Archivi tag: #ricordo

Marco Pittoni, un eroe contemporaneo silenzioso testimone di legalità

untitledGli eroi sono quegli uomini che ogni giorno in silenzio, con orgoglio e passione per la missione di vita che hanno scelto, scrivono pagine esemplari. Marco Pittoni, era uno di questi, che nel silenzio del proprio lavoro, dimostrò esempio, coraggio, rispetto e valore della divisa che aveva sempre con fierezza indossato, quando per sventare una rapina in un gremito ufficio postale del centro di Pagani, dove prestava servizio in qualità di tenente dei carabinieri, venne ucciso per mano criminale. Accadeva dieci anni fa. Era il 6 giugno 2008: il piombo e il sangue seminano il terrore nella città di Pagani, sotto gli occhi di adulti e bambini del centralissimo ufficio postale della cittadina salernitana, cade per effetto di due pallottole sparate a bruciapelo, il tenente Pittoni. L’omicidio segnò la città, la scosse, come un terremoto immane, segnando le coscienze e dimostrando l’urgenza di una risposta intransigente contro la criminalità organizzata, da parte delle istituzioni e della società civile. Pagani, una città listata a lutto, avvolta da un silenzio profondo, che scuoteva le coscienze, interrogava, scalfiva un ricordo doloroso, esempio e testimone di legalità, così furono segnati i giorni successivi all’assassinio di un uomo che non aveva “opposto l’arma, ma la dolcezza del suo sguardo libero”, come disse un monsignore durante la celebrazione dei funerali di Stato. Una lunga scia di sangue innocente che condusse gli inquirenti dopo notti insonni e giorni di ricerche, perquisizioni, in cui ogni pista veniva battuta, agli assassini dell’ufficiale che, a mani nude affrontò i banditi, ciò li costrinse a lasciare ovunque impronte e a commettere errori fatali. Una corsa contro il tempo, uno spiegamento eccezionale di forze e di impegno, hanno consentito ai carabinieri di mettere le mani sul commando. Poi, una dietro l´altra, sono arrivate le prove che incastravano gli indagati. Giovane, 33 enne, originario della Sardegna, era un brillante carabiniere, aveva un intuito investigativo, una visione ampia ed una determinazione assoluta. Quel giorno era all’interno dell’ufficio postale per mettere a punto un piano di sicurezza nei punti più strategici della città. Pittoni non esitò a bloccare i malviventi senza usare le armi, per proteggere i clienti e gli operatori presenti, i malviventi, spararono dei colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo raggiunse senza lasciargli scampo. Un sorriso che sapeva di lealtà, di bontà, di gentilezza, improntato all’altruismo ed ai più piccoli: “il tenente buono”, quando regalò in seguito ad un sopralluogo di lavoro, una bicicletta al bambino che tanto la desiderava. Marco Pittoni, aveva un limpido e profondo amore per la patria e il suo senso dello Stato, sentimenti imparati nel contesto familiare sin dall’infanzia e poi coltivati negli anni con i fatti, attraverso il lavoro, il rispetto dell’autorità, il rispetto per la divisa che indossava. Era un uomo dotato del senso del dovere e coraggio, conoscenza e integrità. Il nome, l’esempio di Marco Pittoni rimane forte, immagine migliore del nostro tempo, tesoro di valori per la formazione civica dei giovani e di ogni cittadino, motivo di orgoglio per un paese che ha sempre cercato il fresco profumo della legalità che si contrappone al puzzo del compromesso. Quello che resta è la voglia di ricordare un eroe e un martire per vocazione, di diffondere il principio di legalità, tenere a qualsiasi costo la schiena dritta di fronte al potere e alle sue fatali devianze. A nove anni di distanza il ricordo di Marco Pittoni, l’esempio del suo forte senso del dovere, del suo senso di giustizia restano indelebili e incancellabili, segnando i passi dei più giovani e non solo: il suo lavoro, il presente di tutto. I suoi sogni, il futuro della società civile e dieci anni dopo siamo chiamati a coltivarli ancora, con più vigore e forza, tramandandoli alle nuove generazioni, raccontando di un uomo che fece della sua divisa la sua vita, quella divisa che ha rispettato immensamente ed è per questo che uomini come Marco Pittoni non vanno dimenticati, ma ricordati nelle azioni di ogni giorno, nel lavoro quotidiano che ogni giorno conduciamo, nel rapporto coi più giovani, perché come avrebbe detto un altro grande eroe italiano: “gli uomini passano, le idee restano” e quelle idee vanno coltivate ogni singolo giorno, in ogni angolo di territorio italiano perché il sacrificio di uomini buoni e giusti non può e non deve essere vano.

