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La pandemia cambia le tradizioni che restano patrimonio dell’intera umanità

La pandemia ha cambiato le vite, il quotidiano, le abitudini di molti. Ha cancellato riti e tradizioni popolari, ha cambiato lo stile di vita dei cittadini. Ma c’è una cosa che abbiamo imparato più di tutte in questa lunga emergenza pandemica: la capacità di reinventarsi. Anche per questo le tradizioni non si cancellano. Cambiano, si modificano, si riscrivono e si riadattano, per conservare un inestimabile patrimonio per l’intera umanità. Forse in tempo di pandemia e di ristrettezze, tra le tante cose che abbiamo imparato a ri-apprezzare, c’è proprio quella di mantenere vivo il ricordo delle tradizioni: gesti, riti, omaggi, intenzioni di preghiera e intenzioni profane, che restano e si tramandano. Se un popolo non avesse delle tradizioni non esisterebbe e nessuno lo conoscerebbe, e il bello del mondo è proprio la varietà di usi e costumi. Tramandate – ancora di più in questo periodo disorientato e incerto ai  più giovani- da una generazione all’altra, sono una testimonianza viva di una cultura legata alla natura e alle stagioni, ai cicli della vita, ai riti e alla devozione religiosa. Senza alimentare nostalgie di un passato ormai trascorso, si alimenta il ricordo delle tradizioni e di semplici e genuini valori, elemento vitale per lo sviluppo della nostra società. Quando un paese perde il contatto col suo passato, con le sue radici, quando perde l’orgoglio della sua storia, della sua cultura e della sua lingua, peggiora rapidamente, smette di pensare, di creare e sparisce. In tempo di pandemia, dove l’esigenza di molti è aggrapparsi a qualcosa, le tradizioni da sempre ponte tra il passato ed il futuro, non possono che essere un valido supporto, riportando e riadattando alle restrizioni gesti e rituali, talvolta anche culinari, per insegnare anche alle nuove generazioni la speranza del futuro sulla base del passato. Certo, dimentichiamoci bande, processioni, struscio tipico tra le strade cittadine, ma riportiamo nelle case e nelle vite gesti semplici ed umili: le lenzuola migliori da stendere al passaggio della Vergine, che quest’anno proviamo ad immaginare, calandoci con trasporto e fede in un momento che sembrava rituale ma anche suggestivo di anno in anno; riportiamo per quanto possibile in tavola i sapori del menù di tradizione; accendiamo una candela e ritagliamoci un momento di riflessione – che si creda o meno-, con questo gesto aiutiamo anche i più giovani a riflettere con sé stessi, in un momento che è divenuto complicato e ristrettivo anche e soprattutto per loro. Forse sarà una rivisitazione di gesti e rituali tipici e forse anche meccanici che probabilmente ci aiuteranno a riscoprire il vero valore di una festa e di una tradizione. E’ proprio quando qualcuno và via, che si sente davvero la sua mancanza. Ed è proprio quando ci sono dei divieti, delle limitazioni, delle regole da rispettare anche per la salvaguardia della salute di tutti, che si riscopre il valore di ciò che non si ha più. Riscoprendo le tradizioni, ci si può rendere conto come queste siano un patrimonio importantissimo per l’intera umanità. Il fatto che si parli di “valore” positivo delle tradizioni non significa doverle vedere come un bene a tutti i costi. Ma, con voi, vorrei affrontare qualche riflessione sugli effetti positivi delle tradizioni che quindi si collocano come patrimonio per l’umanità. Anzitutto, la memoria. È grazie alla memoria che può quindi esistere la stessa tradizione e di conseguenza tanta varietà di cibi, costumi, danze e altri elementi che rendono il mondo interessante. Una sorta di interconnessione. Si  “sostengono” l’una con l’altra, perché allo stesso tempo la tradizione è importante per la memoria: si tratta infatti di un meccanismo che consente di conservarla in un modo unico e particolare. Tradizione è sinonimo di turismo e di scoperta di luoghi, posti, culture, modi di vivere, dialetti, di gente, di confronto. La tradizione è occasione speciale, rompe gli schemi della routine e della vita frenetica, per irrompere in un momento unico, passeggero, che trasporta, che insegna e riscopre, talvolta è momento di incontro e di condivisione con gli altri. Grazie alle tradizioni il mondo può essere vario e interessante: musiche, balli, cucine tipiche, capi d’abbigliamento, pensieri, religioni diverse, architetture e simboli. Le tradizioni sono, le nostre radici. Siamo noi, il nostro sangue, la nostra cultura, la nostra identità, il nostro mondo. Un popolo senza tradizioni è un popolo privo di anima.

