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Duplice suicidio nel salernitano, gli aspetti sociali e psicologici della vicenda

untitled 2Trova la figlia morta e si lancia nel vuoto. La tragedia in un mattino di fine agosto sconvolge e lascia sotto shock la città di Pagani, in provincia di Salerno. Sono morte a distanza di poche ore mamma e figlia, unite da un dolore comune, legate anche dal dramma di un gesto estremo: all’alba di ieri un’ex infermiera della cittadina salernitana si è lanciata dal terzo piano della sua abitazione del centro storico della città, dopo aver rinvenuto il corpo della figlia, ventiseienne, priva di vita nel suo letto. Una storia familiare dolorosa, fatta di malesseri e stati depressivi, difficoltà che si acuivano mentre il malessere interiore logorava le loro vite, chiuse nell’estrema riservatezza. Pochi mesi fa, si racconta, c’era stato un altro episodio: atti di autolesionismo a cui fece seguito un intervento tempestivo. Madre e figlia, insieme, in un legame indissolubile, stessa strada nella cura come nella morte. Insieme nel viaggio tempestoso e problematico della vita ed insieme anche nella morte. I racconti umani delineano il profilo di due donne discrete, educate, composte, chiuse nella loro riservatezza e nel percorso di rinascita della vita che le ha viste unite anche nel tragico gesto , del fine vita. Oltre la cronaca, oggi però si punta il dito sui professionisti che da tempo seguivano le donne: erano in carico ai Servizi Sociali Comunali e al Dipartimento di Salute Mentale, professionisti che hanno fatto tutto quanto in loro potere per tentare di offrire soluzioni e sostegno. Non entrerò negli aspetti procedurali o nel singolo episodio, ma è giusto far chiarezza anche sotto gli aspetti professionali che vengono messi in discussione in queste ore e nell’immediato accaduto di episodi simili. Quando, gli organi di stampa, riportano la dicitura “erano seguiti dagli assistenti sociali”, si pensa a dei servizi latenti o assenteisti. L’immagine che si configura è quella di una lotta tra l’opinione pubblica e gli operatori sociali, nemici e rivali, il cui oggetto del contendere è una storia che merita rispetto ed una morte che merita la sua privacy anche nell’ultimo drammatico atto della vita. Voglio fare alcune riflessioni di carattere generale. La versione dei fatti che si mormora è ovviamente unilaterale, si ferma al chiacchiericcio di strada. Gli operatori sociali, gli esperti del settore socio-sanitario e i magistrati non possono replicare perché, altrimenti rivelerebbero notizie del fascicolo di soggetti in carico, notizie davvero delicate, talvolta drammatiche, e comunque destinate solo ai canali istituzionali. Per cui non aspettatevi l’assistente sociale nel salotto televisivo che replica o una smentita ad una notizia, perché sarebbe deontologicamente scorretto. Mentre, si racconta di aver fatto poco o di averlo fatto male, nessun operatore sociale potrà replicare, difendere il proprio operato, perché si tratta di un lavoro umanamente bello ma alquanto complesso e difficile, perché non è facile seguire le vite contorte, difficoltose, arrovelliate, di chi attraversa un momento di vita non facile, difficile è poi intraprendere un cammino con il proprio utente, che serba timori, paure, perplessità ed ha soprattutto i suoi tempi per fidarsi, aprirsi e vedere l’assistente sociale come “l’estraneo di fiducia”. Esiste poi una tutela legislativa alla riservatezza dei fatti, alla quale nessun operatore socio-sanitario può sottrarsi. Come si vede, i problemi sono molti e di notevole spessore, che restano in bilico con la tentazione di assecondare la curiosità e l’emotività dell’opinione pubblica. Non solo un aspetto sociale ma anche psicologico delinea la vicenda, è così che ho deciso, credendo fortemente e fermamente nell’integrazione professionale e nel lavoro d’equipe di consultare un’abilitanta in psicologia, laureata in psicologia cognitiva, con esperienze di tirocinio al Dipartimento di Salute Mentale di Nocera Inferiore, la dottoressa Verdiana Abitudine con la quale ho cercato di approfondire la tematica del suicidio e gli aspetti psicologici correlati.

1. Dottoressa il caso del duplice suicidio di Pagani ha scosso l’intera comunità che incredula si chiede come sia potuto succedere. Cosa scatta nella psiche umana, perché si arriva a pensare e a compiere il suicidio?

