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I giovani al tempo del Coronavirus: isolamento, rifiuto alla Dad e dispersione scolastica

Didattica a distanza, vita sociale azzerata e impossibilità di costruire relazioni, di vedere posti nuovi, hanno caratterizzato la vita degli adolescenti negli ultimi undici mesi. Misure – seppur giuste- per contenere il contagio da covid-19, che però non risparmiano ripercussioni sulla psiche e nella vita di molti adolescenti, fase già di per sé complicata e caratterizzata da transizioni nuove e  più o meno complesse. Un momento storico che anche i più giovani non dimenticheranno facilmente, se non altro per i postumi che questo lascerà, anzitutto, le ripercussioni negative sulla loro capacità di socializzare, già di per sé mutata rispetto al passato, inclini più al dialogo virtuale che de visu, perdendosi il meglio degli incontri interpersonali. Ma anche il loro stato d’animo e l’umore ne risente, molti adolescenti, vivono momenti d’angoscia, ansia, smarrimento,difficoltà ad immaginare un domani; altri, invece, manifestano aggressività che si traduce anche in scatti d’ira, preoccupando molti genitori, che in alcuni casi sono arrivati a denunciare i figli minori attivando i servizi sociali, in altri invece, intraprendendo un percorso di psicoterapia per adolescenti. Fenomeni e comportamenti, che anche un recente rapporto di “Save the Children” riporta, rimarcando gli effetti di questo storico periodo sui giovanissimi d’oggi e sulle ripercussioni che questo potrà avere sul loro futuro. Diverse le fasi che hanno vissuto gli adolescenti, inizialmente stupore, provando anche un certo interesse nel provare a vivere un’esperienza diversa dal comune, provando anche a giovare degli effetti derivanti da una diminuzione dell’impegno scolastico. Poco dopo si è sviluppata una seconda fase che ha comportato il fatto che iniziassero a ritirarsi sempre di più in se stessi e in questa situazione di isolamento. Pur non sapendo dove e come saranno condotti domani, hanno chiaro il loro attuale stato d’animo, il loro stare male nel vivere. Una nuova dipendenza, nel frattempo rischia di prendere il sopravvento per i giovanissimi, l’uso continuo e smoderato dei social e dello smartphone: nella realtà virtuale gli adolescenti cercano la possibilità di gestire delle situazioni. Tensioni che si accumulano. Inoltre, non va tralasciato anche il pericolo che si sviluppino altre dipendenze dall’alcol, ad esempio. Seppur disagi che richiamano a delle preoccupazioni, la maggior parte degli adolescenti non ha però bisogno di una terapia psicologica clinica, devono essere i genitori i costruttori insieme ai figli della capacità di problem solving, risoluzione dei problemi, aiutandoli a lavorare sulle loro capacità e sulle loro potenzialità. Bisogna fornirgli uno sguardo esterno sulle loro risorse e insegnare loro a metterle in campo. Alto tasto dolente di questo sospeso periodo della vita degli studenti è la didattica a distanza, vissuta da molti bambini ed adolescenti con difficoltà, non da meno dai genitori. Il divario è palese. Molti genitori sono costretti ad andare a lavorare o restare a casa in modalità agile, senza riuscire a seguire e a prestare attenzione ai figli che devono seguire le lezioni online; dall’altra parte le famiglie numerose, ma anche quelle che vivono in case con spazi angusti e ristretti, dove non c’è spazio sufficiente e silenzio adeguato per ognuno dei figli che deve seguire la dad; ragazzini che vivono in zone in cui la connessione è lenta e difficile; genitori che rappresentano non poche difficoltà nel provare a gestire la dad, spesso si tratta di adulti che non hanno neppure la licenza media: impossibile demandargli anche l’istruzione dei loro figli, qualsiasi sia il grado scolastico che questi frequentino. La dispersione scolastica in Italia già prima della pandemia aveva numeri preoccupanti, rappresentati dal 30,6% degli oltre 11 milioni di studenti. Secondo l’indagine di Ipsos “i giovani ai tempi del Coronavirus”, per Save the Children, condotto tra gli studenti tra i 14 e i 18 anni, il 28% degli giovani intervistati ha dichiarato che dall’inizio della pandemia almeno un compagno di classe ha smesso di frequentare la scuola. Tra le cause principali delle assenze durante la Dad la difficoltà di connessione e la mancanza di concentrazione. Almeno 34 mila studenti delle superiori rischiano l’abbandono scolastico. La dispersione scolastica è un film dai sogni spezzati per i ragazzini. Alcuni comprendono che studiare sia l’unica possibilità per crearsi un futuro migliore, per essere partecipi del reale cambiamento della realtà in cui vivono, altri vivono nell’incertezza se studiare o meno, altri ancora abbandonano il percorso scolastico: il fatto che ci sia l’obbligo scolastico fino a sedici anni non li turba, e non turba neanche le loro famiglie (alcuni non sanno neanche che ci sia l’obbligo). Una regola imposta dal mondo che è intorno ai ragazzi, quel mondo in cui loro saranno i protagonisti, senza neppure rendersene conto. La scuola resta sempre il valore aggiunto, che può dare una chance di miglioramento, aiutando a realizzare i sogni ai ragazzi. Vale la pena ricordare a noi adulti, che l’abbandono scolastico ruba il futuro ai ragazzi, e spesso li consegna in altre mani. Consiglio la visione del film “la nostra strada” per ricordarci quanto i ragazzi abbandonano la scuola possano essere attratti dalla cultura dei favori anziché la cultura dei diritti.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Storie comuni. Cameriere a Capodanno ad un passo dalla laurea

