economiche, nel 2020 la povertà assoluta in Italia è tornata ai livelli di quindici anni fa. Persone che incontrano grandi difficoltà ad effettuare  le spese essenziali per il cibo o per curarsi. L’anno scorso i poveri assoluti sono stati un milione in più rispetto al 2019, più di trecentocinquantamila famiglie totalmente indigenti in un anno. In totale – secondo l’Istat- si tratta di oltre due milioni di famiglie. Le difficoltà maggiori tra le famiglie numerose e i lavoratori tra i 35 e i 44 anni, quelli cioè con lavori precari. Al Sud la situazione più difficile. Ma nelle regioni del Nord la povertà cresce più velocemente. Nell’anno della pandemia si sono azzerati i passi fatti nel 2019, ad oggi i minori coinvolti sono circa un milione e mezzo. Il covid ha fatto crollare anche la spesa delle famiglie: si evitano gli acquisti, se non necessari.  Il volto della povertà è cambiato: sono coloro che fino a poco tempo fa donavano e oggi si ritrovano a bussare alle porte di associazioni e Caritas.

La situazione rischia di peggiorare. A primavera scade la misura che, insieme alla cassa integrazione, ha in parte arginato la crisi da covid per alcune categorie. Nei prossimi mesi, infatti, si prospetta lo sblocco dei licenziamenti e  solo in Campania si rischiano 100mila licenziamenti, 1 milione quasi in tutta Italia, già alcune storiche attività commerciali e di ristorazione nel capoluogo campano non ce l’hanno fatta a sopravvivere al post lockdown ed hanno cessato le loro attività, saltati già diversi posti di lavoro. Nei mesi si sono susseguiti aiuti economici e sociali, dal Reddito di Emergenza, ai buoni spesa, al decreto ristori, agli interventi dei singoli comuni o dei fondi diocesani dedicati, utili a sostenere le spese più urgenti magari legate al pagamento dell’affitto degli immobili, dalle rate del mutuo, delle utenze o agli acquisti alla ripartenza delle attività. Misure a cui non tutti hanno avuto eguale accesso,  il reddito delle scorso anno era totalmente differente alla situazione attuale. Infondo, però si tratta di palliativi, di assistenzialismo che serve nell’emergenza ma non lascia margine di prospettive future. Oggi quasi una persona su due di quelle accompagnate e sostenute è un “nuovo povero”. L’incremento nell’incidenza delle donne, più fragili e svantaggiate sul piano occupazionale e spesso portavoce dei bisogni dell’intero nucleo familiare. E allora quale prospettiva in tema di politiche economiche e sociali ci aspettano per fronteggiare i postumi della pandemia? Ad oggi, l’unica certezza che sembra esistere è quella del Reddito di Cittadinanza, seppur si prospettano cambiamenti, di fatto qualche novità già esiste: chi ha percepito per le prime diciotto mensilità la misura di contrasto alla povertà, rischia di veder ridotto notevolmente il contributo mensile in quanto le precedenti mensilità sono conteggiate ai fini dell’Isee aggiornato. D’altra parte da solo il  reddito di cittadinanza non riuscirebbe a coprire i tanti poveri, con quali mezzi poi?

Al di là di tutto resta la necessità di misure fiscali e finanziarie utili a sostenere la ripresa e la ripartenza delle tante attività economiche e commerciali, utili anche le agevolazioni all’assunzione di personale, inoltre và pensato e studiato un programma di assistenza a medio-lungo termine, che superi la logica del puro assistenzialismo e garantisca effettiva integrazione sociale e lavorativa, iniziando dalle opportunità di lavoro, ma se le attività chiudono è difficile l’assunzione. Insomma, un cane che si morde la coda, nel frattempo le famiglie sperimentano situazioni di povertà e disuguaglianze che rischiano solo di peggiorare e non migliorare, forse è tempo di pensarci e iniziare a costruire il domani delle famiglie, dell’economia e del sociale del nostro Paese, per non farci trovare impreparati e più forti nella ripresa post pandemia.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , ,

I giovani al tempo del Coronavirus: isolamento, rifiuto alla Dad e dispersione scolastica

