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Il sì dell’Aifa alla pillola dei cinque giorni dopo alle minorenni

Non servirà più la ricetta medica per le minorenni che decideranno di fare ricorso alla cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo. Lo ha deciso l’Agenzia Italiana del Farmaco dopo l’approvazione dell’Agenzia Europea nel 2009. Ulipistral nota come pillola dei cinque giorni dopo, spiegano i medici, è un derivato del progesterone e serve a prevenire una gravidanza dopo un rapporto non protetto, bloccando l’ovulazione. Al momento dell’acquisto in farmacia, il farmaco sarà accompagnato da un foglio informativo al fine di promuovere una contraccezione efficace ed informata. Inoltre, per prevenire l’uso inappropriato della pillola, l’Aifa sta mettendo a punto la creazione di un sito internet con indicazioni approfondite sulla contraccezione ed  il suo uso. Infatti, la maggior parte delle gravidanze delle adolescenti non sono pianificate e molte decidono di optare per un aborto.  Secondo l’Agenzia Italiana del Farmaco questa pillola fermerà gli aborti clandestini a cui spesso vengono sottoposte le adolescenti. Presto, come ha chiarito la stessa Aifa, non servirà la ricetta nemmeno per la pillola del giorno dopo, attualmente necessaria per le minorenni. Critiche dal Forum per le famiglie che la ritiene una scelta irresponsabile, per l’OMS un farmaco essenziale per le teenegers, che in questa svolta potranno trovare tutela per la loro salute fisica e psicologica. Va chiarito che si tratta di una contraccezione di emergenza che non può essere paragonato ad un farmaco da utilizzare regolarmente. In altri termini non è un’aspirina nelle mani delle adolescenti, che vanno comunque accompagnate a rapporti consenzienti e protetti, anche attraverso campagne di sensibilizzazione, superando il tabù del sesso che ancora molte famiglie vivono, mentre gli adolescenti si trovano a vivere le loro prime esperienze sessuali totalmente inesperti ed esponendosi anche ad eventuali rischi. L’evento di una nascita nelle adolescenti è spesso accompagnato da situazioni di rischio, connesse prevalentemente alla difficoltà della giovane madre di accedere ai servizi materno- infantili, ma  anche problematiche interpersonali e psicologiche. Infatti, mancano i servizi ed i supporti per una maternità responsabile anche per le minorenni che decidono di portare a termine la gravidanza. Teenegers lasciate sole senza alcun supporto psicologico, eppure la loro vita da bambine sta velocemente cambiando per lasciare posto alla responsabilità di un’altra vita umana: quella di un bambino. Molte di loro provengono da famiglie che ogni giorno incontrano difficoltà economiche, famiglie spesso alla soglia della povertà, dove accudire e soddisfare un neonato non è facile, gli aiuti sono del tutto inesistenti se non fosse per le organizzazioni del terzo settore, troppo poco nonostante gli sforzi. In queste famiglie cambia tutto nonostante la gioia di una nuova vita rischiano di diventare vulnerabili nella loro gestione oltre che psicologicamente. Con la conseguenza per le madri adolescenti di avere meno probabilità di portare a termine gli studi e trovare un posto di lavoro, rischiando più di altre di crescere i propri figli sole e in contesti disagiati. Molte di loro hanno difficoltà ad elaborare eventi drammatici della loro vita, traumi o maltrattamenti, avvertono un senso di trascuratezza in famiglia, talvolta con un vuoto affettivo. Bisogno che si risconta anche in famiglie socialmente più elevate. Così un figlio diventa un modo per dare un senso alla propria vita, trovare un significato, un ruolo, una fonte d’affetto, riversando le attenzioni mai ricevute. Si fa quasi fatica a chiamarle mamme. Hanno i lineamenti del viso ancora dolci e l’ingenuità dell’infanzia che sta lasciando il posto all’adolescenza, ma nel loro grembo c’è una vita che cresce. Il fenomeno in questo 2020 è in crescita, infatti, sono aumentate le baby gravidanze, registrando un boom durante il lockdown, specie al Nord, con un’età compresa tra i 13 ed i 15 anni. Secondo i dati, le baby mamme provengono da contesti disagiati e appartengono a famiglie in cui un figlio in adolescenza non è una novità. Baby mamme in un’Italia che ha visto aumentare il fenomeno negli ultimi anni: si parla di più di ventimila. Un esercito di mamme precoci lasciate spesso sole senza un accompagnamento alla genitorialità, oltre che un accompagnamento volto ad aumentare la loro capacità accuditiva. Certo non sarà una pillola a cambiare tutto questo, ma forse un primo passo, che andrà senza dubbio rafforzato dedicando tempo e spazio alla contraccezione, oltre a potenziare servizi materno-infantile non solo volti alla prevenzione ma anche all’accompagnamento delle tante adolescenti che si ritrovano a vivere una gravidanza precoce.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Riforma della giustizia: via con la cancellazione dei Tribunali per i minorenni

