Siamo un Paese che resta in silenzio davanti ai soprusi. 

  Il vero male del nostro paese è l’omertà e la protezione. Siamo un Paese rassegnato al danno, al problema. Eppure spesso il danno ci viene recato direttamente. Restiamo in silenzio, immobili. È una storia che ogni volta si ripete: per paura, perché pensiamo che alcune persone siano “forti”, o perché si pensa che quella persona possa servirci, in quanto influente. Non esiste nulla di più influente di quello che noi abbiamo da dire, della nostra parola, della nostra opinione, della nostra denuncia. È tempo di capirlo. Se un medico sbaglia a leggere un semplice referto, ma l’anno dopo ti ritrovi con un male che nel tempo è solo peggiorato, bisogna rinfacciarglielo e dirlo, urlarlo. Affinché altri non passino il tuo stesso calvario. Restiamo in silenzio davanti ai colloqui in cui ci passano davanti i figli di papà, pensando che loro siano “più potenti”. Cosa è più forte il sapere, la cultura o una raccomandazione? Io continuerò a credere sempre al sapere e alla cultura, al profumo del sacrificio che poi mi porta dritta alla conquista con la schiena dritta e la testa in alto. Perché come mi disse di recente un gran professore, un grande medico:”Cammina con la schiena dritta e la testa in alto, perché tu non hai nulla di che scusarti e non devi dire:scusate se sono al mondo”. Io quel monito l’ho fatto mio,perché aveva colpito nel segno. Ogni giorno restiamo in silenzio seppur inquinano le nostre terre e lo vediamo con i nostri occhi, ma non vogliamo essere testimoni scomodi. Ogni giorno, iniziando da me, cerco di trovare “a pezz a color”-come dicono dalle mie parti, al collega che copia un articolo mio o di un mio collega e poi sbandiera la bandiera del “io non copio, sono la purezza del giornalismo”. O cerchiamo attenuanti, scuse perché un amico ci ha traditi o ci ha voltato le spalle nel momento del bisogno. È tempo di ribellarci ai soprusi, alle piccole minacce sotto un sorriso. Solo ribellandoci potremmo rendere questo Paese più “pulito”, più “fresco”, col vento della libertà e del cambiamento che torna nuovamente a soffiare.

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“La carica dei figli di…”: la Ramazzotti sbarca anche nel mondo della moda

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messIl “caso Ramazzotti” ha mobilitato negli ultimi giorni il mondo social, i quotidiani, i periodici, scaldando ancor di più questo rovente Agosto. Riassunto per chi si fosse perso qualche dettaglio: la giovane Ramazzotti, è stata “scelta” per condurre dal prossimo 9 Settembre la striscia quotidiana dei “X Factor”, il fortunato talent musicale di Sky. Ma come se non bastasse, la “figlia d’arte” ha debuttato anche nel mondo della moda, come dimostrano delle foto, pubblicate in esclusiva sul settimanale “Chi”. La ragazza sarà infatti testimoniale per la campagna autunno-inverno di SH, la linea giovane del brand Silvian Heach. Nel giro di poche settimane, la Ramazzotti, si è trovata proiettata nel mondo delle celebrities. Inutile dire, che già dall’annuncio della conduzione affidata alla primogenita della coppia Ramazzotti-Hunziker è venuto giù il mondo. “Raccomandata”  e via via di questo passo, in un crescendo di critiche e in alcuni casi anche di insulti. Per difendere la rampolla di casa, si è scomodato anche la popstar di casa, Eros Ramazzotti sostenendo la teoria che la gavetta si trasmette tramite il DNA, quindi, basta che l’abbiano fatta i suoi genitori, lei l’ha ereditata. Dalla sua la giovane rampolla ha i boss di “X Factor” che senza dubbio hanno puntato sulla popolarità della giovane che quindi sarà un’ottima carta per gli ascolti. Contro, ha la mancanza di esperienza, perché infondo la ragazza non la conosciamo, tranne che per le sue numerose foto che posta sui social e la presenza come oggetto di paparazzate sulle riviste gossip. Segno di chi volesse le luci della ribalta. Si sperava, certo, nella saggezza dei suoi genitori, dei produttori tv, affinché non le facessero proposte che non fossero alla sua altezza.

Il punto non è “lavora perché è la figlia di…”, il punto che questa ragazza oltre ad un cognome “importante” e due genitori “famosi” non ha più nulla. Non ha conoscenze, non ha sapere, non ha neanche fascino,-magari uno si aspetta che l’abbia ereditato dalla mamma-,ma non ha neanche quello. Basta guardare le foto sul settimanale “Chi”. E’ una ragazza, spenta, senza spontaneità. Anche le foto che posta: tutte poste studiate e frasi sulla “vita”, che mi spiace, la giovane non conosce. Perché è bastato che mamma e papà alzassero il telefono per far sì che la giovane entrasse nel mondo del lavoro e non certo dalla porta sul retro bensì nel mondo della conduzione.