Didattica a distanza, vita sociale azzerata e impossibilità di costruire relazioni, di vedere posti nuovi, hanno caratterizzato la vita degli adolescenti negli ultimi undici mesi. Misure – seppur giuste- per contenere il contagio da covid-19, che però non risparmiano ripercussioni sulla psiche e nella vita di molti adolescenti, fase già di per sé complicata e caratterizzata da transizioni nuove e  più o meno complesse. Un momento storico che anche i più giovani non dimenticheranno facilmente, se non altro per i postumi che questo lascerà, anzitutto, le ripercussioni negative sulla loro capacità di socializzare, già di per sé mutata rispetto al passato, inclini più al dialogo virtuale che de visu, perdendosi il meglio degli incontri interpersonali. Ma anche il loro stato d’animo e l’umore ne risente, molti adolescenti, vivono momenti d’angoscia, ansia, smarrimento,difficoltà ad immaginare un domani; altri, invece, manifestano aggressività che si traduce anche in scatti d’ira, preoccupando molti genitori, che in alcuni casi sono arrivati a denunciare i figli minori attivando i servizi sociali, in altri invece, intraprendendo un percorso di psicoterapia per adolescenti. Fenomeni e comportamenti, che anche un recente rapporto di “Save the Children” riporta, rimarcando gli effetti di questo storico periodo sui giovanissimi d’oggi e sulle ripercussioni che questo potrà avere sul loro futuro. Diverse le fasi che hanno vissuto gli adolescenti, inizialmente stupore, provando anche un certo interesse nel provare a vivere un’esperienza diversa dal comune, provando anche a giovare degli effetti derivanti da una diminuzione dell’impegno scolastico. Poco dopo si è sviluppata una seconda fase che ha comportato il fatto che iniziassero a ritirarsi sempre di più in se stessi e in questa situazione di isolamento. Pur non sapendo dove e come saranno condotti domani, hanno chiaro il loro attuale stato d’animo, il loro stare male nel vivere. Una nuova dipendenza, nel frattempo rischia di prendere il sopravvento per i giovanissimi, l’uso continuo e smoderato dei social e dello smartphone: nella realtà virtuale gli adolescenti cercano la possibilità di gestire delle situazioni. Tensioni che si accumulano. Inoltre, non va tralasciato anche il pericolo che si sviluppino altre dipendenze dall’alcol, ad esempio. Seppur disagi che richiamano a delle preoccupazioni, la maggior parte degli adolescenti non ha però bisogno di una terapia psicologica clinica, devono essere i genitori i costruttori insieme ai figli della capacità di problem solving, risoluzione dei problemi, aiutandoli a lavorare sulle loro capacità e sulle loro potenzialità. Bisogna fornirgli uno sguardo esterno sulle loro risorse e insegnare loro a metterle in campo. Alto tasto dolente di questo sospeso periodo della vita degli studenti è la didattica a distanza, vissuta da molti bambini ed adolescenti con difficoltà, non da meno dai genitori. Il divario è palese. Molti genitori sono costretti ad andare a lavorare o restare a casa in modalità agile, senza riuscire a seguire e a prestare attenzione ai figli che devono seguire le lezioni online; dall’altra parte le famiglie numerose, ma anche quelle che vivono in case con spazi angusti e ristretti, dove non c’è spazio sufficiente e silenzio adeguato per ognuno dei figli che deve seguire la dad; ragazzini che vivono in zone in cui la connessione è lenta e difficile; genitori che rappresentano non poche difficoltà nel provare a gestire la dad, spesso si tratta di adulti che non hanno neppure la licenza media: impossibile demandargli anche l’istruzione dei loro figli, qualsiasi sia il grado scolastico che questi frequentino. La dispersione scolastica in Italia già prima della pandemia aveva numeri preoccupanti, rappresentati dal 30,6% degli oltre 11 milioni di studenti. Secondo l’indagine di Ipsos “i giovani ai tempi del Coronavirus”, per Save the Children, condotto tra gli studenti tra i 14 e i 18 anni, il 28% degli giovani intervistati ha dichiarato che dall’inizio della pandemia almeno un compagno di classe ha smesso di frequentare la scuola. Tra le cause principali delle assenze durante la Dad la difficoltà di connessione e la mancanza di concentrazione. Almeno 34 mila studenti delle superiori rischiano l’abbandono scolastico. La dispersione scolastica è un film dai sogni spezzati per i ragazzini. Alcuni comprendono che studiare sia l’unica possibilità per crearsi un futuro migliore, per essere partecipi del reale cambiamento della realtà in cui vivono, altri vivono nell’incertezza se studiare o meno, altri ancora abbandonano il percorso scolastico: il fatto che ci sia l’obbligo scolastico fino a sedici anni non li turba, e non turba neanche le loro famiglie (alcuni non sanno neanche che ci sia l’obbligo). Una regola imposta dal mondo che è intorno ai ragazzi, quel mondo in cui loro saranno i protagonisti, senza neppure rendersene conto. La scuola resta sempre il valore aggiunto, che può dare una chance di miglioramento, aiutando a realizzare i sogni ai ragazzi. Vale la pena ricordare a noi adulti, che l’abbandono scolastico ruba il futuro ai ragazzi, e spesso li consegna in altre mani. Consiglio la visione del film “la nostra strada” per ricordarci quanto i ragazzi abbandonano la scuola possano essere attratti dalla cultura dei favori anziché la cultura dei diritti.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , , ,

