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Riforma della giustizia: via con la cancellazione dei Tribunali per i minorenni

 

img_0217Organo di garanzia suprema, nel panorama della giustizia viene definito uno dei più grandi uffici giudiziari per l’esercizio della giustizia in ambito minorile in Italia, è il Tribunale per i minorenni, caratterizzato da un bacino di utenza assimilato al distretto della Corte d’Appello. La riforma del processo civile, discussasi nelle scorse settimane in Senato, prevede la soppressione dei tribunali per i minorenni, sostituendoli con sezioni specializzate all’interno dei tribunali ordinari. La riforma scritta nel ddl 2284, già approvato alla Camera, in un articolo prevede la soppressione dei 29 tribunali per i minorenni italiani e delle procure minorili che saranno sostituiti da sezioni apposite all’interno dei tribunali ordinari. Il mondo della giustizia è in rivolta. Sono state presentate ben quattro proposte di stralcio. Da Nord a Sud si rincorrono convegni e petizioni, la più popolare lanciata su “Change.org” ha superato le 23mila firme. Firmatari nomi di spicco della magistratura e non solo: tra associazioni di settore e non. Eppure l’Europa ha indicato l’Italia come modello nella direttiva sul “giusto processo minorile”, ma il governo si muove nella direzione opposta. Il governo taglia la giustizia, con l’intento di razionalizzarne i costi, cancellando così i tribunali dopo quasi cento anni di storia. Non solo il settore della giustizia minorile si muove contrario alla soppressione ma anche quella ordinaria già fortemente gravata dai tagli e dal ridimensionamento del personale, inimmaginabile pensare anche di accollarsi le competenze riguardanti i minori: dalle funzioni penali alle adozioni. Inoltre, il trasferimento delle sezioni minorili nella macchina già congestionata dei tribunali ordinari dovrebbe avvenire a costo zero. I tribunali per i minori spesso intervengono prima che i ragazzi compiono reati, ciò che non potrebbe fare la giustizia ordinaria, incapace di mettere in atto un intervento di prevenzione, danneggiando così gli interessi e i diritti dei minori e delle loro famiglie. Difficile immaginare che una procura, che si occupa di questioni che vanno dal terrorismo alla corruzione, possa dedicare ampie risorse alle segnalazioni dei servizi sociali. O che possa pensare al futuro dei figli delle famiglie mafiose, come hanno cominciato a fare i tribunali per i minorenni di Reggio Calabria e Napoli. Non essendo più autonomi, i passaggi burocratici delle sezioni minorili potrebbero raddoppiare, con un abbassamento del servizio. E i ragazzi, finora protetti in un sistema giudicato tra i più avanzati al mondo, finirebbero per essere una delle tante incombenze, confusi tra gli adulti e le tante scartoffie. Il rischio maggiore che gli addetti ai lavori denunciano è la perdita della specializzazione che in questi anni ha reso l’Italia il fiore all’occhiello della giustizia minorile, separata da quella degli adulti. Grazie alla composizione mista dei tribunali minorili, fatta da giudici togati e onorari, esperti in pedagogia o psicologia, assistenti sociali, fa sì che il processo penale minorile sia diverso da quello per gli adulti, improntato invece in un’ottica di sanzione e punizione. Si tratta di una logica diversa: il ragazzo non solo viene visto come autore di reato, ma anche come vittima di una situazione familiare disagiata, quindi persona da supportare ed aiutare. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. Si punta non alla punizione del minore ma alla possibilità di offrirgli una seconda possibilità. Privilegiando l’ascolto, la conoscenza delle personalità e la sospensione del processo con la messa alla prova. E l’azione deve essere immediata, perché si tratta individui in crescita che non possono attendere passaggi e tempi lunghi della giustizia italiana. Spesso le segnalazioni di abusi e maltrattamenti che arrivano alle procure si risolvono solo con gli interventi dei servizi sociali, senza il ricorso al tribunale. E con l’arrivo dei tanti minori stranieri non accompagnati, gli uffici dei luoghi di approdo sono carichi di lavoro.
Chi si pone dall’altra parte della barricata, contrario alla soppressione non vuole solo che si mantenga lo stato attuale delle cose, ma chiede in tempi celeri una riforma del sistema, stabilendo procedure univoche, che ad oggi non esistono e maggiore informatizzazione. Ad oggi, manca una banca dati dei minori che vivono lontani dalla famiglia e dei bambini adottabili. La proposta che viene avanzata è quella di creare un unico tribunale rivolto alle famiglie, che accorpi tutte le competenze. Bisognerebbe tralasciare la logica dell’efficienza economica e ragionare in termini di efficacia e questa riforma ha proprio il segno dell’inefficacia.

(Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)

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Orfani del Mediterraneo, quei minori stranieri non accompagnati che sbarcano in Italia

img_0217Remon, a quattordici anni è fuggito dal suo Paese, l’Egitto, senza nemmeno avere la possibilità di salutare i suoi genitori e suo fratello. Con follia e paura si è rivolto a scafisti senza scrupoli pur di raggiungere l’Italia e diventare un ragazzo libero di studiare. Libero di professare la sua fede: lui è cristiano copto. È stato chiuso durante la trattativa economica con la sua famiglia in un appartamento alcuni giorni. Poi, disorientato, ha cambiato tre imbarcazioni. Pericolose, gelide. Senza mangiare se non riso cotto con l’acqua salata, bere se non benzina. Ustionato di giorno dai raggi del sole, congelato la notte. Poi è arrivato in Sicilia, pensando che quell’isola fosse la famosa Milano. Quella città di cui tanti parenti gli parlavano in Egitto. Dove si lavora, si studia, si può pregare senza rischiare la vita. Ma è diventato un numero, dopo lo sbarco. È entrato in un centro di accoglienza, poi un altro e ha capito cosa sia la paura. Ma anche quanto valga la libertà: più della solitudine. Più di qualsiasi timore. Quando stava per smettere di avere speranza e di contare i giorni, ha incontrato Carmelo e Marilena. Una coppia generosa, senza figli, che l’ha accolto e gli ha permesso di salvarsi e studiare ad Augusta. Remon, ha deciso di lasciare la sua storia come un’impronta, tra le pagine di un libro, scritto dalla giornalista e scrittrice, Francesca Barra, “il mare nasconde le stelle”. Remon è l’emblema di tanti orfani del Mediterraneo, piccoli anonimi, che arrivano in Italia. Sono schiavi invisibili, giovanissime vittime dello sfruttamento e della tratta dei migranti. Un fenomeno nascosto e difficile da tracciare che vede come protagonisti i minori stranieri giunti in Italia via mare e via terra, molti dei quali non accompagnati da genitori o parenti. Secondo l’Organizzazione umanitaria, in Italia tra gennaio e giugno 2016 sono arrivate via mare 70.222 persone in fuga da guerre, fame e violenze. Di queste 11.608 sono minori, il 90% dei quali (10.524) non accompagnati. Un numero più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando si sono registrati 4.410 arrivi. Piccole vittime dello sfruttamento. La tratta di persone, in Italia, costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga. Ovviamente i minori stranieri, soprattutto quelli non accompagnati, rappresentano un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre profitto dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli: dallo sfruttamento nel mercato del lavoro nero, alla prostituzione, allo spaccio di droga fino ad altre attività criminali. Un girone infernale, in cui rischiano di finire i minori stranieri non accompagnati, eppure il sistema giuridico italiano, attraverso la figura dell’assistente sociale, ha l’obiettivo di tutelare i minori stranieri non accompagnati. Qualora un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio identifichi un minore straniero non accompagnato sul territorio dello stato italiano, le leggi da applicare sono le stesse previste per la protezione dei minori italiani. Di conseguenza sarà suo compito segnalare la situazione del minore alla procura e al giudice tutelare. Il minore che verrà riconosciuto in stato di abbandono verrà collocato in luogo sicuro. Laddove ve ne siano le condizioni verrà aperta la tutela e valutato l’affidamento del minore. I minori stranieri sono inespellibili dal territorio italiano salvo che per ragioni di ordine pubblico e sicurezza dello stato. Il D. Lgs 286/1998 e il DPR 394/99 prevedono però la possibilità del rimpatrio assistito del minore quando questo è considerato opportuno nell’interesse dello stesso. “Rimpatrio assistito significa affidare nuovamente il minore alla famiglia o alle autorità responsabili del paese di provenienza con un progetto di reinserimento. Per i minori stranieri non accompagnati che restano nel nostro Paese, è previsto un lavoro congiunto tra Assistente Sociale e Tribunale per i Minorenni, affinchè si riescano a rintracciare familiari entro il quarto grado di parentela per un affido intra familiare, oppure optare per un affido extra- familiare, ovvero, famiglie che hanno dato la disponibilità ad accogliere in casa dei minori privi o allontanati dalla loro famiglie. E’ il primo passo per un Paese come l’Italia verso l’integrazione e l’apertura all’altro, specie se minore, che spesso ha vissuto esperienze traumatiche durante la traversata in mare. Ma siamo un Paese generoso che lo fa lontano dai riflettori. Esistono tante famiglie che accolgono minori immigrati, con sacrifici e sforzi inenarrabili. Con una fiducia dettata da un solo istinto: l’amore gratuito. Perché l’affido è la forma di amore più incondizionata e rischiosa. Sono bambini indifesi, che vivono in conflitto perenne tra i ricordi della famiglia biologica e la gratitudine. Il cibo della loro terra e quello del paese che li ospita. In conflitto tra le abitudini e la spontaneità. La lingua. Esistono i confronti, che sono inevitabili e dolorosi. Dovremmo fare tutti un passo indietro, essere aperti alla forza dell’amore, della fede, del sogno onesto di questi bambini, che vince su tutto. Un Paese che accolga e non chiuda: dalla scuola alla famiglia, grattando via pregiudizi e ragionamenti banali. Cercando di costruire un Paese tollerante ed aperto, ma anche di professionisti che lavorino in rete verso la stessa finalità.

