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Natale 2018 è “sospeso”: il dono delivery è solidale e social

untitled“Ritornerà Dicembre con il freddo e i temporali e tu sarai già pronta con la lista dei regali… confondono i ricordi i regali di natale” in sottofondo le parole e la musica di Venditti nei suoi “regali di Natale”. Sembra proprio che nel Natale targato 2018 tra un regalo e l’altro ci sia posto per aprire il cuore agli altri, donando con spirito di altruismo e solidarietà doni sospesi. Riannodando il filo storico del “caffè sospeso”, lasciare un caffè pagato per chi non può permetterselo, usanza nata tra i cuori generosi dei vicoli di Napoli e divenuta oramai pratica solidale in molti Paesi del mondo. La crisi ha fatto il resto e la tazzina solidale è uscita dai confini partenopei per salire lungo tutto lo stivale arrivando fino a Pordenone e contagiando persino Lampedusa. La tazzulella attraversa le regioni e cambia volto diventando forno solidale a Roma, pane sospeso a Torino. Diventando “piatto sospeso” un food delivery solidale e social, con “just eat” la famosa app di cibo a domicilio, fino a pochi giorni prima di Natale, sarà possibile aggiungere al proprio ordine un pasto da donare, moltiplicando la donazione grazie ai propri follower su Instagram. Accedendo all’app, si può selezionare dal menù del ristorante solidale aderente un piatto speciale dal valore di 3 o 5 euro, che viene regalato e consegnato, grazie a “PonyZero”, a comunità, case di accoglienza e persone senza dimora ospitate in centri e luoghi dedicati, nella sera del 20 Dicembre, Giornata Internazionale della Solidarietà Umana, e in successive cene solidali organizzate in molte città d’Italia. Ordinando un “piatto sospeso” si potrà moltiplicare la solidarietà scattando una foto della propria cena a domicilio e condividendola su Instagram usando l’hastag #unpiattosospesoconjusteat e il tag alla pagina @justeat_it. In base al numero dei follower dell’utente, l’app moltiplica la donazione, insieme ai ristoranti solidali che partecipano all’iniziativa. La solidarietà ha mille volti, dal “piatto sospeso” si approda al “regalo sospeso” di Cava dei Tirreni, nel salernitano, dove sarà possibile acquistare e lasciare in sospeso a favore dei bambini e di nuclei familiari particolarmente svantaggiati o che versano in situazioni di disagio economico e sociale, un dono natalizio, che gli sarà poi consegnato. Le farmacie diventano solidali in cui saranno dispensati farmaci donati a migranti e persone bisognose. A prevederlo il progetto pilota “Farmacie di strada” lanciato qualche settimana fa in occasione dell’Assemblea pubblica 2018 di Assogenerici, per contrastare il diffondersi di patologie legate alla povertà o al mancato accesso alle cure. Le farmacie funzioneranno indipendentemente ma in stretta connessione con gli ambulatori di strada: saranno rifornite da Banco Farmaceutico che gestirà la raccolta e la distribuzione dei farmacisti volontari aderenti alla Federazione nazionale dei farmacisti distribuiranno i prodotti, secondo le prescrizioni mediche rilasciate dagli ambulatori solidali. Il progetto sembra promettere bene e sarà una sperimentazione per i prossimi dodici mesi dalla capitale romana. I regali di Natale fanno bene, senza dubbio, e perché non far del bene con i regali solidali, sostenendo piccoli e grandi progetti a fin di bene. Un dono che illumina gli occhi di chi lo riceve e dona felicità a chi lo fa. “Mantero per Dee di Vita” un turbante di seta e cashmare “Pink Butterflies” il cui ricavato delle vendite servirà per donare turbanti alle pazienti in cure oncologiche. Un bracciale “Cruciani” per sostenere “La lega del filo d’oro” , un bracciale in pizzo macramè resistente all’acqua  che unirà la solidarietà allo stile fashion. “Arsenale Accoglienza” comunità di famiglie, che dona ospitalità a minori, giovani adulti e nuclei famigliari fortemente. disagiati. Per aiutarli nella loro attività, potete regalare un pandoro o un panettone prodotti dal laboratorio della storica pasticceria torinese. Una speciale latta che racchiude la bontà del tradizionale dolce natalizio assieme al prezioso gesto di solidarietà. Un aiuto concreto a “Dottor Sorriso, Onlus che sostiene i piccoli pazienti ricoverati in ospedale, affinché non perdano la voglia di giocare e scherzare, affrontando il difficile periodo del ricovero con maggiore serenità. Insomma, i regali di Natale possono avere molti volti basta solo aprire il cuore e scegliere quello più adatto, infondo a Natale non siamo tutti più buoni e vogliamo regalare un sorriso?

