Era il giugno dello scorso anno e la Camera approvava la legge che dà disposizioni sulla tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto al fenomeno del cyber bullismo, una legge che tutela i minori coinvolti in violenze per via telematica. Obiettivo della legge è quello di contrastare il fenomeno in tutte le sue manifestazioni, con azioni preventive e a tutela puntando all’educazione dei minori coinvolti. Questo sia per quello che riguarda le vittime sia i responsabili, assicurando inoltre l’attuazione degli interventi necessari. Il cyber bullismo è un fenomeno in crescita e senza freni, almeno una vittima ogni trenta bambini. Sono gli stessi genitori italiani a denunciarlo, tanti altri, rimangono in silenzio, soffocati dalla paura, dal timore delle conseguenze. Molti genitori non sanno riconoscere i segni di questo problema, inoltre, tanti bambini decidono di tacere gli episodi subiti, spesso per paura di perdere l’accesso ad internet oppure di azioni da parte degli adulti che potrebbero metterli in imbarazzo o in difficoltà con i loro coetanei. Gli strumenti di bit sono sempre più pervasivi, le minacce che si trascinano dietro, in evidente espansione. Ma i modi per stendere a tappeto i cyber bulli non tardano ad arrivare, cominciando proprio da Instagram il popolare social di fotografie, che nel nuovo aggiornamento aggiunge il filtro anti-haters. Il noto social network ha rilasciato un nuovo aggiornamento per combattere gli haters con un filtro che blocchi i commenti offensivi. Il filtro si muove per identificare commenti che contengano attacchi all’aspetto fisico o al carattere di una persona, nonché minacce alla sua sicurezza. Il filtro che tende di arginare il bullismo è stato rilasciato a livello globale e attivato in automatico. Convinzione e certezza della scelta fatta è arrivata proprio dal team di lavoro del popolare social che nella direzione di proteggere i membri più giovani della community scrive che: “è fondamentale per aiutarli a sentirsi a proprio agio per esprimere chi sono e cosa gli interessa”, volto ad un uso virtuoso del social network. Dai social che mirano ad arginare il fenomeno si arriva alla legge che tutela i minori coinvolti in violenza telematica. La legge ha introdotto delle novità, cominciando proprio dal significato di cyber bullismo, infatti, nel testo di legge è riportato che si intende: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, manipolazione, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso o la loro messa in ridicolo”. Un minore vittima di cyber bullismo o i responsabili del minore hanno il diritto di inoltrare, ai titolari dei siti web o dei social network interessati, un’istanza per la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore. Se non si dovesse provvedere a tale rimozione entro le quarantotto ore, si avrà il diritto di rivolgersi al garante della privacy che interverrà entro le quarantotto ore successive. La legge, inoltre, estende per il cyber bullismo la procedura di ammonimento da parte del questore, già prevista in materia di stalking. In caso vi dovessero essere delle ingiurie, diffamazioni, minacce o trattamenti illeciti di dati personali commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del questore. Infine, si dispone che in ogni istituto scolastico sarà individuato tra il corpo docente un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyber bullismo. Al preside spetta informare subito le famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e stabilire eventuali azioni di carattere educativo e percorsi di recupero. In particolare, il Miur ha per effetto della legge, il compito di predisporre linee di orientamento di prevenzione e contrasto puntando anche sulla formazione del personale scolastico. Alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno anche la polizia postale e le associazioni del territorio. Accanto ad un lavoro istituzionale e di prevenzione, occorre però la collaborazione dei genitori, che seppur spaventati dal fenomeno, sono pochi ancora i genitori che non filtrano in alcun modo l’accesso al web e nemmeno le applicazioni per lo smartphone. I genitori svolgono un ruolo fondamentale nell’educazione dei loro figli indicando i limiti da rispettare per un comportamento accettabile e sicuro. Un dialogo aperto sulle esperienze del web è il primo passo per proteggere i propri figli dal sistema online. Internet è una risorsa importante e preziosa per la crescita dei ragazzi, che tra l’altro non conoscono alcun mondo al di fuori del web. Ma, hanno bisogno di regole e queste devono fornigliele i genitori, stabilendo in famiglie delle regole. Se i pericoli sono all’esterno e nell’ovunque digitale, gli anticorpi si sviluppano sempre e da sempre tra le mura di casa.