Il suicidio viene considerato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) la seconda causa di morte in Italia dopo gli incidenti stradali, e nel mondo oltre 800.000 persone all’ anno muoiono per la medesima causa. Sono casi che destano sempre tanto sgomento e la prima domanda che ci si pone è : “perchè lo ha fatto?”. Ebbene è sempre un compito difficoltoso rispondere con esattezza a questa domanda, perchè ogni caso è a sè e dietro ognuno si celano le più svariate motivazioni: che sia la presenza di un nucleo depressivo, ansioso, un disturbo psicotico, una sofferenza che attanaglia la propria vita, un periodo di marcata vulnerabilità psicologica; insomma, anche se la motivazione è differente da caso a caso c’è comunque un fattore che accomuna tutte queste tristi vicende ovvero uno stato di “disperazione”, per cui il suicidio viene delineato come l’unica via di fuga da un’ insostenibile situazione dolorosa, un problema apparentemente irrisolvibile che chiude le finestre del futuro e non lascia entrare alcuno spiraglio di luce; infatti non è la situazione in sè ad essere così grave quanto l’importanza che gli si attribuisce. Per questo motivo il tentativo di effettuare a posteriori un’autopsia psicologica potrà fornirci un quadro solo parzialmente adeguato, salvo qualche minima percentuale di casi in cui al gesto siano precedute minacce o risultino pervenute le motivazioni del suicida stesso attraverso lettere o altri strumenti.

2. Sappiamo che le due donne erano seguite dal Dipartimento di Salute Mentale, l’opinione pubblica spesso si chiede come possa accadere un evento del genere quando si è seguiti da dei professionisti, ci può spiegare meglio lei?

Il gesto suicidario non è mai prevedibile e forse nei rari casi in cui ci si trova di fronte a palesi minacce di suicidio, si tratta di semplici “tentativi” inscenati sottoforma di richiesta di aiuto e ricerca di attenzioni, nei quali casi possiamo trovare ancora nell’individuo la speranza di un miglioramento, un voler vedere dopo cosa succede, cosa cambia. Nel caso specifico la ragazza era seguita dal DSM, ma non sempre le vittime hanno il coraggio di chiedere aiuto e rivolgersi a figure professionali con le quali intraprendere specifici percorsi. Molteplici, infatti, sono i casi di impensabili vittime, anche giovani, che non hanno dato pregressi allarmi di ritiro sociale, di richiesta di aiuto nemmeno in famiglia, di periodi difficili e che da un giorno all’altro lasciano oltre al dolore della loro perdita anche l’incredulità delle persone che “mai si sarebbero immaginati, proprio lui!”. Tutto questo per dire che il primo passo da compiere in assoluto è rivolgersi a psicologi e psicoterapeuti i quali, con appositi percorsi, sostengono i pazienti nelle loro vicissitudini quotidiane perchè, ci tengo a sottolinearlo, “NO, non è una vergogna rivolgersi ad uno psicologo”, non è sinonimo di debolezza e non si tratta di una stigmatizzazione! in terapia si può lavorare su sè stessi, eventualmente lottare contro istinti suicidi, mascherati e non, attraverso dei programmi di rafforzamento delle proprie risorse personali, delle proprie capacità di fronteggiare gli stressors della vita, di aumentare la propria resilienza ma si tratta di processi che richiedono tempo, costanza e determinazione oltre che un precoce intervento.
3. Normalmente qual è il percorso che segue una persona in carico al DSM?

I dipartimenti di salute mentale offrono percorsi di sostegno di vari approcci a seconda delle esigenze dell’utenza, con equipe multidisciplinare che si avvale dell’uso di strumenti testistici per l’inquadramento approfondito del paziente in modo da proporre interventi personalizzati presso psicoterapeuti o, eventualmente, terapie farmacologiche con psichiatri. Inoltre l’equipe infermieristica provvede alla continuità della terapia farmacologica sia in loco che domiciliare per garantire a coloro che sono impossibilitati le cure prescritte.

4. Nel caso specifico, la madre pare abbia rinvenuto il cadavere della figlia suicida, dopodiché ha deciso di togliersi anche lei la vita. Spesso i genitori si trovano dinanzi la morte di un figlio, come è possibile sopravvivere ad uno choc del genere ed in che modo posso essere aiutati nell’elaborare il loro lutto?