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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L’arte del dono: dal caffè al pane sospeso, quando il cuore si apre agli altri

Lasciare un caffè pagato per chi non può permetterselo. E’ la tradizione del cosiddetto caffè sospeso, nata a Napoli ma ora diventata pratica solidale in molti Paesi del mondo. Un’usanza nata durante la guerra, quando il caffè era oro, padre dell’idea Napoli, per ricordare agli avventori di lasciare un caffè pagato: la moka messa sul bancone. La moka è sempre quella, gli aneddoti si accumulano negli anni: da Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, che molto spesso lascia una decina di caffè sospesi, ai professionisti che ogni giorno decidono di lasciare un caffè pagato. La crisi ha fatto il resto e la tazzina solidale esce da Napoli, sale lungo lo stivale e arriva fino a Pordenone contagiando persino Lampedusa. Nascono siti internet e diventa “la rete del caffè sospeso”, viaggia sui social network con oltre duecentosessantamila followers. La tazzulella cambia volto a Roma e diventa forno sociale, dove la gente inforna pane, lasagne, biscotti: tutto ciò che portano da casa ed è gratuito, mentre, l’aroma del caffè solidale si sparge in tutto il mondo: Spagna, Francia, Belgio, Svezia, e a Parigi il caffè sospeso diventa la baguette sospesa, in Tailandia è un pasto completo che resta sospeso per chi ne ha bisogno. A Torino si pensa al pane sospeso, un’idea al vaglio della commissione Servizi Sociali del Comune che potrebbe raccogliere e pubblicare sul sito dell’amministrazione le adesioni dei panificatori, tramite l’AssoPanificatori, disposti a partecipare e a consegnare il pane sospeso a chi ne ha bisogno. Pane acquistato dai clienti che desiderano donarne una parte. I destinatari sarebbero le famiglie in difficoltà con priorità verso le persone anziane, le famiglie in stato di disagio sociale, inoccupati. E se a Torino è solo un’idea al vaglio, a Salerno, da tre anni un panificio collabora al “pane sospeso”, ogni giorno, infatti, il panificio garantisce 15Kg di pane alle famiglie salernitane indigenti. A Messina, da anni i panifici espongono un salvadanaio destinato a piccole offerte che potranno aiutare famiglie in difficoltà, si potrà lasciare il resto o fare una donazione spontanea, anche di pochi centesimi. Le donazioni verranno poi convertite in “buoni acquisto” che verranno consegnati alle famiglie che fanno parte della “Rete Cibo Condiviso”, da spendere presso i panifici aderenti. Modi semplici per aiutare tante famiglie in difficoltà. Passi e prassi che mostrano lo specchio di un paese solidale e generoso. Ed il gesto semplice quanto umano e solidale di lasciare “sospeso” qualcosa è volato oltre oceano, dove Corby Kummer, uno dei più famosi food writer degli Stati Uniti, ha ripreso il concetto ed ha addirittura lanciato una sfida alle grandi catene americane: le aziende, secondo lui, dovrebbero aggiungere una nuova voce ai registratori di cassa, per permettere ai clienti di pagare una certa somma per gli altri. Magari in prossimità del Natale, potremmo imparare ad usare parole nuove, che non avremmo mai pensato di usare, il cui significato però ci piace, come per esempio: “pago anche un caffè sospeso”.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine sociali per il denaro.it)

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Siamo un paese per donne “deboli”?