(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine sociali per ildenaro.it)
Gli eroi sono quegli uomini che ogni giorno in silenzio, con orgoglio e passione per la missione di vita che hanno scelto, scrivono pagine esemplari. Marco Pittoni, era uno di questi, che nel silenzio del proprio lavoro, dimostrò esempio, coraggio, rispetto e valore della divisa che aveva sempre con fierezza indossato, quando per sventare una rapina in un gremito ufficio postale del centro di Pagani, dove prestava servizio in qualità di tenente dei carabinieri, venne ucciso per mano criminale. Accadeva dieci anni fa. Era il 6 giugno 2008: il piombo e il sangue seminano il terrore nella città di Pagani, sotto gli occhi di adulti e bambini del centralissimo ufficio postale della cittadina salernitana, cade per effetto di due pallottole sparate a bruciapelo, il tenente Pittoni. L’omicidio segnò la città, la scosse, come un terremoto immane, segnando le coscienze e dimostrando l’urgenza di una risposta intransigente contro la criminalità organizzata, da parte delle istituzioni e della società civile. Pagani, una città listata a lutto, avvolta da un silenzio profondo, che scuoteva le coscienze, interrogava, scalfiva un ricordo doloroso, esempio e testimone di legalità, così furono segnati i giorni successivi all’assassinio di un uomo che non aveva “opposto l’arma, ma la dolcezza del suo sguardo libero”, come disse un monsignore durante la celebrazione dei funerali di Stato. Una lunga scia di sangue innocente che condusse gli inquirenti dopo notti insonni e giorni di ricerche, perquisizioni, in cui ogni pista veniva battuta, agli assassini dell’ufficiale che, a mani nude affrontò i banditi, ciò li costrinse a lasciare ovunque impronte e a commettere errori fatali. Una corsa contro il tempo, uno spiegamento eccezionale di forze e di impegno, hanno consentito ai carabinieri di mettere le mani sul commando. Poi, una dietro l´altra, sono arrivate le prove che incastravano gli indagati. Giovane, 33 enne, originario della Sardegna, era un brillante carabiniere, aveva un intuito investigativo, una visione ampia ed una determinazione assoluta. Quel giorno era all’interno dell’ufficio postale per mettere a punto un piano di sicurezza nei punti più strategici della città. Pittoni non esitò a bloccare i malviventi senza usare le armi, per proteggere i clienti e gli operatori presenti, i malviventi, spararono dei colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo raggiunse senza lasciargli scampo. Un sorriso che sapeva di lealtà, di bontà, di gentilezza, improntato all’altruismo ed ai più piccoli: “il tenente buono”, quando regalò in seguito ad un sopralluogo di lavoro, una bicicletta al bambino che tanto la desiderava. Marco Pittoni, aveva un limpido e profondo amore per la patria e il suo senso dello Stato, sentimenti imparati nel contesto familiare sin dall’infanzia e poi coltivati negli anni con i fatti, attraverso il lavoro, il rispetto dell’autorità, il rispetto per la divisa che indossava. Era un uomo dotato del senso del dovere e coraggio, conoscenza e integrità. Il nome, l’esempio di Marco Pittoni rimane forte, immagine migliore del nostro tempo, tesoro di valori per la formazione civica dei giovani e di ogni cittadino, motivo di orgoglio per un paese che ha sempre cercato il fresco profumo della legalità che si contrappone al puzzo del compromesso. Quello che resta è la voglia di ricordare un eroe e un martire per vocazione, di diffondere il principio di legalità, tenere a qualsiasi costo la schiena dritta di fronte al potere e alle sue fatali devianze. A nove anni di distanza il ricordo di Marco Pittoni, l’esempio del suo forte senso del dovere, del suo senso di giustizia restano indelebili e incancellabili, segnando i passi dei più giovani e non solo: il suo lavoro, il presente di tutto. I suoi sogni, il futuro della società civile e dieci anni dopo siamo chiamati a coltivarli ancora, con più vigore e forza, tramandandoli alle nuove generazioni, raccontando di un uomo che fece della sua divisa la sua vita, quella divisa che ha rispettato immensamente ed è per questo che uomini come Marco Pittoni non vanno dimenticati, ma ricordati nelle azioni di ogni giorno, nel lavoro quotidiano che ogni giorno conduciamo, nel rapporto coi più giovani, perché come avrebbe detto un altro grande eroe italiano: “gli uomini passano, le idee restano” e quelle idee vanno coltivate ogni singolo giorno, in ogni angolo di territorio italiano perché il sacrificio di uomini buoni e giusti non può e non deve essere vano.