Quando un individuo attua un suicidio crea un sistema luttuoso con ripercussioni sull’intera società e sui conoscenti della vittima. I genitori, ovviamente, vivono una situazione traumatica incomparabile rispetto a quella comune e difficilmente elaborabile, al punto da persistere anche oltre 12 mesi configurandosi come “lutto complicato” con connotazioni patologiche. L’esperienza è devastante per il genitore che perde il senso della sua esistenza e pertanto andrebbe tempestivamente programmato un intervento di sostegno per consentire l’elaborazione del lutto. Dunque non è semplice ma non deve essere impossibile il superamento di un episodio traumatico di questo genere, anche se nel caso specifico non conosciamo ancora dettagliatamente le dinamiche, mi verrebbe da dire che si tratti di un gesto impulsivo di una madre che vede scomparire per sempre la sua, forse, unica ragione di vita.

5. Il lutto di un suicidio colpisce anche il professionista che ha in cura il paziente, quali sono le principali reazioni dei professionisti al suicidio di un paziente?

Purtroppo la notizia del suicidio di un paziente ha sempre un’alta risonanza per lo psicologo come per l’intera società e si accompagna spesso a sensi di colpa, tristezza, rabbia oltre che un senso di fallimento che va ad inficiare l’autostima. Nel 90% dei casi i pazienti suicidi compiono il gesto nel momento in cui non si trovano più in terapia perchè hanno interrotto o terminato, ciò non esclude che sia improbabile che accada anche a chi continua il percorso terapeutico. Di certo non va sottovalutata la possibilità di programmi di sostegno o prevenzione terziaria rivolta ai sopravvissuti e quindi anche al terapeuta qualora ne avesse esigenza.

6. Per chi ha rinvenuto il cadavere della madre o ha visto il corpo in terra senza vita è senza dubbio un’esperienza difficile, cosa consiglia per chi ha assistito a quell’immagine?

Anche in questo caso stiamo parlando di un episodio altamente stressante, per quanto ognuno abbia una soglia di impressionabilità differente dalle altre, rinvenire un cadavere e trovarsi di fronte a scenari così forti mette a dura prova gli operatori i quali potrebbero manifestare, a venire, diverse risposte sintomatiche che andrebbero ridimensionate affinchè non causino compromissione in ambito socio-lavorativo, e anche in questo caso la soluzione che consiglio è rivolgersi a psicologi e psicoterapeuti in modo da condividere l’esperienza traumatica e risponderle in modo efficace.

Con la collaborazione di Verdiana Abitudine, dottoressa laureata in psicologia clinica

(Pubblicato sul mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)
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Pagani, torna la Festa della Madonna delle Galline: storia, curiosità, aneddoti. (Gli elementi educativi della festa)