(Articolo pubblicato per il mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)

Contrassegnato da tag , , , , , , , ,

Marco Pittoni, un eroe contemporaneo che ha lasciato un’impronta di legalità

img_02176 giugno 2008: il piombo e il sangue segnano il terrore nella città di Pagani. Due pallottole sparate a bruciapelo, mentre tentava di sventare una rapina all’ufficio postale del centro di Pagani, colpiscono il tenente dei Carabinieri, Marco Pittoni. L’omicidio scosse la città, come un terremoto immane, segnando le coscienze e dimostrando l’urgenza di una risposta intransigente contro la criminalità organizzata, da parte delle istituzioni e della società civile. Pagani, una città listata a lutto, così furono segnati i giorni successivi all’assassinio di un uomo che non aveva “opposto l’arma, ma la dolcezza del suo sguardo libero”, come disse un monsignore durante la celebrazione dei funerali di Stato. Nel giorno del saluto straziante, dell’abbraccio commosso di temila persone alla salma di Marco Pittoni, la lunga scia di sangue condusse definitivamente gli inquirenti agli assassini del loro compagno. Trentasei ore dopo, finirono in manette i responsabili dell’esecuzione del tenente Pittoni, tra loro anche un minorenne, accusato di avere esploso il colpo fatale. È bastato seguire quelle tracce per onorare il gesto di Marco: seguire il sangue innocente versato dall´ufficiale che, per difendere l´incolumità di trenta persone, ha affrontato i banditi a mani nude in quell´ufficio e li ha costretti a lasciare ovunque impronte e a commettere errori fatali; e poi il sangue di quel criminale in corsa, l´unico dei quattro ad essere stato colpito di striscio da uno dei proiettili sparati dagli altri due marescialli, intervenuti un secondo più tardi sul luogo del delitto. Una corsa contro il tempo, uno spiegamento eccezionale di forze e di impegno, hanno consentito ai carabinieri di mettere le mani sul commando. Poi, una dietro l´altra, sono arrivate le prove che incastravano gli indagati. Il giovanissimo tenente venuto dalla Sardegna, appena 33 enne, aveva un intuito investigativo, una visione ampia ed una determinazione assoluta. Il tenente si trovava già all’interno dell’istituto postale impegnato in una riunione con il direttore della filiare proprio per mettere a punto un piano di sicurezza dei punti critici della città. Pitto­ni cercò di bloccare i malvi­venti senza usare le armi, per proteggere i clienti e gli opera­tori presenti, ma la colluttazio­ne che ne scaturì terminò con l’esplosione di alcuni proietti­li, uno dei quali lo raggiunse senza lasciargli scampo. Marco Pittoni, aveva un limpido e profondo amore per la patria e il suo senso dello Stato, sentimenti imparati nel contesto familiare sin dall’infanzia e poi coltivati negli anni con i fatti, attraverso il lavoro, il rispetto dell’autorità, il rispetto per la divisa che indossava. Pittoni era un uomo dotato del senso del dovere e coraggio, conoscenza e integrità. Il nome, l’esempio di Marco Pittoni rimane forte come l’immagine migliore del nostro tempo, tesoro di valori per la formazione civica dei giovani e di ogni cittadino, motivo di orgoglio per un paese che ha sempre cercato il fresco profumo della legalità che si contrappone al puzzo del compromesso. Quello che resta è la voglia di ricordare un eroe e un martire per vocazione, di diffondere il principio di legalità, tenere a qualsiasi costo la schiena dritta di fronte al potere e alle sue fatali devianze. A nove anni di distanza il ricordo di Marco Pittoni, l’esempio del suo forte senso del dovere, del suo senso di giustizia restano indelebili e incancellabili, segnando i passi dei più giovani e non solo: il suo lavoro, il presente di tutti. I suoi sogni, il futuro della società civile.

(Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)

Contrassegnato da tag , , , , , ,

Il primo giorno di scuola non è più vintage ma social.