Igor Stravinsky scriveva.“Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente.”

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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“L’africano”, Giffoni Film Festival lascia ai giovani il testimone delle tradizioni locali

20180725_111256.jpgL’hanno ribattezzata “Pagani città di Santi, Artisti e Mercanti”, nel suo ventre, il piccolo comune del salernitano, conserva storia, tradizioni, riti e miti che il tempo non ha cancellato bensì scalfito. I vicoli, intatti, sanno di storia e di unione: “o vicino è ‘mmiezo parente”, rapporti umani e fedeli che si tramandano. Fede che và a braccetto con tradizione, giovani che nascono nel solco di antiche tradizioni, una su tutte la festa della Madonna delle Galline, un vero rito che abbraccia tra fede e momenti civili un’intera comunità la prima domenica in albis, per tre giorni Pagani sa di tagliolino al sugo e carciofi arrostiti, di preghiere ed incenso, di vie che si affollano, si riempiono di vita e di devozione. Alla tavola del paganese c’è sempre un posto, per chiunque, per vivere insieme una festa sentita, vera, mai banale, che si rinnova. Identità scolpita e scalfita da lui, Franco Tiano. Nei toselli, c’è la vera anima della festa e lui ne è l’ideatore e l’anima che nonostante la sua scomparsa, si ricorda con cuore colmo di affetto ed una mancanza che si percepisce e si sente. Una festa che non perde l’anima sacra e viscerale, lasciata anche da Franco Tiano e trasformata in una cosa ancor più grande. Si intitola “L’Africano” il tratto umano, personale, storico, emozionante dedicato a Franco Tiano, nato dalla regia di Laura Mandolesi Ferrini, giornalista Rai e regista appassionata, che firma il mediometraggio, un film documentario, proiettato fuori concorso al Giffoni Film Festival, la grande astronave del cinema giovanile. Occhi puntati sullo schermo, assorti, rapiti, incuriositi, ero in sala e guardandomi in torno vedevo una generazioni di ragazzini provenienti da ogni parte d’Italia abbandonare il cellulare, i post, i like per immergersi nei vicoli della storia paganese, cercando di capire questo uomo che ha segnato una festa. Il tratto di un uomo di comunità, che da questo centro del salernitano è partito ed è stato compagno di tournè e di avventure è raccontato dalla voce di Isa Danieli, Peppe Barra, Teresa De Sio assieme a Marcello Colasurdo, Eugenio Bennato, Pietra Montecorvino e Cristina Donadio, tratteggiano la personalità umana ed artistica di Franco Tiano, che dal palco alla vita reale era vero, originale, sincero, non perdeva occasione per ricordare, raccontare la “sua Pagani”. Uomo che credeva nei rapporti, al giornalista Alfonso Tramontano Guerritore, che nel post visione del docu-film, racconta che Tiano gli disse che qualsiasi conflitto d’amore o d’amicizia, di odio o di bene si risolve danzando. Occhi negli occhi. Confronto fisico di movenze. Lo chiamavano “L’Africano”, per la carnagione olivastra, artista poliedrico, uomo mistico e pittoresco, persona influente della comunità paganese e più in generale della cultura popolare meridionale del secolo scorso, Franco Tiano ha lasciato un’impronta fortissima della sua figura sulla popolazione locale e su altri