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Mancavano poche ore al nuovo anno, in clima già di festa, in un locale che pian piano si riempiva di gente, di sorrisi, di vestiti eleganti, di aspettative per il 2016, incontro lui: poco più che ventenne, con una divisa ben stirata, la cravatta rossa ben annotata, un portamento dritto ed elegante, pochi sorrisi e perfetta manualità. I suoi gesti divini, corretti, quasi sincronizzati, si aggira tra i tavoli dà il benvenuto alla clientela, augura buona fine, poi inizia a servire con maestria, con perfezione, muto non parla. Si avvicina al tavolo in cui ero seduta, mi accenna un sorriso, lo avevo già incontrato in quel locale, mi rinnova gli auguri per la mia laurea e sottovoce mi dice che nel nuovo anno si laureerà anche lui. Ingegneria aerospaziale. Mi si è aperto un mondo davanti agli occhi, un mondo giovane, bello, vero e sincero, un mondo fatto di giovani e di sacrifici. Francesco, lo chiamo così, anche la notte di San Silvestro lavorava per pagarsi gli studi, per arrivare a completare il tassello del suo puzzle universitario, per giungere al traguardo della laurea. Tutti noi eravamo lì in quel clima di festa, di gioia, pensando già alla notte di festa, di baldoria, ma lui era lì perchè nel nuovo anno doveva laurearsi e questo significava lavorare anche l’ultimo giorno dell’anno, far mattina mentre gli altri-anche della sua età-lavoravano. Francesco ce l’ho stampato nella mente, perchè ho pensato alla mamma a casa a festeggiare col cuore in gola, sapendo che suo figlio lavorava per finanziarsi gli studi, per essere “qualcuno” nella sua vita. Inevitabilmente ho pensato al potenziale che il nostro Paese ha ma a cui non bada. Siamo nell’era dell’ Uni-superficialità. Spesso pesiamo che gli studenti siano nullafacenti che studiano per non lavorare, che perdono volontariamente il loro tempo, che non si applicano, che lasciano scorrere gli anni dell’università per sfuggire alla ricerca di un lavoro. Li hanno chiamati negli anni “choosy, mammoni, gente allo sbando”, certo, qualche volta corrisponde al vero, ma altre volte, come nel caso di Francesco e di mille altri come lui, corrisponde a verità. Non sono leggende, i giovani così esistono. Se ci pensiamo bene, ognuno di noi ne conosce almeno un paio. Ma quello che non si dice mai è che esiste una buona parte di giovani che crede ancora in quello che studia e lo fa per passione.

L’università italiana è il nostro orgoglio ed è innegabilmente una delle istituzioni più importanti del nostro Paese, che va valorizzata, ma ancor di più bisogna sostenere e valorizzare gli studenti, il nostro potenziale, il nostro futuro e non guardare con disprezzo chi si laurea dopo qualche anno dall’iscrizione al corso di laurea, o chi salta degli appelli, perchè signori miei esiste un’Italia che ha fame e sete di lavoro perchè il lavoro equivale alla retribuzione e questa permette di vivere, spendere, mantenersi agli studi. Non chiamiamoli “bamboccioni” o “eterni studenti”, perchè sono altri gli eterni studenti e fatevolo dire da una che è fresca di laurea, quindi gli studenti “pigri” quelli che si permettono il lusso di stare in eterno all’università sono quelli che ne hanno la possibilità e che si prendono con comodo gli studi, ma quelli che lavorano e studiano sono la ricchezza del nostro Paese al quadrato, non dimentichiamocelo.

 

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