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La notizia è apparsa su un sito internet e risuona forte nel suo eco. “Aborto.Talebani in corsia a Padova.” In un’Italia dai tagli alla sanità e da un welfare sempre più carente, nella provincia veneta il Movimento per la vita viene autorizzato a svolgere la sua propaganda negli ospedali, in particolare contro le donne in procinto di interruzione volontaria di gravidanza.

L’articolo pubblicato da “Cronache Laiche” è stato condiviso da un contatto presente tra i miei amici di facebook. Non ho potuto fare a meno di leggere i commenti, perlopiù femminili. Commenti che tra le righe additavano. Veri attacchi alle donne che rifacendosi alla legge 194/78 decidono di interrompere volontariamente la loro gravidanza.

Un mondo di donne pronto a giudicare, ad attaccare. Donne che si nascondono dietro un “ci sono tanti modi per evitare una gravidanza”. “Non ho pietà di queste donne, tranne per quelle che subiscono violenze sessuali”.
Dietro ogni interruzione di gravidanza che sia volontaria o involontaria si nasconde tanto dolore, tanta sofferenza, inaudita, incompresa. Un dolore che solo un donna conosce. Un dolore che una donna si porterà per sempre con sé. Siamo un paese di donne pronte a giudicare, a criticare, a sentenziare. Eppure nessuno si è chiesto se siamo un paese che tutela la maternità.

Una mamma è prima di tutto una donna. E le donne in un paese civile, democratico, lavorano, sono ai vertici delle aziende, hanno una carriera, sono mogli, figlie, amiche. Siamo in un paese in cui la maternità è un lusso. Una donna al desiderio di diventare mamma si trova ad un bivio: “la carriera o la maternità”. Nessuna azienda, nessun ente assume una donna incinta o continua a rinnovare il contratto ad una donna incinta. Ma nessuno lo dice. Nessuno ne tiene conto.

Siamo un paese che attraversa una forte crisi economico finanziaria ed un figlio è un lusso economico. Suona brutto dirlo ma è così. Nessuno nelle pubblicità delle mamme felici, racconta quanto costa un pacco di pannolini da 12, ed in media ce ne vogliono uno al giorno. Per non parlare di corredino, di vestitini, passeggini, latte, visite pediatriche, asilo nido-se entrambi-lavorano. Nessuno lo dice.

Oggi le coppie vivono in case piccole, 60mq con un affitto alle stelle. Nelle grandi città si sfiorano gli 800 euro mensili, a cui vanno aggiunte le spese varie oltre che la spesa per sopravvivere. Ed un bambino ha bisogno di un ambiente sano e confortevole. Ma nessuno lo racconta. Nessuno racconta della paura di molti genitori di vedersi tolti i propri figli perché magari il loro appartamento non è idoneo alla crescita di un bambino. O magari il loro reddito è molto ristretto.

Le paure, le ansie di una donna nessuno le racconta. E’ facile pubblicizzare una donna felice, magra, che allatta il suo bambino, che ci gioca con naturalezza. Ma bisogna parlare della depressione post partum che porta le donne a gesti estremi e di inaudita violenza. Bisogna parlare di quanto sia difficile per una donna crescere il proprio bambino sotto tutti gli aspetti. Bisogna aiutare le donne a tenere il loro bambino, con aiuti economici, un lavoro, la tutela del lavoro. Maternità non significa perdita del lavoro. Bisogna aiutare le donne che decidono di interrompere volontariamente la gravidanza, diamo loro un supporto psicologico non solo prima ma anche-soprattutto- dopo. Il dolore di una donna che ha sentito il suo bimbo dentro di sé, il suo corpo cambiare non può essere compreso e capito da altre donne. Siamo solidali, non attacchiamo l’universo femminile. Cerchiamo di essere un paese che tuteli le donne, quelle in difficoltà, quelle sole, quelle alle prese con una decisione importante e talvolta delicata.

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