Certo, c’è chi dice che bisogna vederla all’opera, di darle fiducia. Sarà forse anche così, ma non ci riesco, perché una che vorrebbe andare oltre le polemiche e dimostrare la stoffa-ammesso che ci sia-anzicché essere in vacanza, andrebbe a studiare, per dimostrare ciò che è. Ma naturalmente sul suo curriculum ci sarà scritto figlia di “Ramazzotti-Hunziker.”

Ciò che sicuramente non fa bene a questo Paese è proprio questo: il mondo dei “figli di”. Un paese contraddittorio: perché a noi figli della vita ci chiedete di studiare e lo facciamo, ci chiedete la laurea e tra mille sforzi la prendiamo, ci chiedete di specializzarci e lo facciamo, ci chiedete non uno, ma due se non tre master e li facciamo, poi non basta e ci chiedete i corsi di formazione e poi di perfezionamento. Poi ci troviamo di fronte una Ramazzotti e non so più cosa pensare.

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“Il bambino dell’acido”:quando maternità e crudeltà fanno discutere

7011967_origLa maternità che si mescola alla crudeltà. E’ il caso di Martina Levato, la neo mamma sulla quale pesa una condanna giudiziaria, che giorni fa ha dato alla luce il suo piccolo Achille, strappatogli non appena il piccolo ha visto la luce del mondo. In molti parlano di crudeltà. Don Antonio Mazzi, persona che stimo profondamente, ieri mattina ha detto che la giustizia non sostituisce l’amore. Aggiungendo: “Credo che il giudice abbia preferito lavarsene le mani e applicare le normali procedure.” Questa volta non sono d’accordo con Don Mazzi e con i tanti che parlano di crudeltà e sbandierano ai quattro venti l’amore che questa donna potrebbe provare per il piccolo. Perché non pensiamo a tutelare il bambino invece di parlare di crudeltà? Sono una zia, follemente innamorata del proprio nipote, ed io, francamente, mio nipote non glielo affiderei. Nessuno di voi affiderebbe il proprio figlio. Dunque, perché lasciare quel bambino alle “cure” di una donna condannata per aver gettato dell’acido al suo ex fidanzato? Alla storia della strega cattiva che diventa fatina non ci credo. Una donna violenta non aggiusta il suo equilibrio perché ha partorito un figlio. Una nascita non può cancellare ogni colpa. Una nascita non può essere il bonus per un’altra chance. Sono forse, per deformazione professionale, per il lavoro che dovrò fare, per tutelare i minori. Sempre. Non esistono “se” o “ma”. Quel bambino come tanti altri non ha alcuna colpa ed ha tutto il diritto ad una mamma ed un papà, che siano due persone estranee alla cattiveria e alla crudeltà. Un bambino cresce bene con chi lo ama, lo accudisce, lo considera persona, quell’esserino che sarà il prolungamento di sé. E’ bene dire che i genitori sbagliano e quando sbagliano bisogna proteggere i bambini. Non affidi un figlio ad un padre con problemi psichiatrici. Non vedo perché non dovrebbe essere lo stesso con una madre che ha problemi psichici.

Perché forse esiste ancora quell’idea che la donna in quanto generatrice abbia il diritto a poter avere una seconda chance?

Sono pienamente d’accordo con la scelta del giudice e a differenza di Mazzi, credo che abbia fatto la cosa giusta: una delle rare volte in cui in Italia è stata fatta la cosa giusta. Perché caro Don Mazzi e cari lettori, se il giudice avesse fatto la scelta opposta e la donna negli anni si sarebbe scagliata in un atto di violenza contro il bambino, avreste detto tutti che la scelta fatta a monte era stata azzardata, scellerata e vi sareste scagliati tutti contro “il sistema”,contro il giudici e gli assistenti sociali: che quando vi fa comodo sono streghe altre volte fatine che scrivono il “lieto fine”.

Tuteliamo il piccolo, sarebbe crudele non farlo.

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Laurea, il “pezzo di carta” ad una donna fa guadagnare il rispetto.Perchè?