selfieNell’era digitale, dei social network e delle foto 2.0, anche il primo giorno di scuola non è più vintage, ma sempre più social. Questa mattina, più di mezzo milione di studenti è tornato tra i banchi di scuola. Per qualcuno quest’anno sarà una nuova avventura: prima elementare, prima media o prima superiore. Ma che sia prima o che sia l’ennesimo primo giorno di scuola, i genitori non possono rinunciare ad uno scatto fotografico, che immortali il futuro che avanza e che scoprirà mille altre cose, che si divertirà, si stancherà anche sui libri, ma è pur sempre un piccolo esserino del domani. La foto è un rito a cui non si può rinunciare, un po’ come la corsa al banco migliore, possibilmente dietro, o gli scongiuri prima di entrare, o anche evitare i lunghi discorsi dei docenti o del preside sul nuovo anno scolastico, sullo studio matto e disperato. La foto va fatta: per ricordo, per rito, per scaramanzia e meglio ancora se a farla sono i genitori. Mia mamma fotografava sempre me e mio fratello al primo giorno di scuola, un vero book fotografico e all’epoca la foto non potevi neanche rivederla, quindi, ne scattava tante e poi di corsa dal fotografo per far sì che quelle foto prendessero forma. Oggi la foto non è più vintage ma social. In molti hanno fotografato i propri figli nel primo giorno di scuola e poi postato le foto sui social, ed io sinceramente le ho guardate con piacere, mentre, in molti le hanno criticate, commentate negativamente, arrivando anche a pensare che un genitore solo perché scatta una foto-o più di una- non abbraccia il figlio, non lo guarda negli occhi, non lo assapora fino all’ultimo istante prima che entri in classe. Penso, che una foto non faccia male a nessuno, una foto è il ricordo di quel momento, che poi guarderemo-così come spesso abbiamo fatto io e mio fratello- e con piacere. Una foto è l’emozione che si provava al momento, è il riderci sopra dopo anni e dire: “mamma che faccia”, è il ricordarsi di un avvenimento, di un tempo passato. Una foto non può cancellare dei sentimenti, delle emozioni. Un genitore può scattare una foto, ma può anche guardare negli occhi il figlio e vedere la sua paura, la sua tenerezza, l’ansia del momento, la gioia, può anche abbracciarlo dopo. Non è una foto a bloccare il flusso delle emozioni, dei sentimenti. Io sono per la foto da primo giorno di scuola, che poi il genitore voglia condividerla sui social è una scelta personale. Sono per il selfie degli studenti tra i banchi nel primo giorno di scuola, magari anche con l’insegnante che apprezzano di più. Sono per immortalare il momento, che poi non sia più vintage, che non resti più solo in un cassetto ma venga anche pubblicato, a sancire che ormai anche il primo giorno di scuola è sempre più social, è il tempo che cambia e che ci mostra l’evoluzione anche del primo giorno di scuola. Ieri e oggi.

Contrassegnato da tag , , , ,

For don’t forget

COMMEMORAZIONE STRAGE 11 SETTEMBRE

A volte abbiamo l’impressione che cambiare il mondo sia un’impresa che necessita,un cambiamento dovuto, da anni, se non da secoli. E in molti casi è davvero così. Ci sono volte, però, in cui sono sufficienti pochi minuti per far sì che il mondo non sia più lo stesso.

Dodici anni fa, l’11 settembre 2001, sono bastati una manciata di minuti, perché il mondo cambiasse in modo irreversibile. Gli Stati Uniti d’America furono attaccati da un gruppo di terroristi da un’organizzazione di matrice islamica Al Qaeda: quattro aerei furono dirottati per colpire obiettivi civili e militari.

Le vittime degli attentati furono circa 3000. Centinaia di persone persero la vita nell’impatto degli aerei, alcune furono uccise dalle ustioni o si gettarono dalle torri, mentre le restanti rimasero intrappolate e morirono nel crollo degli edifici. Nella tragedia persero la vita anche 411 soccorritori tra pompieri, poliziotti e paramedici.

“La grande mela” viene ferita, è frastornata.Una città cinta nel dolore e nell’agghiacciante silenzio. Si prega tutti insieme, in tutte le lingue del mondo, ci si aggrappa alla speranza. Gli ospedali della città sono presi d’assalto, la speranza di trovare la persona amata viva è tanta, la tensione è alle stelle. Cartoline, biglietti, foto, fiori, peluche: hanno costruito quello che in molti oggi chiamo “il muro della preghiera”, un grande, angosciante monumento della speranza infinita. Tanti i nomi italiani. La speranza in quelle ore è viva, tangibile. Ci sono fiaccolate, lacrime e soprattutto balli per invocare la pace. Si prega per chi non c’è più ma anche per chi resta, per il dolore incolmabile. New York è senza le sue due torri e migliaia di vite sono state strappate via.

L’11 Settembre è lo spartiacque del mondo. L’11 Settembre 2001 l’America riceve la ferita più dolorosa che esista. Il trauma americano, l’altra faccia, non solo geografica, del pianeta. Per l’America da quel giorno hanno inizio anni difficili, pericolosi, complessi, pieni di dubbi. L’America che oggi rischia di entrare in guerra con la Siria eppure tra diplomazia e ultimatum si appresta a ricordare, a rivivere quei tragici momenti. Ford don’t forget. Per non dimenticare.

Contrassegnato da tag , , , , , ,