Disturbi alimentari e pandemia, effetto limbo del covid sull’alimentazione

Mancanza d’appetito, leggera nausea, rifiuto verso uno dei piaceri della vita: la tavola imbandita di cibo, dall’altra parte chi del cibo ne ha fatto occasione gradita, con spuntini in ogni momento, pasti abbandonati e ricchi. Il coronavirus ha disorientato molti ed ha avuto non poche ripercussioni sull’alimentazione di tanti. La crisi sanitaria ha acuito i disturbi del comportamento alimentare: allo stress e all’ansia della situazione sociale si sono aggiunte le difficoltà di accedere al sistema sanitario. I medici avvertono un ritardo a causa della saturazione del sistema, con ricadute e più gravi condizioni cliniche per chi soffre di disturbi alimentari. La metà delle nuove segnalazioni riguarda la bulimia nervosa. E da marzo sono quintuplicate le chiamate al numero verde Sos disturbi alimentari. L’età si è abbassata 10-11 anni e c’è una maggiore diffusione del disturbo nella popolazione maschile. Il 50% dei nuovi casi diagnosticati riguarda la bulimia nervosa, caratterizzata da abbuffate seguite poi da episodi di vomito o utilizzo di lassativi per liberarsi dell’eccesso di cibo ingerito, spesso accompagnato dall’utilizzo di droghe, con disturbi della condotta sessuale e della personalità. In molti, invece, fanno i conti con l’anoressia nervosa, che si manifesta con l’ossessione per il proprio peso corporeo e restrizione dell’assunzione di cibo, e binge-eating, cioè abbuffate di cibo non seguite da pratiche di eliminazione come con la bulimia. L’aggravarsi dei disturbi alimentari durante il lockdown ha un’origine post-traumatica. La privazione dagli amici, l’impossibilità di alcuni riti specifici, l’impossibilità di fare sport che accresce la paura di ingrassare, le difficoltà economiche delle famiglie, il peggioramento di relazioni già difficili con i genitori, sono espressioni di un disagio. La paura del cibo è paura nel mondo. Ad esser maggiormente colpiti dai disturbi alimentari sono i giovanissimi, ma anche gli adulti ne soffrono, alcuni col tempo sono diventati bravi nel nasconderlo, ma col lockdown per tanti è stato difficile celarlo ai propri familiari. Il clima di paura vissuto dall’adulto, dalla famiglia, avvertito anche nelle telefonate e videochiamate tra i familiari, unitamente alle tante preoccupazioni per la salute e per il lavoro, hanno sottoposto molti ad uno stress continuo e a tratti insostenibile. Il cibo in questo periodo l’ha fatta da padrona in molte famiglie ed ha assunto un nuovo peso nelle nostre giornate. C’è chi ne ha riscoperto il valore e la bellezza di prepararlo per sé e per gli altri, ma anche chi ha dovuto fare i conti con il fondo da toccare a causa del cibo: rifiutandolo o avvertendo l’acuirsi dei disturbi alimentari, chi ne ha fatto un valore troppo aggiunto o ponendosi la domanda “mi andrà tutto stretto dopo?” Insomma, abbiamo scoperto il cibo e tutto quello ad esso collegato, che talvolta ha ripercussioni sociali e psicologiche.

