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Disabile morta di stenti: indagati i genitori per abbandono d’incapace

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messL’hanno ritrovata a terra senza vita in un’abitazione di Polignano a Mare nel barese, nel giorno dell’Epifania. E’ la mamma a raccontare la fine della figlia in modo quasi sbrigativo ai media, raccontando di un leggero malore e dell’arrivo dei soccorsi che non hanno potuto che costarne un arresto cardiaco. Erano stati i genitori, vedendo la figlia, 31 enne disabile, in difficoltà a chiedere aiuto. Troppo tardi, secondo la Procura di Bari, quegli stessi genitori ora sono sotto inchiesta per abbandono di incapace. Il sospetto dei magistrati è che la giovane possa essere morta di stenti, che la mamma e il papà possano avere delle responsabilità per non aver nutrito e curato adeguatamente la ragazza che non era in grado di badare a se stessa. Una situazione di degrado che era stata segnalata ai Servizi Sociali, la famiglia avrebbe in passato rifiutato l’assistenza dei servizi sociali. Anche i vicini avevano segnalato condizioni igieniche precarie. Al momento la mamma respinge ogni accusa. Sarà l’autopsia a rivelare se la ragazza fosse denutrita e a chiarire le cause esatte del decesso. Un’immagine a tinte fosche: la giovane viveva da anni chiusa in casa, denutrita e in condizioni degradate dal punto di vista igienico e sanitario. Con lei gli anziani genitori e un fratello. Una pensione sociale di 500 euro al mese e nessun supporto e contatto con la rete familiare e amicale. Nessun contatto neanche coi conoscenti del quartiere. Lo scenario di fronte al quale, pare si siano trovati gli inquirenti era di assoluto degrado, fra insetti, feci e residui di cibo in decomposizione. Stando a quanto accertato finora, la famiglia per anni si sarebbe rifiutata di ottenere assistenza dai servizi sociali ed è anche per questa ragione che la magistratura barese ipotizza che potrebbero avere responsabilità connesse al degrado della ragazza. Famiglie in difficoltà ma timorose nei confronti del sostegno e del supporto degli assistenti sociali, orchi per molti e la paura la fa da padrone. Un problema che sta diventando sempre più serio, che emerge con molta preoccupazione in chi ogni giorno lavora nel complesso e difficile mondo dell’aiuto. Sempre più famiglie in stato di bisogno, con figli a carico, hanno il timore a rivolgersi agli assistenti sociali, timorosi di far emergere le loro condizioni di difficoltà economiche, perché hanno timore che possano allontanare i minori dai loro genitori, o che un “estraneo” possa entrare nelle loro dinamiche familiari. Un vero e proprio spauracchio che rischia di allontanare molti nuclei che potrebbero ricevere aiuto dal luogo deputato all’assistenza, che è l’ufficio di servizio sociale, e che fa il paio con una tendenza ormai consolidata e purtroppo risaputa, di tanti soggetti e nuclei familiari che rifiutano quella che ritengono “elemosina” dell’ente pubblico e che, pur trovandosi nel novero delle difficoltà, non si affacciano ai servizi sociali per una forma di orgoglio personale. Ma, l’assistente sociale è “l’estraneo di fiducia” che con discrezione e segreto professionale è pronta a sostenere psicologicamente e socialmente le famiglie oltre la povertà, ma anche nell’assistenza e nell’accudimento delle persone con disabilità. Essere caregiver, ovvero, un familiare che si prende cura di una persona con disabilità non è facile, c’è bisogno di energie fisiche, psicologiche e di sostegno attraverso figure professionali a domicilio, ciò è possibile solo affidandosi all’assistente sociale, superando timori e paure. Forse se questi genitori avessero avuto meno timori e più forza di affidarsi ai servizi sociali del comune e alla rete familiare e amicale, avrebbero condiviso fatiche, paure, difficoltà ed oggi forse la giovane 31 enne sarebbe ancora viva, magari incentivata nella sua creatività e nelle sue abilità, avendo modo di socializzare e di vivere in una società che era pronta ad accoglierla, e ad aiutare i suoi genitori, che oggi portano forse sulla coscienza un’accusa di abbandono di persona incapace, regolamentata dall’art. 591 del codice penale, che si pone di tutelare il bene della vita e dell’incolumità pubblica dei cosiddetti soggetti deboli, e la norma è legata anche all’inosservanza di obblighi umani e assistenziali.