 

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Abusi sui minori, guardate ed ascoltate i vostri figli

untitledPeriferia di Napoli: Caivano è lì che nel 2014, tra i palazzoni, lo sporco, il degrado, le difficoltà di una vita che già da bambini diventa difficile, che la piccola Fortuna, dopo diversi abusi ha trovato la morte. Ad abusare di lei per poi ucciderla il suo vicino di casa, che oggi, grazie alla testimonianza e alla voglia di giustizia, di verità, alla voglia di liberarsi di un peso troppo grande per un bambino, è stato incastrato dal racconto dei bambini.

Il caso della piccola Fortuna, riporta alla ribalta un tema tanto scabroso quanto difficile: la violenza e l’abuso sui minori. Un tema pesante e complesso e ve lo dice una che si è laureata con una tesi in “Maltrattamento e abuso sui minori, l’intervento dei servizi sociali”. Un tema che richiama a sé come in un vortice dantesco tante altre tematiche, che vorrei sviluppare con voi: la mancanza di rispetto, il non guardare al dolore dei piccoli, l’omertà degli adulti, il non accorgersi che il proprio piccolo ha subito una violenza.

Ma andiamo con ordine… l’orco che abusa di un bambino è a mio avviso un egoista, ma anche una persona disturbata, che ha bisogno di aiuto, ma deve necessariamente scontare una pena, che sia d’esempio ed esemplare, che non servirà a cancellare il dolore e la ferita permanente che questi piccoli hanno, ma servirà ad alleviare le loro sofferenze, a mostrare una Giustizia. Anche Papa Francesco, ha condannato fermamente questi atteggiamenti, invitando a punire questi comportamenti.

L’omertà degli adulti è altrettanto un crimine, a mio avviso, sapere, vedere ma far finta di niente, convincersi che non sia così, è un doppio crimine. Non esiste amore o scuse. Chi sa e tace, sbaglia e danneggia ulteriormente il bambino. Chi sa deve denunciare, urlare il crimine commesso e tutelare il piccolo, sempre. Nel caso di Caivano, i bambini che hanno permesso di incastrare dopo qualche anno l’orco hanno dimostrato come il muro di omertà si possa sconfiggere.

Dimentichiamo e dimenticate che la pedofilia, i casi di abuso che esso sia fisico, psicologico  o sessuale, abbia origine solo ed esclusivamente in un contesto di povertà e di degrado, quello di Caivano è solo un caso. La pedofilia risiede, ce lo insegna anche la cronaca, persino tra i sacerdoti, esiste anche in quei contesti dove vivono i professionisti, le famiglie “perbene” ed è proprio lì che spesso si tace, si nasconde il tutto e si continua per anni nel totale silenzio ed indifferenza, che permettetemi di dire fa ancor più schifo e rabbrividisce.

Non è sempre facile capire se un bambino ha subito abusi, come nel caso di Fortuna, dove il papà non aveva avuto alcun sentore. Ma alcuni comportamenti, possono metterci in guardia. Certo, non forniscono da subito prove certe, ma possono fornire i primi input, quelli che in gergo tecnico vengono chiamati “indicatori”: guardate i disegni dei vostri bambini, notate se le figure sono più grandi del solito, se emergono con continuità e ripetizione parti intime o parti del disegno più grandi rispetto al normale. Notate, se tendono a riportare con frequenza la stessa persona.

Non solo disegni… a volte i bambini non conoscono le parole giuste o hanno difficoltà ad esprimere quello che hanno vissuto, ma è un vissuto doloroso e spesso l’indicatore cardine è il suo cambiamento di comportamento, talvolta la difficoltà a dormire, un rapporto contrastante col cibo. Attenzione ai cambiamenti d’umore: sbalzi repentini, attenzione all’isolamento a scuola e tra gli amici. Ponete attenzione alla loro aggressività e a sbalzi tra comportamenti aggressivi a comportamenti docili e buoni.

Ascoltateli, anche se sono confusi, se mescolano discorsi: fate attenzione alle parole, al tono, a cosa dicono, a perché lo dicono. Non incalzateli di domande e di perché, ma ascoltateli e poi ritornate anche attraverso il gioco all’argomento.

Fate attenzione alla sua concentrazione a scuola, ad eventuali atteggiamenti seduttivi verso gli adulti. Guardate il loro corpo, la violenza fisica lascia segni. Nessuno di questi comportamenti indica con certezza che il bambino ha subito abusi. Altri disagi possono originare comportamenti simili che vanno sempre condivisi con uno specialista.

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