E’ possibile però chiedere aiuto quando ci si rende conto che si vive un disturbo alimentare o questo si sia acuito, è possibile consultare il sito www.disturbialimentarionline.it per una mappa delle strutture e delle associazioni più vicine. Nel frattempo ho voluto approfondire l’argomento alimentazione nelle sue sfaccettature con la biologa molecolare e nutrizionista specializzata in nutrizione umana e oncologica Giusy Colaps.

  1. Il cibo sta forse assumendo un nuovo peso nelle nostre giornate: dal #andràtuttostretto per chi si è dato alla cucina a chi vive l’esperienza di un disturbo alimentare

un periodo molto particolare, dove passiamo molto tempo con noi stessi e si amplificano le nostre angosce e insoddisfazioni. Sicuramente la casa per antonomasia è sinonimo di cibo, perché la maggior parte dei pasti li consumiamo a casa, come anche i pranzi di famiglia, i cenoni e quant’altro. Fin qui tutto bene, perché il rischio maggiore è di mettere qualche chilo in più, che successivamente con una buona volontà e tra una buona alimentazione e l’attività fisica si recupera il proprio peso forma. Ma il problema nasce nel momento in cui ci sono già delle difficoltà e, rimanendo rinchiusi in casa, si accentuano i pensieri e il frigorifero diventa “la via” più a portata di mano per compensare le forti emozioni. Personalmente, in questa situazione, consiglio di vedere il lato positivo: anche se si è costretti a vivere a tu per tu con i propri problemi, quasi da sentirsi schiacciati, “rincorsi” per casa, consiglio di fermarsi e affrontarli. Come? Rivolgendosi a degli specialisti, per vivere al meglio la “convivenza forzata”, e intraprendere un percorso-psico-nutrizionale, senza aspettare che le cattive abitudini si cronicizzino.

  1. Quando è tempo di rivolgersi ad uno specialista: quali sono i campanelli d’allarme?

Di campanelli d’allarme ce ne sono un bel po’ e prima si sentono, minore è il rischio di incappare in danni gravi per l’organismo o, addirittura, salvare la vita di chi ne soffre. Quindi occorre fare attenzione ad ogni minimo campanello d’allarme per non compromettere la qualità della vita. Quali sono? Per esempio la paura di mettere peso, un calo o un incremento esagerato del proprio peso, difficoltà a mangiare con gli altri, paura di non riuscire a rispettare sempre le proprie abitudini rigide, eccessiva attività fisica solo con lo scopo di bruciare le calorie ingerite. Diciamo che ce ne sono un bel po’, ovviamente vanno considerati alla luce della storia della persona. Il problema principale è che i disturbi dell’alimentazione sono subdoli, perché chi ne soffre tende a nasconderli e non ne ha piena consapevolezza.

  1. Quali sono i consigli per un’alimentazione sana in tempo di pandemia?

La pandemia ha cambiato molto le nostre abitudini alimentari, basta pensare che prima si aveva pochissimo tempo per preparare un pasto e, per rifocillarsi, spesso, si consumavano pasti frugali e confezionati. Oggi, invece, si ha molto più tempo e bisogna utilizzarlo al meglio. Prima ci si lamentava che non c’era tempo, ora non ci sono scuse e possiamo migliorare le nostre abitudini. Un consiglio che posso suggerire, oltre a dedicarsi ai propri hobby compatibili con la “clausura”, è di dedicare tempo alla prima colazione e, se in casa abitano più persone, farla tutti insieme per condividere questo importante pasto della giornata. Bisogna aumentare il consumo degli alimenti indispensabili alla nostra dieta, come per esempio vegetali, frutta, cereali integrali e legumi, che a volte, per motivi di tempo non si preparano spesso. Se cucinare ti rilassa ed è il tuo hobby preferito, ti consiglio di preparare pietanze con pochi grassi e poco sale e di sperimentare nuove ricette con ingredienti leggeri e salutari. Insomma, questo periodo va visto come un modo per resettare le cattive abitudini e introdurne delle nuove e più salutari, e con l’aiuto degli specialisti, nutrizionista e psicologo, sarà più semplice adattarsi al nuovo stile alimentare.  CARPE DIEM!