IMG_0217Nel sole tiepido di primavera, tra i fiori di pesco, nella città di Pagani (Salerno) spira il vento della tradizione, che sa di festa e di popolarità. Processioni, canti, balli e gastronomia, si sposano in un perfetto connubio che in un rito ormai consolidato ma mai noioso, si vive nell’ottava di Pasqua nella cittadina dell’agro nocerino sarnese, celebrando e vivendo un vero e proprio rito collettivo, che si tramanda di generazione in generazione, con semplicità e convivialità, lasciando di anno in anno nel solco della fede senza fiato i tanti fedeli: la festa della Madonna del Carmelo, detta delle Galline. Giorni magici scanditi da riti antichi e storici, ma mai banali, leggende che raccontano un popolo e la sua storia, odori e sapori che si riscoprono. Giorni intensi che iniziano il venerdì in albis con l’apertura suggestiva e sentita delle porte del Santuario, che sanciscono il legame di fede che la città del Santo Patrono Sant’Alfonso ha con la Vergine del Carmelo, per concludersi la domenica con la processione che abbraccia la città: dal centro alla periferia, sino a notte, mentre nell’aria l’odore dei carciofi si fa largo, ed il ritmo delle nacchere e delle tammorre accompagna la fede paganese. Da venerdì 06 aprile a domenica 08 aprile, a Pagani, si festeggerà l’edizione 2018 della tanto amata Festa della Madonna delle Galline ed il mio occhio da assistente sociale, cade sugli elementi sociali ed educativi che questa festa porta con sé. Le feste popolari hanno nel loro animo educazione ed importanza sociale rilevante ed è proprio su questo che vorrei soffermarmi. La conoscenza delle proprie radici culturali e del proprio territorio è ritenuto fondamentale in molti programmi di studio della provincia, un elemento importante per il processo formativo, che amplia le conoscenze e gli stimoli per confronti culturali e sociali oggi più che mai attuali. I festeggiamenti in onore della Vergine del Carmelo è una delle più alte rappresentazioni della cultura popolare, la festa può essere vissuta e raccontata in molti elementi naturali e antropologici, che coinvolgono i cinque sensi, con sensazioni e stati d’animo in continuo mutamento. I profumi del cibo accompagnano per ore ed i più piccoli si affascinano ai nuovi sapori, che conserveranno il ricordo dell’associazione odori-sapori sino all’anno successivo. Un insieme di colori: dal rosso del pomodoro, al giallo dei tagliolini, passando per il verde dei carciofi, che i bambini mescolano ed associano alla festa. La tammurriata, ballo popolare paganese viene tramandato da generazioni, accompagnato dal suono della tammorra, delle nacchere, del patipù e del triccheballacche. Il ritmo musicale è importante nella crescita di un individuo. Con la danza si ha una cooperazione organizzata delle facoltà mentali, emotivi e corporee che si traduce in azioni, la cui esperienza è della massima importanza per lo sviluppo della coordinazione, dell’armonia e anche della personalità. Il canto popolare si sviluppa in una melodia inizialmente imparata: passando di bocca in bocca questa può cambiare, mutando parole e anche melodia. Non un autore unico, ma una creazione collettiva, diventando popolare proprio perché condivisa nella sua modifica. In questo modo non esisterà un’unica versione originale ma tante varianti diverse. Avvicinare i più piccoli ed i ragazzi al linguaggio poetico popolare favorisce il confronto con il vissuto interiore e con le potenziali capacità fantastiche e creative che ogni persona possiede. Dal cibo alla musica, tutto è magia in onore della Vergine del Carmelo ed attrae i bambini che ne usciranno arricchiti ed entusiasti. Non resta che vivere questa festa con i più piccoli per rivivere insieme a loro la magia dell’incontro con il passato, che rivive nel presente ed è destinato al futuro donandogli un’aurea di gioiosa sacralità.

(Articolo pubblicato per il mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

 

 

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Marco Pittoni, un eroe contemporaneo che ha lasciato un’impronta di legalità

img_02176 giugno 2008: il piombo e il sangue segnano il terrore nella città di Pagani. Due pallottole sparate a bruciapelo, mentre tentava di sventare una rapina all’ufficio postale del centro di Pagani, colpiscono il tenente dei Carabinieri, Marco Pittoni. L’omicidio scosse la città, come un terremoto immane, segnando le coscienze e dimostrando l’urgenza di una risposta intransigente contro la criminalità organizzata, da parte delle istituzioni e della società civile. Pagani, una città listata a lutto, così furono segnati i giorni successivi all’assassinio di un uomo che non aveva “opposto l’arma, ma la dolcezza del suo sguardo libero”, come disse un monsignore durante la celebrazione dei funerali di Stato. Nel giorno del saluto straziante, dell’abbraccio commosso di temila persone alla salma di Marco Pittoni, la lunga scia di sangue condusse definitivamente gli inquirenti agli assassini del loro compagno. Trentasei ore dopo, finirono in manette i responsabili dell’esecuzione del tenente Pittoni, tra loro anche un minorenne, accusato di avere esploso il colpo fatale. È bastato seguire quelle tracce per onorare il gesto di Marco: seguire il sangue innocente versato dall´ufficiale che, per difendere l´incolumità di trenta persone, ha affrontato i banditi a mani nude in quell´ufficio e li ha costretti a lasciare ovunque impronte e a commettere errori fatali; e poi il sangue di quel criminale in corsa, l´unico dei quattro ad essere stato colpito di striscio da uno dei proiettili sparati dagli altri due marescialli, intervenuti un secondo più tardi sul luogo del delitto. Una corsa contro il tempo, uno spiegamento eccezionale di forze e di impegno, hanno consentito ai carabinieri di mettere le mani sul commando. Poi, una dietro l´altra, sono arrivate le prove che incastravano gli indagati. Il giovanissimo tenente venuto dalla Sardegna, appena 33 enne, aveva un intuito investigativo, una visione ampia ed una determinazione assoluta. Il tenente si trovava già all’interno dell’istituto postale impegnato in una riunione con il direttore della filiare proprio per mettere a punto un piano di sicurezza dei punti critici della città. Pitto­ni cercò di bloccare i malvi­venti senza usare le armi, per proteggere i clienti e gli opera­tori presenti, ma la colluttazio­ne che ne scaturì terminò con l’esplosione di alcuni proietti­li, uno dei quali lo raggiunse senza lasciargli scampo. Marco Pittoni, aveva un limpido e profondo amore per la patria e il suo senso dello Stato, sentimenti imparati nel contesto familiare sin dall’infanzia e poi coltivati negli anni con i fatti, attraverso il lavoro, il rispetto dell’autorità, il rispetto per la divisa che indossava. Pittoni era un uomo dotato del senso del dovere e coraggio, conoscenza e integrità. Il nome, l’esempio di Marco Pittoni rimane forte come l’immagine migliore del nostro tempo, tesoro di valori per la formazione civica dei giovani e di ogni cittadino, motivo di orgoglio per un paese che ha sempre cercato il fresco profumo della legalità che si contrappone al puzzo del compromesso. Quello che resta è la voglia di ricordare un eroe e un martire per vocazione, di diffondere il principio di legalità, tenere a qualsiasi costo la schiena dritta di fronte al potere e alle sue fatali devianze. A nove anni di distanza il ricordo di Marco Pittoni, l’esempio del suo forte senso del dovere, del suo senso di giustizia restano indelebili e incancellabili, segnando i passi dei più giovani e non solo: il suo lavoro, il presente di tutti. I suoi sogni, il futuro della società civile.

(Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)

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Quel paese in dissesto che fa gola a tanti

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Un comune che sorge alle pendici dei Monti Lattari:Pagani. La città di Sant’Alfonso Maria dè Liguori è il luogo di questo reportage. Un villaggio globale in cui la camorra,la politica si intrecciano in un’affannosa quotidianità e la follia degli uomini e delle donne che cercano una via d’uscita da un luogo che ha confini inesplorati. Tra violenze brutali, atti di eroismo che lasciano un segno nelle pagine della storia di questo piccolo comune salernitano, si consuma il vivere giorno dopo giorno di una nuova enclave nel cuore della regione Campania.

Vivo a Pagani.E sono il volto giovane di questa terra.Sono stanca,umiliata e offesa che si parli poco e male talvolta con caricature o per niente,di questo paese.Allora faccio politica io,che non sono politica.

Questa terra è stata colpita da eventi tragici:la morte di Marcello Torre negli anni ’80 per mano della camorra,perché si era opposto alla presenza della camorra nella ricostruzione post terremoto.La morte di Marco Pittoni,nel 2008 che per sventare un rapina nel gremitissimo ufficio postale e morì a soli 33 anni,per amore della divisa e dei valori ad essa collegati.Uomini giusti,esempio di un paese dimenticato.

Gesti dimenticati dalla politica locale che è arrivata a sporcarsi le mani con la camorra.Quella politica che resta impigliata nella tela della criminalità organizzata.

Concussione e voto di scambio politico mafioso.Queste le accuse che portano agli arresti mezza classe politica e dirigente.L’ondata di arresti.I giornali e i tg nazionali puntano i riflettori.Pagani e la camorra.Pagani e la collusione.

Si spengono i riflettori,arrivano i commissari e la città viene risucchiata da un baratro fatto di strade che rimangono con le buche, di terre malate di rifiuti, di resistenze e desolata malinconia.

Un punto di approdo di vite e di ombre.Pochi giorni e il baratro porterà al pre-dissesto.Avremo più fame e più sete,meno posti di lavoro e più disoccupati,più esigenze ed un paese che cadrà a pezzi e calcinacci.

Stranamente però quegli ex amministratori seppur coinvolti marginalmente o per niente coinvolti nell’inchiesta,quegli amministratori che hanno portato al pre-dissesto,oggi più sorridenti e forti di prima si propongono alle prossime elezioni amministrative.Parlano di progetti,di idee,di rilancio.E prima cos’era?Perchè questo paese in dissesto fa gola a tutti?Gli esempi degli uomini giusti perchè non rivivono?

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