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Orfani del mare, ai minori stranieri non accompagnati l’accoglienza dei tutori volontari

untitledLa nave “Diciotti” è diventata ormai una nave simbolo della guerra dell’accoglienza tra Italia e Unione Europea. Nel trattenere i migranti a bordo il governo italiano vuole far smuovere l’Unione Europea sul delicato tema dell’accoglienza. E’ così che dopo cinque giorni di navigazione e due di fermo nel porto di Catania, dopo le sollecitazioni della Procura di Agrigento e quella dei minori di Catania, in base a quanto previsto dalle convenzioni internazionali e dalla legge italiana, il Ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha annunciato il “sì” allo sbarco dei 29 minori non accompagnati a bordo. Si tratta di ragazzi eritrei tra i 14 ed i 16 anni e di una bambina che sono stati trasferiti in due centri di accoglienza messi a disposizione dai servizi sociali del comune di Catania. Orfani delle onde del Mediterraneo, piccoli anonimi che arrivano in Italia. Schiavi invisibili, giovanissime vittime dello sfruttamento e della tratta dei migranti. Un fenomeno nascosto e difficile da tracciare che vede come protagonisti i minori stranieri giunti in Italia via mare e via terra, molti dei quali non accompagnati da genitori o parenti. Rappresentando un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre beneficio dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli: dallo sfruttamento nel mercato del lavoro nero, alla prostituzione, passando per lo spaccio di droga, sino ad attività criminali. Secondo un rapporto di “Save the Children” , tre minori su quattro che arrivano in Italia sono soli. E negli ultimi anni i numeri si sono addirittura quadruplicati. E negli ultimi anni i numeri si sono addirittura quadruplicati. Sono più di 16 mila i ragazzi arrivati in Italia da soli. Dal 2011 costituiscono il dieci percento di tutti i rifugiati. Rischiano di finire in un girone infernale delineato dallo sfruttamento e dal maltrattamento, ma l’opportunità di tutela è fornita dall’esercito di tutori volontari per minori stranieri soli. Assumere la rappresentanza giuridica di un minore straniero solo, farsi carico dei suoi problemi, capire e spiegare agli altri suoi bisogni e diventare portavoce dei suoi diritti fino alla maggiore età. Insomma, proteggerlo negli anni più fragili e difficili. E’ questo il ruolo più importante del tutore volontario, una nuova figura nata per dare un sostegno ai percorsi di accoglienza, educazione e integrazione nella nostra società, per i quasi 18 mila minori stranieri rimasti soli sul territorio italiano. Un numero forte ed in continua crescita che ha portato alla legge 47/2017, che prevede tra le altre cose l’istituzione presso i Tribunali per i minori di elenchi di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela. Protezione e tutela, le parole d’ordine per i quasi 18 mila minori soli, di cui la maggioranza è al maschile, le ragazze sono un numero esiguo: 1.209, molti dei quali provengono dalla Nigeria, e necessitano di massima attenzione. E’ stata ribattezzata come “cittadinanza attiva” o “genitorialità sociale” dall’autorità garante per l’infanzia. Sono già oltre tremila le persone che hanno dato la loro disponibilità in questi mesi a diventare tutore volontario, decidendo di dedicare una parte del loro tempo per migliorare la vita di uno dei quasi diciannovemila minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro paese. Impegni ed iniziative per il tutore. La nuova legge non prevede, infatti, la presa in carico domiciliare ed economica del minore. Il tutore svolge le pratiche amministrative, come ad esempio il permesso di soggiorno, valuta se presentare domanda di asilo o protezione internazionale, se sono necessarie prestazioni sanitarie urgenti, accompagna il giovane nella formazione, nell’istruzione scolastica e nell’apprendimento della lingua italiana. “Il tutore dovrà prendersi cura del minore e avrà la funzione di guida”, dicono dall’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Alcune regioni hanno avviato anche corsi di formazione per i futuri tutori. La durata dell’impegno del tutore è legata all’età del minore. Le persone vengono inserite nell’elenco istituto presso il Tribunale per i minori da cui il giudice attinge per nominare i tutori. Ogni tutore volontario può  essere chiamato ad affiancare fino ad un massimo di tre minori stranieri  non accompagnati, salvo sussistano delle ragioni speciali, ad esempio un gruppo di quattro fratelli. Una persona smette di essere tutore per un ragazzo al compimento dei 18 anni e può diventare tutore di un altro minore. Si rende necessario però un’attività di raccordo tra i Tribunali per i minori dove sono istituti gli elenchi e il tribunale ordinario deputato alla nomina. Un istituto, quello del tutore, che la legge prevede nella sua gratuita dei compiti. Alcune regioni hanno previsto delle forme di sostegno su particolari questioni, come la stipula di una polizza assicurativa. Negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi bandi per tutori, le prime risposte sembrano essere più che nuove, ma non sufficienti secondo le autorità per i 18 mila ragazzi che hanno bisogno di una guida. Così si rafforzano le campagne pubblicitarie e web per rafforzare l’idea di una genitorialità sociale dando l’occasione ad un ragazzo di cambiare con l’aiuto di un tutore il suo presente e modellare il suo futuro.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)
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Corte Europea, il ricongiungimento familiare per minori stranieri è possibile dopo 18 anni

