Nonna Luisa. Semplicemente Lei.
E’ un giorno di angeli oggi, quelli presenti e quelli ormai invisibili: oggi si celebrano i nonni, patrimonio umano e sociale dal valore inestimabile. Le lacrime rotalano negli occhi, le parole si fermano in gola, i ricordi veloci riemergono e si rincorrono. Da piccoli, i nonni sono tanto affetto e vizi a non finire, il luogo dove rifugiarsi dopo ogni marachella. Da grandi, sfogatoio e riflessioni. Da adulti quando li perdi ti rendi conto che un pezzo della tua vita si stacca, lo perdi, e inizi a vivere una fase di ricordi e di maturità, un tormento interiore, dove non manca la tristezza e la malinconia.
Sette mesi fa è venuta a mancare nonna Luisa, che a 75 anni, ha cresciuto quattro nipoti, e tre pronipoti, donna viaggiatrice, bilingue perché conosceva e parlava anche il francese, dal carattere temprato, eppure nascondeva un cuore umano e solidale. Era tosta con la vita, che troppe volte le ha tirato tranelli e difficoltà, aveva una sorta di corazza, che poi lasciava trapelare l’animo di chi non ha mai chiuso la porta in faccia a nessuno.
Uno dei momenti più tristi è pensare che la porta della casa di nonna Luisa, non si apre più a tutta una serie di eventi, momenti e affetto. Per noi nipoti è sempre stato “abbasc da ‘a nonna”.
Ogni Natale “c’arriunimm a abbasc da ‘a nonna” con l’immancabile fusillo, tirato da lei e con il segreto della farina, quei fusilli che noi nipoti donne sappiamo tirare, perché in molti pomeriggi di un’infanzia fa ce l’ha insegnato proprio lei, quando poi ci raccontava la sua infanzia o i racconti di famiglia. Quella casa, isola felice e isola di oggetti: “portiamolo abbasc da ‘a nonna, lo conserva lei”. E non diceva mai “no”, “mettetelo sul mezzanino”, un soppalco dove trovi di tutto ammassato, perché tutti noi non avevamo spazio ma non volevamo liberarcene.
I regali erano perlopiù soldi col bigliettino che recitava “come il tuo cuore desidera”.
E’ finita “abbasc da ‘a nonna” e ci siamo ritrovati di colpo adulti senza capire quando abbiamo smesso di essere bambini. Certo per i nonni siamo sempre piccoli e indifesi. Nonostante la mia età mi diceva “mangia, ma stai mangiando?” e “statt accort”. Aveva sempre i baci perugina pronti e se volevi anche il bitter analcolico. La pasta. Poi improvvisamente è finito tutto. E’ andata via troppo presto, porca miseria.
Abbasc da a’ nonna, non posso scampanellare più per far capire che sono, nella cantina dei ricordi vanno i natale nel “salone della nonna”, e i momenti nel quale mi fermavo per due chiacchiere e mi diceva “tieni la neve in tasca”, ma sono consapevole che ho avuto la fortuna di crescere con una Donna d’esempio, e forse nel carattere un po’ scontroso le somiglio. Orgogliosamente direi.
Fino all’ultimo nonna Luisa ci ha insegnato che vale la pena sempre lottare e che i desideri vanno esauditi, lasciandoci come ultimo testamento di vita che sai dove nasci ma non sai nella vita dove ti ritrovi e dove muori, perché la vita è eventi e seguire anche i propri desideri. E non a caso la sua canzone preferita era “la vie en rose” di edith de piaf, che cerco di ricordarmi nei momenti più tristi.
Amateli i nonni, rendetevi conto di che fortuna è averli, godeteveli fino all’ultimo e rendeteli felici.

Noi umani abbiamo un super potere. E’ l’empatia che ci rende eccezionali. Gli anni di evoluzione hanno reso il nostro cervello sempre più potente nel calcolo. Ma la nostra migliore “dotazione” che ci ha permesso di stabilire relazioni e di “leggere” nella mente degli altri e di farci provare le loro stesse emozioni, una peculiarità – forse dimenticata- alla base della nostra vita sociale. Nessun trucco da prestigiatore, tutto merito dell’empatia. Riuscire a percepire le emozioni del prossimo, a immedesimarsi con lo stato d’animo delle altre persone e fornire loro un’adeguata risposta emotiva, che spesso viene rappresentata dalla frase “la capacità di mettersi nei panni dell’altro”, comunemente nota come empatia, è più o meno sviluppata in ciascun individuo, non è solo il risultato di diversi fattori esterni: la propria storia personale, l’evoluzione delle sensibilità individuale e l’educazione ricevuta, ma è una qualità secondo molti studi insita nel nostro corredo genetico. La strada per l’empatia implica uno sforzo maggiore diversamente dalla gentilezza. L’empatia è un’abilità, quella di vedere il mondo attraverso gli occhi di un altro, capirlo nella sua prospettiva e sentire le sue stesse emozioni. Oltre oceano hanno dato l’installazione “a mile in my shoe” basata sulla metafora del camminare nelle scarpe altrui. In un mondo iperconnesso con la convinzione di essere globalmente connessi attraverso i social media siamo diventati sempre più individualisti e narcisisti. C’è bisogno di una rivoluzione dell’empatia: dalla scuola alle professioni, imparare a puntare meno il dito e la bocca del giudizio e iniziare una forza inarrestabile per il cambiamento sociale che può portarci solo alla compassione e alla base. Clare Patey, artista specializzata in lavori site specific e oggi direttrice dell’Empathy Museum, il primo al mondo, un progetto nato a Londra nel 2015, ha stilato un decalogo per l’empatia: si parte con l’ascolto e la comunicazione con le persone, per poi mettersi nei panni dell’altro, prendendosi i rischi di cose che solitamente non si fanno, viaggiare col corpo ma anche con l’arte e la letteratura, uscendo un po’ dal cerchio sociale e lavorativo, ponendo attenzione alla comunicazione non verbale, lasciandosi andare a voli d’immaginazione, cercando anche avventure esperienziali praticando l’arte della conversazione ed infine ispirare una “piccola” rivoluzione. E bastano cinque gesti per capire chi hai di fronte: dallo sguardo. A chi non è mai capitato di essere rapito da uno sguardo che incrocia il nostro in modo improvviso, inaspettato? Altro gesto è senza dubbio il sorriso che rompe ogni barriera. La sofferenza o il benessere non riguardano solo il corpo e sorridere aiuta a ricordarci che, nella nostra fragilità, siamo tutti umani. Empatia e simpatia possono trasformarsi purtroppo in un’arma a doppio taglio. Queste qualità possono essere trasformate in retorica, in parole vuote dagli “imprenditori della simpatia”. Quindi attenzione all’inganno. Spazio alla gratuità del cuore. I latini usavano il termine cum-partire, cioè “sentire con”. Questo è il senso della parola empatia e se vogliamo anche di simpatia. Infine, attenzione alle parole tanto più vere e leggere saranno daranno il vero senso all’empatia. n un mondo frenetico ed iperconesso in cui viviamo in questi giorni di festa a tutti voi lettori che da qualche anno mi tenete viva e a cui va un profondo ringraziamento, sento di augurare di ritrovare in questi giorni di festa e di magia il senso dell’empatia e della gentilezza, per capovolgere questo mondo a tratti cattivo e beffardo.