(Articolo pubblicato per il mio blog “Pagine sociali” per ildenaro.it)

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Lite tra i genitori sui vaccini per il figlio, il Tribunale: Servizi sociali garantiscano cure e istruzione…

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messE’ la prima volta che accade, a decidere per il bambino saranno i servizi sociali su indicazione del Tribunale che sostituiranno i genitori. Il padre accusa la moglie, convinta no-vax, di impedire al piccolo anche di socializzare. Ora gli assistenti sociali dovranno verificare se il bimbo può fare o meno le vaccinazioni obbligatorie, se ottiene le cure necessarie e se frequenta regolarmente la scuola. Tocca ai servizi sociali prendere le decisioni sulla sua salute, oltre a quelle sull’istruzione e sull’educazione. Si è pronunciato così nelle scorse settimane il Tribunale per i minori di Milano che ha risolto il dissidio tra due genitori, che da tempo non stanno insieme, riguardo a figlio, che ha 4 anni. I rapporti sono tesi e conflittuali tra i due genitori, ed uno degli argomenti di dissidio è proprio il tema vaccini. La madre non vuole farli, il padre invece sì. Fino ad ora l’ha avuta vinta la madre ed il bimbo non è mai entrato in un ambulatorio per le iniezioni, ma in concomitanza con la legge che ha previsto l’obbligatorietà per l’iscrizione a scuola di questi strumenti di prevenzione, i giudici hanno deciso di affidare le cure del piccolo ai servizi sociali, i genitori verranno avvertiti e se non seguiranno le indicazioni dei servizi il figlio potrebbe essere collocato fuori dalla famiglia. Bambini e vaccini, un binomio che tiene banco da mesi: per iscrivere i bambini alla scuola dell’infanzia da 0-6 anni è obbligatorio vaccinarli, per la scuola dell’obbligo invece aumentano da dieci a trenta volte le sanzioni per i genitori che non eseguono la profilassi per i figli. Aumentato anche il numero delle vaccinazioni obbligatorie. Sono le disposizioni contenute nel decreto varato dal Consiglio dei Ministri che reintroduce l’obbligatorietà delle vaccinazioni. Negli ultimi anni c’è stato un abbassamento del livello di protezione anche per il diffondersi di comportamenti e teorie anti-scientifiche e per le diverse risposte delle regioni in mancanza di un indirizzo generico. Le misure prese con la dovuta gradualità intendono assicurare ai bambini livelli di protezione più elevati di quella attuale. Teorie, idee dei genitori, il web che incalza con consigli, alimentando sempre più paure, così in Italia negli ultimi anni si è creato un vero e proprio allarmismo intorno al mondo dei vaccini, causando un calo del 5%, così molti bambini non sono stati vaccinati e sono rimasti vittime innocenti di ideologie e teorie anti-scientifiche. Eppure, fino a qualche anno fa le Asl avevano l’obbligo di segnalare al Tribunale per i Minorenni, che allertava gli assistenti sociali, i genitori che non si presentavano alle vaccinazioni, ma la mole di segnalazioni ha obbligato i Tribunali a richiedere alle Asl lo stop delle segnalazioni, intervenendo solo nei casi di bambini già segnalati al Tribunale per altri motivi, così da richiedere nell’indagine socio-familiare affidata all’assistente sociale del caso di contattare anche l’Asl e di capire quali e quanti vaccini il bambino o l’adolescente seguito aveva ricevuto negli anni, chiedendo poi durante il colloquio coi genitori il motivo per cui eventualmente si erano sottratti dalla somministrazione del vaccino, ciò corrispondeva in termini sociali e giuridici ad una trascuratezza dei compiti genitoriali, ad un venir meno della responsabilità genitoriale oggi divenuta capacità genitoriale. Insomma un’evoluzione giuridica che era andata regredendo ma oggi col nuovo decreto che sancisce l’obbligatorietà dei vaccini ed inoltre la recente sentenza del Tribunale di Milano mettono fine a qualsiasi ideologia genitoriale anti vaccino e a qualsiasi forma di dimenticanza in tema di vaccinazione da parte dei genitori.