Ponti tra la Chiesa e la strada” è la metafora di un’affermazione di Giovanni Paolo II, utilizzata per definire gli oratori, generatori di speranza e di sociale, luogo della socializzazione, del gioco e dello svago, negli anni di generazioni ne sono passate per gli oratori. Giovani di un tempo che intorno ai 13-14 anni trascorrevano i pomeriggi in oratorio ad ascoltare il curato che faceva lezioni di buona politica, insegnava ad osservare il quartiere e a farsi carico dei problemi degli altri, educando alla partecipazione. E’ quella che don Bosco definiva come la formazione “dell’onesto cittadino e del buon cristiano”. Oratori generatori di valori socio-educativi che insieme alle altre agenzie educative del territorio contribuisce a creare la rete educativa a favore delle giovani generazioni lì presenti. Un ruolo accantonato e dimenticato per troppo tempo, quello degli oratori, che in rete con le agenzie educative diventa risorsa per tanti giovani, ma è in atto una rinascita in un’ottica di contrasto alla povertà educativa degli oratori italiani: sono poco più di 8.000 gli oratori censiti in Italia, in una tradizione che si tramanda in Italia da oltre 450 anni, dai tempi di San Filippo Neri nella Roma del ‘500.. In questi secoli l’oratorio ha saputo adattarsi alle esigenze dei tempi restando sempre nell’alveo dell’educazione oltre che della formazione cristiana dei giovani. Come tutte le realtà, anche quella degli oratori risente fortemente dei cambiamenti che sta vivendo la società italiana. Due i caratteri di novità: la presenza di molti ragazzi, figli di famiglie immigrate, che provengono da altre culture, da altre confessioni cristiane e da altre religioni, che sono accolti all’interno di una stessa precisa identità: i giovani che crescono all’interno dell’oratorio, trovano un luogo che educa ad abitare. Un altro aspetto è legato all’attuale crisi. L’oratorio in sé non è legato all’attività economica, per cui non risente direttamente della crisi, ma la domanda da parte della famiglia è fortissima. L’economia fiorente ha spinto negli anni le famiglie ad uscire dai confini dell’oratorio per le attività di sport, musica, potendo garantire ai loro figli proposte più ampie, ma ciò che mancava era un’educazione integrale. Oggi, invece, i genitori si sono accorti che i loro figli sanno fare tante cose, ma fanno fatica a vivere. Da qui lo sguardo verso l’oratorio, dove ci sono attività nuove, ristrutturate, ma c’è soprattutto l’attenzione alla persona, alla sua creatività, alla sua libera espressività. Cresce, dunque, nelle famiglie l’esigenza di uno spazio a misura di una crescita integrale dei ragazzi. E così a nuova vita nasce l’oratorio che si propone a contrasto alla povertà educativa, una delle attività offerte è quella del doposcuola, secondo i dati la media nazionale è dell’ 83%, più al nord e meno al Sud col 74%. Un servizio che si fonda molto sui volontari. Giovani che aiutano altri giovani. Un doposcuola che si modella alle esigenze: dalla semplice spiegazione dei compiti alla formula dell’integrazione che si unisce alla socializzazione, alle attività sportive e al disegno, cercando di far esprimere tutte le arti espressive: teatro, danza, canto, musica. In alcuni oratori si organizzano corsi di cucina e tra farina che vola e biscotti da fare nella semplicità nascono legami d’affetto e d’amicizia, conoscendo la normalità e la semplicità dei gesti e dello stare insieme. Ma, l’oratorio offre anche per gli adolescenti e i giovani l’occasione di mettersi al servizio in attività di animazione ludica e formativa per i più piccoli, i cui momenti di maggiore attrazione è