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , ,

Educare i bambini alle emozioni. Un cartone animato “Inside out” può aiutarci

Essere genitori, che fatica! Esserlo in questo periodo tanto incerto e complesso, che pone gli adulti ad una dura prova di vita, lo è ancora di più. Ma nel complesso mondo che viviamo ci sono anche loro, i bambini. La sfida è educare alle emozioni. Solo aiutando i più piccoli, li prepareremo a gestire correttamente la propria emotività, usufruendo di quel bagaglio interiore necessario per vivere meglio e per relazionarsi con gli altri in modo equilibrato e sereno. Spetta agli adulti: genitori, nonni, adulti di riferimento fornirgli la base per sottrarli all’analfabetismo emotivo che in molti casi diventa base di comportamenti dannosi. Educare alle emozioni dovrebbe essere un impegno che dovrebbe iniziare fin dai primi istanti di vita del neonato per proseguire e svilupparsi durante l’età evolutiva. Ma, spesso dimentichiamo che le emozioni che viviamo di riflesso le vivano anche i bambini, ci voleva una pandemia mondiale per farci riscoprire le emozioni e farci notare che queste le vivono anche i più piccoli. Non ci vogliono i super poteri, per educare serve soprattutto saper ascoltare, riuscire a percepire lo stato emotivo del bambino, entrare nel suo “caos” interiore e saper fare chiarezza con decisione e autorità, ma anche con dolcezza. Mostrare rabbia o stanchezza, o addirittura mostrarsi confusi aggrava ancor di più la confusione del bambino. Mostrasi tranquilli, significa mostrare al bambino che mamma e papà sanno capirlo e placarlo. Un modo per capire il mondo delle emozioni dei bambini è il cartone animato “Inside out”, talvolta si rivela più comprensibile agli adulti che ai bambini. Riley, la protagonista nella sua testa ha cinque emozioni: gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto. Queste emozioni sono una sorta di gruppo di lavoro che prendono una serie di decisioni affinché la bambina sia in grado di affrontare le diverse sfide della vita. Niente di diverso da quello che ci accade continuamente, ecco perché “Inside out” potrebbe essere uno spunto per i grandi e un modo per divertirsi e capire insieme anche ai più piccoli. Cosa fa capire realmente il cartone?

Non è possibile far finta di provare emozioni nella presa di decisioni. Le emozioni sono alla base delle buone decisioni, una sorta di filtro che ci aiutano a scegliere le opportunità meno dannose. Infatti, le emozioni non devono tacere ma dobbiamo imparare ad ascoltarle, connettendoci con il nostro mondo emotivo, ascoltando anche la pancia, molte delle cose che si sentono partono da lì e poi investono cuore e testa. Chiedersi perché il proprio bambino si comporta in un certo modo, significa connettersi con la propria “parte bambina”.

I ricordi cambiano la loro traccia emotiva con il tempo. La memoria, come anche il cartone lo ricorda, è un processo sempre attivo ed in continua evoluzione. Quindi quello che si ricorda oggi non è uguale a quello che si ricorda domani. Le emozioni che proviamo cambiano il modo in cui guardiamo gli eventi che ci sono accaduti e quindi cambiano i nostri ricordi. Non è raro avere ricordi felici della propria infanzia, ma talvolta la mente ripensa ad episodi che generano nostalgia o tristezza, come anche episodi tristi per un bambino che da adulto ripensando al perché, prova allegria. Quello che accade è che ricordando non riusciamo a separarlo dalla persona che siamo oggi. Cambiamento che inevitabilmente trasforma i nostri ricordi.

Potenziare le emozioni positive perché sono in svantaggio. Il cartone mette in risalto le cinque principali emozioni ma vi sono anche quelle “secondarie”: disprezzo, frustrazione, eccitazione, imbarazzo e sorpresa. Istintivamente attiviamo quelle negative perché accadono frequentemente e sono in numero maggiore di quelle positive, perché siamo tarati per metterci al sicuro, ecco perché si attivano quelle negativi, per istinto anche di protezione dal pericolo, mentre i segnali positivi possono essere meno intensi.