rappresentanti del panorama culturale partenopeo moderno, perfettamente descritta nel documentario che racconta la figura complessa ed articolata di Franco Tiano. Un excursus dagli anni settanta ai primi anni 2000, ricoprendo gli studi antropologici ed etnografi realizzati sul mondo delle tradizioni e culture popolari. Immagini di repertorio, tratteggiano il ricordo di Tiano. “Il sangue cammina, non è acqua. Le tradizioni, i patrimoni vanno trasmessi”, racconta una delle voci che tratteggia Tiano e la festa paganese, e non posso che condividere. Ognuno di noi ha bisogno di capire, di trovare le proprie origini e quando nasci nei fazzoletti di terra del Sud, che hanno bellezza, storia, tradizioni, non puoi fare altro che capirle dal di dentro, perché raccontano l’identità delle tue origini. I giovani hanno bisogno di testimoni e se uno di questi si chiama Franco Tiano, lì potranno attingere umanità, ironia, vero legame alle proprie origini, alla propria storia, che si vive e si trasmette anche grazie alle feste popolari, che vanno oltre i social, perché restano così vere anche attualizzandole ai moderni canali sociali, perché la festa “signora del Carmelo” ha tutti gli elementi di educativi . La conoscenza delle proprie radici culturali e del proprio territorio è fondamentale per il processo formativo, perché amplia le conoscenze e gli stimoli per confronti culturali e sociali oggi più che mai attuali. . I festeggiamenti in onore della Vergine del Carmelo è una delle più alte rappresentazioni della cultura popolare, la festa può essere vissuta e raccontata in molti elementi naturali e antropologici, che coinvolgono i cinque sensi, con sensazioni e stati d’animo in continuo mutamento. I profumi del cibo accompagnano per ore ed i più piccoli si affascinano ai nuovi sapori, che conserveranno il ricordo dell’associazione odori-sapori sino all’anno successivo. Un insieme di colori: dal rosso del pomodoro, al giallo dei tagliolini, passando per il verde dei carciofi, che i bambini mescolano ed associano alla festa. La tammurriata, ballo popolare paganese viene tramandato da generazioni, accompagnato dal suono della tammorra, delle nacchere, del patipù e del triccheballacche. Il ritmo musicale è importante nella crescita di un individuo. Con la danza si ha una cooperazione organizzata delle facoltà mentali, emotivi e corporee che si traduce in azioni, la cui esperienza è della massima importanza per lo sviluppo della coordinazione, dell’armonia e anche della personalità. Il canto popolare si sviluppa in una melodia inizialmente imparata: passando di bocca in bocca questa può cambiare, mutando parole e anche melodia. Avvicinare i più piccoli ed i ragazzi al linguaggio poetico popolare favorisce il confronto con il vissuto interiore e con le potenziali capacità fantastiche e creative che ogni persona possiede. Dal cibo alla musica, tutto è magia in onore della Vergine del Carmelo ed attrae i bambini che ne usciranno arricchiti ed entusiasti. Non resta che vivere questa festa con i più piccoli per rivivere insieme a loro la magia dell’incontro con il passato, che rivive nel presente ed è destinato al futuro donandogli un’aurea di gioiosa sacralità nel solco tracciato da Franco Tiano.