l’estate con gli immancabile campeggi. Vanno anche considerate le gite in cui si fonde l’aspetto ricreativo, culturale ed ecologico-ambientale, un insieme di elementi che aiutano il giovane a crescere in una dimensione culturale che non aveva mai conosciuto né considerato. Inoltre, l’oratorio organizza fiere o piccole vendite, che coinvolge i più giovani verso le attività caritatevoli e di volontariato, facendogli conoscere il valore dell’aiuto all’altro. L’oratorio è stanze, biliardino, cortili e campi da gioco, dove correre e sorridere agli altri, ma non è solo struttura è anche e soprattutto persone, generazioni diverse che si incontrano, ragazzini ed animatori poco più grandi loro, gli educatori, i genitori che vanno coinvolti nelle attività e nel dialogo educativo, perché l’oratorio non è un luogo ad ore per i genitori che lasciano i figli con la certezza che siano al sicuro, ma l’oratorio è il luogo educativo aperto alla collaborazione e al confronto con tutti. “La più grande palestra di umanità e di relazioni umane che si possa immaginare”, la definisce Don Michele Falabretti, responsabile nazionale pastorale giovanile della Chiesa Italiana. Relazioni umane vere, sincere, che uniscono e non dividono, che si fondono nell’ascolto e nell’empatia dell’altro, incontrando il dialogo e la diversità culturale, fisica, morale, educativa, che si realizza in ricchezza per i più giovani. E poi l’adulto che come tale deve insegnare ed il minore che deve crescere assumendosi le responsabilità delle sue azioni consapevole che è l’erede del futuro e di una comunità educante che sarà tramanda di generazione in generazione. Che l’oratorio possa diventare generatore di speranza e di futuro per i più giovani?
Da Torino a Roma, scendendo sino alla punta dello stivale, Catania. I registrati dell’anagrafe dei comuni italiani iscrivono la nascita dei figli di genitori dello stesso sesso. Dalla sindaca Appendino alla pantastellata Raggi, al sindaco catanese, si procede a trascrivere i certificati di nascita stranieri di figli di coppie omosessuali senza che sia intervenuto un Tribunale con un sua ordinanza. Pioniere, a dirla tutta, era stato l’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, nel 2015 che aveva provveduto alla trascrizione all’anagrafe capitolina senza una sentenza. Le due mamme romane, tornate in patria dopo la nascita del bimbo in Argentina, avevano presentato domanda al comune di Roma perché questa trascrizione venisse riconosciuta anche in Italia. Decisione che aveva provocato spaccature politiche e diviso il Paese. Ma erano state la Corte d’Appello di Trento prima, di Roma dopo, a emettere sentenze favorevoli al riconoscimento di genitori dello stesso sesso. Una decisione coraggiosa dal punto di vista politico ed innovativa sotto l’aspetto giuridico che apre le porte degli uffici anagrafi dei comuni alle famiglie arcobaleno. Un excursus sociale che nasce dalle coppie same sex a cui era data la possibilità dell’adozione cosiddetta “mite”, non una vera e propria adozione ma qualcosa che si avvicina, oppure avevano la facoltà di trascrivere gli atti di nascita nei paesi in cui il sesso dei genitori non veniva considerato, come in Spagna, o ancora facoltà di trascrivere sentenze straniere di adozione. Ma nel silenzio politico, la magistratura, ha riletto le norme del diritto interno alla luce dei principi del diritto internazione, facendosi carico negli ultimi anni di trovare soluzioni che tutelassero i figli delle coppie arcobaleno evitando di discriminarli. Sino ad oggi, con la decisione di comuni di superare le soluzioni di ripiego e permettere ad un bambino, nato in