Organo di garanzia suprema, nel panorama della giustizia viene definito uno dei più grandi uffici giudiziari per l’esercizio della giustizia in ambito minorile in Italia, è il Tribunale per i minorenni, caratterizzato da un bacino di utenza assimilato al distretto della Corte d’Appello. La riforma del processo civile, discussasi nelle scorse settimane in Senato, prevede la soppressione dei tribunali per i minorenni, sostituendoli con sezioni specializzate all’interno dei tribunali ordinari. La riforma scritta nel ddl 2284, già approvato alla Camera, in un articolo prevede la soppressione dei 29 tribunali per i minorenni italiani e delle procure minorili che saranno sostituiti da sezioni apposite all’interno dei tribunali ordinari. Il mondo della giustizia è in rivolta. Sono state presentate ben quattro proposte di stralcio. Da Nord a Sud si rincorrono convegni e petizioni, la più popolare lanciata su “Change.org” ha superato le 23mila firme. Firmatari nomi di spicco della magistratura e non solo: tra associazioni di settore e non. Eppure l’Europa ha indicato l’Italia come modello nella direttiva sul “giusto processo minorile”, ma il governo si muove nella direzione opposta. Il governo taglia la giustizia, con l’intento di razionalizzarne i costi, cancellando così i tribunali dopo quasi cento anni di storia. Non solo il settore della giustizia minorile si muove contrario alla soppressione ma anche quella ordinaria già fortemente gravata dai tagli e dal ridimensionamento del personale, inimmaginabile pensare anche di accollarsi le competenze riguardanti i minori: dalle funzioni penali alle adozioni. Inoltre, il trasferimento delle sezioni minorili nella macchina già congestionata dei tribunali ordinari dovrebbe avvenire a costo zero. I tribunali per i minori spesso intervengono prima che i ragazzi compiono reati, ciò che non potrebbe fare la giustizia ordinaria, incapace di mettere in atto un intervento di prevenzione, danneggiando così gli interessi e i diritti dei minori e delle loro famiglie. Difficile immaginare che una procura, che si occupa di questioni che vanno dal terrorismo alla corruzione, possa dedicare ampie risorse alle segnalazioni dei servizi sociali. O che possa pensare al futuro dei figli delle famiglie mafiose, come hanno cominciato a fare i tribunali per i minorenni di Reggio Calabria e Napoli. Non essendo più autonomi, i passaggi burocratici delle sezioni minorili potrebbero raddoppiare, con un abbassamento del servizio. E i ragazzi, finora protetti in un sistema giudicato tra i più avanzati al mondo, finirebbero per essere una delle tante incombenze, confusi tra gli adulti e le tante scartoffie. Il rischio maggiore che gli addetti ai lavori denunciano è la perdita della specializzazione che in questi anni ha reso l’Italia il fiore all’occhiello della giustizia minorile, separata da quella degli adulti. Grazie alla composizione mista dei tribunali minorili, fatta da giudici togati e onorari, esperti in pedagogia o psicologia, assistenti sociali, fa sì che il processo penale minorile sia diverso da quello per gli adulti, improntato invece in un’ottica di sanzione e punizione. Si tratta di una logica diversa: il ragazzo non solo viene visto come autore di reato, ma anche come vittima di una situazione familiare disagiata, quindi persona da supportare ed aiutare. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. E l’azione deve essere immediata, perché si tratta individui in crescita che non possono attendere passaggi e tempi lunghi della giustizia italiana. Spesso le segnalazioni di abusi e maltrattamenti che arrivano alle procure si risolvono solo con gli interventi dei servizi sociali, senza il ricorso al tribunale. E con l’arrivo dei tanti minori stranieri non accompagnati, gli uffici dei luoghi di approdo sono carichi di lavoro.
Chi si pone dall’altra parte della barricata, contrario alla soppressione non vuole solo che si mantenga lo stato attuale delle cose, ma chiede in tempi celeri una riforma del sistema, stabilendo procedure univoche, che ad oggi non esistono e maggiore informatizzazione. Ad oggi, manca una banca dati dei minori che vivono lontani dalla famiglia e dei bambini adottabili. La proposta che viene avanzata è quella di creare un unico tribunale rivolto alle famiglie, che accorpi tutte le competenze. Bisognerebbe tralasciare la logica dell’efficienza economica e ragionare in termini di efficacia e questa riforma ha proprio il segno dell’inefficacia.
(Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)