Ad un certo punto del cartone si parla di “spazzatura mentale” notando come i ricordi sbiaditi vengono cancellati. Quindi è importante fare una check list delle emozioni: quello che ci piace, quello che ci fa stare bene, di ciò che abbiamo bisogno. Non lasciamole andare a causa delle routine frenetica. Infine, il cartone ci ricorda come tutte le emozioni son necessarie e non dobbiamo allontanarle o negarle: tutte hanno un messaggio da trasmetterci. Se impariamo ad accettare tutte le nostre emozioni, riconoscendole, sapremo rispondere meglio a quanto i più piccoli sentono, diventando maggiormente empatici e capiremo così le conseguenze delle nostre e delle loro azioni.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , , , ,

Il sociale invisibile: le comunità e l’operato assistenziale al tempo del Covid-19

untitledNei giorni che hanno segnato il mondo e le vite, così sospesi in un flusso digitale quasi ininterrotto, in cui abbiamo cercato di mantenere un equilibrio tra il bisogno di comprendere ed il seguire il naturale corso degli eventi, cercando di sottrarci al marasma di informazioni, analisi e dati statistici. Un mondo però andava avanti con operai, cassieri, impiegati, sanitari e operatori sociali che continuavano a lavorare instancabilmente consapevoli di essere il motore pulsante di un Paese che andava avanti e che avrebbe dovuto ripartire e ricominciare nel post covid. Il sociale è uno dei settori che in questo surreale ed improvviso periodo non si è mai fermato, anzi, è stato uno dei tasselli fondamentali del puzzle di vita dell’emergenza epidemiologica. Il lockdown ha acuito molti bisogni, accentuato la forbice di disparità sociale, aumentato la povertà in ogni sua forma: da quella economica a quella educativa, la violenza domestica e familiare è aumentata, e molti assistenti sociali e psicologi si sono ritrovati in piena emergenza. L’emergenza nell’emergenza. In questo periodo le comunità per minori, le comunità psichiatriche, i servizi per i disabili, l’educativa di strada, l’assistenza ai senza fissa dimora, le residenze per anziani hanno continuato ad operare a pieno regime, mentre i servizi di assistenza domiciliare hanno riconvertito la loro funzione in un senso maggiormente assistenziale come pure per l’assistenza scolastica. Gli operatori ed i professionisti del sociale non si sono tirati indietro anche perché nascono nel motto del “fare con quello che c’è”. La volontà, quella non è mai mancata, non si sono mai tirati indietro, lavorando anche in un momento alquanto difficile: perché le paure sono di tutti. Uomini e donne, professionisti del sociale e del mondo sanitario che in questa emergenza sanitaria e sociale hanno mostrato umanità e competenza, senso del dovere e abnegazione, eppure per molto tempo hanno incarnato nell’immaginario comune e politico l’ultimo baluardo e martire del defunto welfare italiano. Eppure se non ci fosse stato il cuore delle comunità educative, delle case famiglia, delle residenze per anziani, questi ospiti che fine avrebbero fatto? L’hastag #iorestoacasa valeva anche per loro. Ma c’era chi un a casa non ce l’aveva e chi, pur avendola, non viveva con la propria famiglia: i bambini, i ragazzi, gli anziani che vivono in comunità ospitanti. Le comunità sono un servizio residenziale e non può sospendere le sue attività, non può allontanare nessuno per “sicurezza” perché proprio per la loro “sicurezza e protezione” sono stati accolti, allontanati da  famiglie maltrattanti e abusanti, o per gli adulti da contesti di abbandono e solitudine.
La comunità resta aperta per 24 ore, non può fare orario ridotto e anzi durante l’emergenza epidemiologica, più che mai, con il tempo dilatato, i giorni della settimana non hanno più avuto confine: mancava la routine, le abitudini, la scuola, lo sport che sono parte del lavoro educativo. Un lavoro che ha richiesto di essere reinventato. Gli operatori hanno trascorso il loro tempo con gli ospiti delle strutture, cercando di rendere il tempo ormai dilatato ricco di esperienze diversificate. Un lavoro che è passato in secondo piano, quasi nessuno se ne è ricordato, eppure si tratta di persone che ogni giorno combattevano con la paura umana e comprensibile, e spesso combattono con turni lunghi, cambi improvvisi, un lavoro spesso sottopagato o a progetti a breve tempo, con Enti Locali spesso inadempienti economicamente e le comunità si ritrovano in affanno senza entrate. Uomini e donne di cui nessuno se ne è occupato eppure svolgevano il loro lavoro fondamentale, molto spesso. Persone che hanno dovuto comunque gestire lo stress di questo periodo. Dinanzi a loro la paura personale, la paura familiare e quella dei loro ospiti, a cui hanno dovuto cercare di dare amore ed empatia, perché alla sera quegli ospiti non tornavano a casa, nel proprio ambiente di vita, che talvolta coccola e appaca, e per loro il destino è stato già alquanto difficoltoso e di certo un’emergenza epidemiologica ha acuito ancor di più le mancanze e le difficoltà della vita. Forse in questa nuova fase della vita che ha riallacciato le cinture dovremmo ricordarci di molte cose che hanno reso migliore un mondo segnato.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,