una coppia omogenitoriale, di essere identico al suo compagno di banco, figlio di due genitori eterosessuali. La parola fine ancora non è scritta, anzi, è tutto ancora aperto, la registrazione potrebbe essere impugnata davanti al giudice, in quanto nel nostro ordinamento, i genitori sono sempre un uomo ed una donna. Eppure non ci sono nell’ordinamento italiano norme che regolino l’iscrizione all’anagrafe di figli di genitori dello stesso sesso. Mancano però anche i divieti costituzionali. E’ in questo spazio che si sono inseriti i tentativi, riusciti già dai comuni, di iscrivere i figli di genitori omosessuali. Durante l’approvazione della legge sulle unioni civili si era aperto uno spiraglio con la proposta della stepchild adoption, l’adozione da parte del coniuge, che poi era stata accantonata dal Parlamento tra le polemiche. Insistono, intanto le sentenze del tribunale di Trento, della Corte d’Appello, e anche della Cassazione. Il tratto comune è quello che in assenza di una legislazione, i tribunali costringano i comuni ad effettuare la registrazione in forza del fatto che non esiste un divieto generale nella Costituzione. Insomma, ci sono ancora nuvole sopra l’arcobaleno. Oltre l’aspetto legislativo e giurisprudenziale che andrà chiarito anche oltrepassando le ideologie e le opinioni personali e politiche, resta un passo storico e civile che alcuni comuni hanno deciso di compiere, un passo che sarà storia personale di questi bambini, connotando un’evoluzione ideologica: negli anni settanta, i bambini di genitori divorziati, erano visti come figli di un peccato, nelle scuole religiose di pregava anche e soprattutto per loro, perché si diceva privi di una guida solida e comune. Oggi, invece, che la nostra società convive quasi come fosse abitudine e consuetudine a genitori separati e figli divisi nei giorni e durante le feste, siamo a confronto coi figli di genitori omosessuali e di bambini che presto andranno a scuola e si confronteranno con i pregiudizi di adulti e bambini. Infatti, secondo la comunità scientifica internazionale, all’unanimità, ha riferito come un bambino figlio di genitori dello stesso sesso rischia di ammalarsi più dei figli di una famiglia tradizionale, la malattia connessa ai bambini arcobaleno è quella del “minority stress”, ossia il “bullismo” che l’ambiente può attivare contro questi piccoli soggetti. La condizione di stress di natura cronica che caratterizza la vita di determinate persone – si legge nella ricerca dell’Università di Napoli Federico II – le cui differenze sono oggetto di stigma (o che, comunque, sono considerate come negative all’interno di un determinato gruppo sociale o ambiente socio-culturale), prende il nome di minority stress. Tale forma di stress può colpire alcune minoranze come, ad esempio, quelle sessuali oppure quelle composte da insiemi di persone che possiedono determinate caratteristiche.” Sotto l’aspetto della conoscenza della propria condizione, bambini arcobaleno, si basa prevalentemente sulle informazioni e sui modelli che vengono veicolati dai media, senza il sostegno di adulti comprensivi, in quanto sono pochi coloro che sono informati e formati sulle famiglie omogenitoriali. Il confronto con i pari, con altre coppie omosessuali, avviene solo successivamente. Ecco che la condizione di stress prolungato, derivato dal pregiudizio e dalla discriminazione, diventa una fonte significativa e influente sulla salute mentale, soprattutto se si percepiscono determinati contesti sociali come ostili, avversi o indifferenti. Insomma, abbiamo bisogno ancora di compiere molti passi normativi ma anche ideologici e di supporto.