(Articolo pubblicato per ildenaro.it)

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Strattonata e picchiata dal padre, bimba di due mesi in coma. Intervengono i Servizi Sociali

img_0217“Volevo solo farla giocare”, alla fine dopo ore di interrogatorio ha ceduto il padre della piccola poco più di tre mesi, in coma con un trauma cranico e alcune costole rotte. “Piangeva, non sapevo come farla smettere” ha detto al Pubblico Ministero. “Forse l’ho stretta in modo troppo energica”, ha raccontato il papà per giustificare le fratture alle costole della piccola. Ha confessato anche di averle fatto sbattere la testa contro il comodino, quando l’ha riposta nella culla. I genitori della piccola, poco più che trentenne lui, siciliano, con un lavoro saltuario come imbianchino, lei 28 anni piemontese, residenti a Stroppiana, in provincia di Vercelli, secondo quando si apprende hanno portato la piccola all’ospedale di Torino lo scorso venerdì. Ma non era la prima volta. Allora il padre aveva detto che era “caduta” mentre la teneva in braccio. La seconda volta invece la piccola aveva un’infiammazione. Al terzo ricovero la piccola si è presentata da subito ai medici in gravi condizioni, sono così scattate le indagini sulla famiglia: madre, padre e nonna. Non è chiara la dinamica, il papà non è stato in grado di ricostruirla, anche se ora è indagato a piede libero per lesioni aggravate, ma gli inquirenti continueranno ad indagare sul resto della famiglia. In quanto l’origine della condotta può risiedere non solo nello stato soggettivo di chi l’ha posta in essere, ma anche nelle condizioni di vita del nucleo familiare, particolarmente problematico. La conferma delle indagini estese all’intero nucleo familiare è arrivata anche dalla Questura di Vercelli. Secondo quanto si apprende la famiglia della bambina non è particolarmente “disagiata” ma era già finita nel mirino dei Servizi Sociali perché aveva dimostrato “atteggiamenti immaturi”. Non compravano il latte in polvere per la bambina ma andavano in giro con l’ultimo modello di cellulare. Ora la situazione è presa in esame dal Tribunale per i Minorenni. Ma il caso esula dalla sola cronaca nera e sfocia nel ruolo professionale, umano e civile dei medici e degli operatori ospedalieri definiti pubblici ufficiali e come tale hanno l’obbligo di denuncia, l’art. 361 del codice di procedura penale, che mira a far sì che la notizia di reato giunga a conoscenza dell’organo competente all’esercizio dell’azione penale. Allora ci si chiede: perché nelle due volte precedenti in cui la piccola è stata portata in ospedale nessuno abbia segnalato, violando così l’obbligo di segnalazione? Forse se la segnalazione del sospetto reato, così come riporta la norma che investe gli operatori sanitari dipendenti o convenzionati sarebbe arrivata prima evidentemente la famiglia sarebbe stata investita dalle indagini e supportata nella responsabilità genitoriale, che senza dubbio dai comportamenti che attuano, per loro è totalmente sconosciuta. I genitori avrebbero bisogno di un sostegno alla genitorialità che li aiuti a comprendere e migliorare la relazione con la bimba, gli stili educativi e comunicativi in famiglia per favorire una crescita migliore della piccola. Questo forse poteva essere un modo d’agire se le segnalazioni fossero arrivate in tempo e se si fosse agito immediatamente, oggi, lo scenario cambia: il Tribunale per i Minorenni potrebbe decidere per l’allontanamento della piccola dal nucleo familiare, anche se tutto dipenderà dalle indagini che gli inquirenti stanno svolgendo in queste ore e che investono l’intera famiglia, compresi i nonni, per cercare le origini del malessere familiare e dei comportamenti messi in atto. Insomma la vicenda è destinata a continuare e a spese di una bambina di soli tre mesi ricoverata in gravi condizioni, seppur le sue condizioni migliorano, che ha il solo “difetto” di chiedere amore e attenzioni, come tutti i neonati e tutti i figli.

(Articolo pubblicato su ildenaro.it)

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