untitledUn minore straniero non accompagnato che diventa maggiorenne nel corso della procedura di asilo conserva il suo diritto al ricongiungimento familiare. Lo sancisce una sentenza della Corte europea di giustizia a partire dal caso di una ragazza eritrea arrivata nei Paesi Bassi quando era ancora minorenne. Chiesto il ricongiungimento con i familiari, la sua domanda fu respinta perché nel frattempo era diventata maggiorenne, sottoposta la questione pregiudiziale dal Tribunale dell’Aia alla Corte europea, questa ha sentenziato che vale l’età di ingresso nel paese dell’ Unione Europea, non l’età al momento del riconoscimento dell’asilo. La sentenza, prevede, che la domanda di ricongiungimento familiare deve tuttavia essere presentata entro un termine ragionevole, in linea di principio di tre mesi a decorrere dal giorno in cui al minore interessato è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Nella sua sentenza, la Corte, qualifica come “minori” i cittadini di Paesi non Ue e gli apolidi che hanno un’età inferiore ai 18 anni al momento del loro ingresso in uno Stato membro della comunità europea e della presentazione della loro domanda di asilo in tale Stato, e che nel corso della procedura di asilo diventano maggiorenni ed ottengono in seguito il riconoscimento dello statu di rifugiato. Infatti, come ricorda la Corte, la direttiva prevede per i rifugiati condizioni più favorevoli per l’esercizio del diritto di ricongiungimento familiare in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese, condizioni come la guerra, le persecuzioni religiosi, che impediscono il loro vivere quotidiano ed una vita familiare normale. In particolare, i rifugiati minori non accompagnati dispongono del diritto di ricongiungimento che è sottoposto alla discrezionalità dello stato membro. La direttiva nel suo non indica espressamente sino a quale momento un rifugiato debba essere minore per poter beneficiare del diritto al ricongiungimento familiare, per cui la Corte ha deciso che la determinazione di questo momento non può essere lasciata alla discrezionalità di ciascun stato membro. Scappano da guerre, carestie, persecuzioni religiose, fame o schiavitù. E scappano soli. I documenti ufficiali del Ministero del lavoro, le cifre dicono che in Italia i minori stranieri non accompagnati censiti al dicembre 2016 sono 17.373, di cui 6.561 considerati “irreperibili”. Un numero in netto aumento stando alle cifre del 2017, dove nei primi mesi dello scorso anno si registravano 16.348 MSNA, seguendo la sigla dei documenti ufficiali. I minori non accompagnati tra il 2011 e il 2016 costituiscono il dieci percento di tutti gli arrivi complessivi dei rifugiati in Italia. Una numero che fa rabbrividire considerato che spesso sono bambini che da soli hanno affrontato un viaggio pericoloso e spesso mortale, in condizioni disumane anche per un adulto. Sfidano le onde del mare, la paura, scappando dai loro paesi d’origine, spesso perdono i loro genitori durante il viaggio, cadendo nelle mani di sfruttatori e trafficanti. I bambini ed i ragazzi che toccano terra in Italia, hanno le spalle storie di abusi e violenze, anche prima che affrontassero la traversata del mare. In un documento pubblicato da “Save the Children” si legge di storie di torture, soprusi, stupri, privazioni di acqua e di cibo, lunghi viaggi in piedi o in condizioni impossibili. La traversata del mare è solo la parte finale di un lunghissimo incubo per questi bambini. Stando ai dati del Ministero del lavoro, questi bambini provengono dalla Gambia, segue l’Egitto, l’Albania, sino a alla Somalia, passando per Costa d’Avorio, Eritrea. Paesi in crisi profonda, o dilaniati dalla guerra o da regimi crudeli. Sul territorio italiano sono ospitati soprattutto in Sicilia, Calabria, Emilia Romagna, Lombardia e Lazio. I minori arrivati in Italia non possono essere rimpatriati, deve essere garantito loro il diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria, con l’accesso al sistema di protezione dei rifugiati. In loro lo sguardo alle loro origini, alla loro famiglia rimasta tra la guerra e la paura, così il ricongiungimento familiare diventa la luce infondo ad un tunnel fatto di speranza e di soprusi, di sacrifici che sanno di ripartenza sul territorio italiano. E se fino a qualche tempo fa la norma sul ricongiungimento familiare era affidata all’interpretazione e alla discrezionalità dello stato membro che ospitava il minore straniero non accompagnato ed in alcuni casi i ricongiungimenti non avvenivano perché la richiesta era stata formulata al raggiungimento della maggiore età, la Corta ha stabilito che per il ricongiungimento familiare vale l’età al momento dell’ingresso nel Paese ospite. Una sentenza che farà tornare il sorriso e l’emozione a molti minori stranieri non accompagnati e alle loro famiglie lontane.

 (Articolo pubblicato sul mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

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