 

img_0217Organo di garanzia suprema, nel panorama della giustizia viene definito uno dei più grandi uffici giudiziari per l’esercizio della giustizia in ambito minorile in Italia, è il Tribunale per i minorenni, caratterizzato da un bacino di utenza assimilato al distretto della Corte d’Appello. La riforma del processo civile, discussasi nelle scorse settimane in Senato, prevede la soppressione dei tribunali per i minorenni, sostituendoli con sezioni specializzate all’interno dei tribunali ordinari. La riforma scritta nel ddl 2284, già approvato alla Camera, in un articolo prevede la soppressione dei 29 tribunali per i minorenni italiani e delle procure minorili che saranno sostituiti da sezioni apposite all’interno dei tribunali ordinari. Il mondo della giustizia è in rivolta. Sono state presentate ben quattro proposte di stralcio. Da Nord a Sud si rincorrono convegni e petizioni, la più popolare lanciata su “Change.org” ha superato le 23mila firme. Firmatari nomi di spicco della magistratura e non solo: tra associazioni di settore e non. Eppure l’Europa ha indicato l’Italia come modello nella direttiva sul “giusto processo minorile”, ma il governo si muove nella direzione opposta. Il governo taglia la giustizia, con l’intento di razionalizzarne i costi, cancellando così i tribunali dopo quasi cento anni di storia. Non solo il settore della giustizia minorile si muove contrario alla soppressione ma anche quella ordinaria già fortemente gravata dai tagli e dal ridimensionamento del personale, inimmaginabile pensare anche di accollarsi le competenze riguardanti i minori: dalle funzioni penali alle adozioni. Inoltre, il trasferimento delle sezioni minorili nella macchina già congestionata dei tribunali ordinari dovrebbe avvenire a costo zero. I tribunali per i minori spesso intervengono prima che i ragazzi compiono reati, ciò che non potrebbe fare la giustizia ordinaria, incapace di mettere in atto un intervento di prevenzione, danneggiando così gli interessi e i diritti dei minori e delle loro famiglie. Difficile immaginare che una procura, che si occupa di questioni che vanno dal terrorismo alla corruzione, possa dedicare ampie risorse alle segnalazioni dei servizi sociali. O che possa pensare al futuro dei figli delle famiglie mafiose, come hanno cominciato a fare i tribunali per i minorenni di Reggio Calabria e Napoli. Non essendo più autonomi, i passaggi burocratici delle sezioni minorili potrebbero raddoppiare, con un abbassamento del servizio. E i ragazzi, finora protetti in un sistema giudicato tra i più avanzati al mondo, finirebbero per essere una delle tante incombenze, confusi tra gli adulti e le tante scartoffie. Il rischio maggiore che gli addetti ai lavori denunciano è la perdita della specializzazione che in questi anni ha reso l’Italia il fiore all’occhiello della giustizia minorile, separata da quella degli adulti. Grazie alla composizione mista dei tribunali minorili, fatta da giudici togati e onorari, esperti in pedagogia o psicologia, assistenti sociali, fa sì che il processo penale minorile sia diverso da quello per gli adulti, improntato invece in un’ottica di sanzione e punizione. Si tratta di una logica diversa: il ragazzo non solo viene visto come autore di reato, ma anche come vittima di una situazione familiare disagiata, quindi persona da supportare ed aiutare. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. E l’azione deve essere immediata, perché si tratta individui in crescita che non possono attendere passaggi e tempi lunghi della giustizia italiana. Spesso le segnalazioni di abusi e maltrattamenti che arrivano alle procure si risolvono solo con gli interventi dei servizi sociali, senza il ricorso al tribunale. E con l’arrivo dei tanti minori stranieri non accompagnati, gli uffici dei luoghi di approdo sono carichi di lavoro.
Chi si pone dall’altra parte della barricata, contrario alla soppressione non vuole solo che si mantenga lo stato attuale delle cose, ma chiede in tempi celeri una riforma del sistema, stabilendo procedure univoche, che ad oggi non esistono e maggiore informatizzazione. Ad oggi, manca una banca dati dei minori che vivono lontani dalla famiglia e dei bambini adottabili. La proposta che viene avanzata è quella di creare un unico tribunale rivolto alle famiglie, che accorpi tutte le competenze. Bisognerebbe tralasciare la logica dell’efficienza economica e ragionare in termini di efficacia e questa riforma ha proprio il segno dell’inefficacia.

(Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)

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