E sono certa che dopo la visione del docu-film in molti emozionati ed entusiasti vivranno e si avvicineranno alla festa con più affetto, mentre, più giovani dopo Giffoni Film Festival arriveranno a Pagani per viverla dal di dentro la festa per riscoprire il piacere di qualcosa che tramanda storia e veridicità.

Le radici non vanno perse, non perdiamole, nel frattempo non le hanno perse il giornalista, firma de “Il Mattino” Aldo Padovano, Luca Tiano, l’associazione “Ambress….Am..press” di Santino Desiderio che tra l’altro ha curato le musiche, da Brigida Civale e Gerardo Ferraioli. La regista Laura Mandolesi Ferrini, il fotografo Gaetano Del Mauro che insieme a Emiliano Checchero, helene Schelfout ed Eva Stanzione, firmano le riprese; il montaggio di Roberto Mencherini; il mixaggio audio di Alessandro D’Aniello; le musiche di Giuseppe Desiderio, Sharon Viola e Alessandro D’Aniello. Una squadra che ha dato vita alla memoria che appartiene a tutti noi.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Pagani, torna la Festa della Madonna delle Galline: storia, curiosità, aneddoti. (Gli elementi educativi della festa)

IMG_0217Nel sole tiepido di primavera, tra i fiori di pesco, nella città di Pagani (Salerno) spira il vento della tradizione, che sa di festa e di popolarità. Processioni, canti, balli e gastronomia, si sposano in un perfetto connubio che in un rito ormai consolidato ma mai noioso, si vive nell’ottava di Pasqua nella cittadina dell’agro nocerino sarnese, celebrando e vivendo un vero e proprio rito collettivo, che si tramanda di generazione in generazione, con semplicità e convivialità, lasciando di anno in anno nel solco della fede senza fiato i tanti fedeli: la festa della Madonna del Carmelo, detta delle Galline. Giorni magici scanditi da riti antichi e storici, ma mai banali, leggende che raccontano un popolo e la sua storia, odori e sapori che si riscoprono. Giorni intensi che iniziano il venerdì in albis con l’apertura suggestiva e sentita delle porte del Santuario, che sanciscono il legame di fede che la città del Santo Patrono Sant’Alfonso ha con la Vergine del Carmelo, per concludersi la domenica con la processione che abbraccia la città: dal centro alla periferia, sino a notte, mentre nell’aria l’odore dei carciofi si fa largo, ed il ritmo delle nacchere e delle tammorre accompagna la fede paganese. Da venerdì 06 aprile a domenica 08 aprile, a Pagani, si festeggerà l’edizione 2018 della tanto amata Festa della Madonna delle Galline ed il mio occhio da assistente sociale, cade sugli elementi sociali ed educativi che questa festa porta con sé. Le feste popolari hanno nel loro animo educazione ed importanza sociale rilevante ed è proprio su questo che vorrei soffermarmi. La conoscenza delle proprie radici culturali e del proprio territorio è ritenuto fondamentale in molti programmi di studio della provincia, un elemento importante per il processo formativo, che amplia le conoscenze e gli stimoli per confronti culturali e sociali oggi più che mai attuali. I festeggiamenti in onore della Vergine del Carmelo è una delle più alte rappresentazioni della cultura popolare, la festa può essere vissuta e raccontata in molti elementi naturali e antropologici, che coinvolgono i cinque sensi, con sensazioni e stati d’animo in continuo mutamento. I profumi del cibo accompagnano per ore ed i più piccoli si affascinano ai nuovi sapori, che conserveranno il ricordo dell’associazione odori-sapori sino all’anno successivo. Un insieme di colori: dal rosso del pomodoro, al giallo dei tagliolini, passando per il verde dei carciofi, che i bambini mescolano ed associano alla festa. La tammurriata, ballo popolare paganese viene tramandato da generazioni, accompagnato dal suono della tammorra, delle nacchere, del patipù e del triccheballacche. Il ritmo musicale è importante nella crescita di un individuo. Con la danza si ha una cooperazione organizzata delle facoltà mentali, emotivi e corporee che si traduce in azioni, la cui esperienza è della massima importanza per lo sviluppo della coordinazione, dell’armonia e anche della personalità. Il canto popolare si sviluppa in una melodia inizialmente imparata: passando di bocca in bocca questa può cambiare, mutando parole e anche melodia. Non un autore unico, ma una creazione collettiva, diventando popolare proprio perché condivisa nella sua modifica. In questo modo non esisterà un’unica versione originale ma tante varianti diverse. Avvicinare i più piccoli ed i ragazzi al linguaggio poetico popolare favorisce il confronto con il vissuto interiore e con le potenziali capacità fantastiche e creative che ogni persona possiede. Dal cibo alla musica, tutto è magia in onore della Vergine del Carmelo ed attrae i bambini che ne usciranno arricchiti ed entusiasti. Non resta che vivere questa festa con i più piccoli per rivivere insieme a loro la magia dell’incontro con il passato, che rivive nel presente ed è destinato al futuro donandogli un’aurea di gioiosa sacralità.

(Articolo pubblicato per il mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

 

 

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