La pandemia ci ha reso persone migliori?

untitled 2I nostri giorni hanno preso una piega inaspettata. Solo tre mesi fa il mondo conosceva da vicino una pandemia che ha distrutto vite e confinato tutti dentro un cubo ribattezzato lockdown. L’allentamento delle misure ha consentito al mondo di riprendere parte del suo ritmo e alle nostre vite di ritornare ad una normalità che ha subito non pochi mutamenti con cautela e timore. In questi mesi di confinamento domestico ci hanno incoraggiato definendoci pazienti e bravi nel rispetto di quanto ci veniva detto, che questo momento che ha segnato profondamente l’umanità ci  avrebbe reso persone migliori, dove la bontà e la solidarietà avrebbero fatto da padrona in un mondo troppo preso. Eppure non mi sembra che sia un processo automatico. Non mi pare che il dolore possa dettare un semplice processo di miglioramento individuale e collettivo, e non è ben definito come l’essere umano riesca ad auto-migliorarsi. Questo periodo ha vissuto parallelamente due vite opposte. La convivenza forzata ha aumentato il numero delle vittime di violenza in famiglia. I più piccoli sono stati costretti a spazi angusti. Sono aumentate le disuguaglianze sociali, abitative e culturali tra i bambini. La vita degli adolescenti è stata una socialità digitale senza la possibilità di incontrarsi. L’istruzione a distanza ha funzionato a macchia di leopardo ed in modo molto disuguale. I professionisti che hanno continuato a lavorare e ad assicurare la loro presenza ricorderanno questo periodo come un grande stress ed una fatica fisica e psicologica. I medici come di una lotta durissima, di turni massacranti, di morti difficilmente arginabili, di paure e di angosce. E poi c’è l’altra vita quella altruistica e generosa, fatta di donazioni, lavoro di squadra, un mondo che si è riscoperto volontario, costruendo una rete di protezione e di sopravvivenza per le fasce deboli. Di certo è che di fronte a noi abbiamo mesi ed anni di radicali novità. Mutamenti che per quanto possano inizialmente affascinare perché qualcosa di nuovo richiedono una risposta adattiva. Le nostre comunità devono iniziare a cambiare per adattarsi e per farlo necessitano di uno sforzo cooperativo che richiede la partecipazione di tutti, ognuno per la propria parte. E se ci fermiamo a pensare “ci ha reso migliori”, la risposta è forse “non lo so”, ci ha obbligato a fare cose a cui non eravamo abituati, come lo stare in casa, condividere momenti sparsi con i nostri familiari. Ma non è detto che questo diventi necessariamente essere migliori. E se la vita qualcosa ci ha insegnato sino ad oggi è che un essere umano cambia non sulla base di una spinta esterna, ma sulla base delle sue motivazioni interiori. Vi starete chiedendo “e allora tutti gli slogan incoraggianti?” Quelli sono auspici che bisogna far credere ai bambini che a differenza degli adulti hanno anche il potere della fantasia che li porta lontano, ma l’essere umano razionale e maturo non riesce a credere a queste cose. L’essere umano si è scontrato con la realtà fatta di morti e di notizie che di giorno in giorno ci spegnevano umanamente e psicologicamente con l’impatto di un mondo in piena sofferenza. Allora resta da chiederci ma oltre al pane in casa cosa abbiamo imparato da questa vicenda?

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

 

Contrassegnato da tag , , , , , , , , , , ,