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messDa qualche settimana ho terminato il mio percorso di studi universitari. Una vera traversata tra esami, ansie ed angosce. Ma alla fine è finita con l’ultimo 30 ed una tesi pronta ad essere discussa, poi sotto con il “post laurea” ed il futuro da costruire tra progetti e sogni. La notizia in famiglia si è fatta largo presto ed il passa parola, complici i social network non è tardato ad arrivare. E così tutti quelli che fino ad un attimo primo mi davano del “tu” hanno iniziato a darmi del “lei”, a concedermi di più la parola, ma soprattutto a rispettarmi come donna e come una donna che ha oltre un cuore ed un fisico, delle forme, anche una mente, un sapere. Le prime volte non avevo parole. In realtà le parole si fermano anche ora. Ma ciò che più mi chiedo è:” possibile che una donna per guadagnarsi il rispetto debba per forza avere un “pezzo di carta”?” Se fossi stata una qualunque ragazza, diplomata o con la classica “terza media”, non avrei avuto diritto al rispetto degli uomini, dei “dotti”, al diritto di parola e ancor di più di pensiero? Se fossi stata una qualunque ragazza senza un titolo non avrei avuto diritto a dire la mia?
Perché?
Perché siamo forse un paese di bigotti, di menti ancora ristrette: dove la donna è solo un corpo che sforna figli, spesso confinata in casa e con difficoltà riesce a farsi largo nel mondo del lavoro, dove ancora oggi è sottopagata rispetto agli uomini?
Perché?
Perché accade sempre alle donne?
Perché?
Perché non cambieremo mai?

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Il boato di via d’Amelio

index19 luglio 1992,l’orologio non punta ancora le 17.00, quando la furia della guerra dichiarata dalla mafia allo Stato deflagra l’auto di scorta del giudice Borsellino, in via D’Amelio. Un’auto, una vecchia Fiat 126 imbottita di esplosivo, innescata a distanza, cancellava la vita del giudice palermitano e la sua scorta. Cosa Nostra, governata dai Corleonesi, a suon di tritolo, lanciava nuovamente un gravissimo monito alle Istituzioni, con l’eliminazione fisica dell’altro giudice, dopo Falcone, simbolo dell’antimafia. Non un giorno qualunque, non un sacrificio qualunque. Ma uomini che hanno scritto pagine degne di un Paese che cercava il fresco profumo della libertà. La mafia andava combattuta, ieri come anche oggi. Le celebrazioni di via d’Amelio , quest’anno avvengono in giorni di burrasca per la regione Sicilia e per il suo governatore Crocetta. Se, davvero la telefonata, così come riportato da “L’Espresso”, è avvenuta è giusto chiedersi perché un presidente di una regione come la Sicilia, torturata per mano mafiosa, sia rimasto in silenzio di fronte ad una frase così orrenda. Così in contraddizione rispetto alla lotta alla mafia. Voglio credere e sperare che sia in buona fede, che davvero in quella telefonata ci sia stata una zona d’ombra o un calo di linea, che non ha permesso al presidente Crocetta di poter udire quella frase. Fa bene parlarne per risvegliare tante coscienze, specie di quelle che governano in Sicilia come in Italia. Non si tratta di un dibattito sulle intercettazioni, farle o non farle, pubblicarle o meno, si tratta soprattutto di assumersi le proprie responsabilità, specie in territori difficili e martoriati. Non bisogna restare in silenzio davanti alla mafia, davanti alle minacce dirette o indirette che siano. E’ tempo che il sacrificio di molti uomini e donne non resti solo un bel proclama un po’ retorico.

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Siamo belve che condanno le vittime di violenza

untitledLa storia della sedicenne di Roma, che poche sere fa, nel quartiere Prati di Roma, ha subito una violenza sessuale da parte di un uomo (?), è la pagina più triste della cronaca nera italiana, ancora più triste è leggere i centinaia, di migliaia, di commenti di parte di uomini e donne, padri e madri di famiglia, che scrivono: “se l’è cercata”, “cosa ci faceva una ragazza di sedici anni a mezzanotte fuori casa”, “lo ha provato” e…potrei continuare, ma da donna, mi vergogno di farlo. Mi disgusta. Ancor di più mi disgusta pensare che se l’autore della violenza fosse stato un exstracomunitario, saremmo partiti tutti a dire: “via dall’Italia”, “ma guarda questo qui, viene qui e semina violenza”, saremmo stati tutti “Pro Salvini”, tutti i nuovi “Charlie Hebdo” della situazione. Ma se lo fa un italiano, bè allora la colpa è della ragazza. Vergognoso. Vergognoso e offensivo, verso tutte quelle donne che ogni giorno in silenzio soffrono per una violenza subita, per quella sensazione di dolore e di sporcizia che si portano dietro. E’ un’offesa alla vita, alla dignità di un essere umano prendersela con le vittime. Ricordiamoci che violentare è un reato e nessuno può mettere in discussione chi tristemente l’ha subita. Non esistono abiti scollati, minigonne, atteggiamenti, ammiccamenti, errori dettati dall’età, che possano giustificare l’aggressore. Non possiamo essere indulgenti verso chi stupra e belve della notte verso chi subisce. Ricordiamocelo!

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Un’onda di colori per “LGBT” . La mia riflessione

Orgoglgtblio e pregiudizi come claim di questo sabato,specie per i tanti “LGBT” che oggi vivono la loro personale giornata mondiale per l’orgoglio di genere. Una giornata che sull’onda dei colori rivendica il riconoscimento dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, pansessuali. Ognuno di noi hai il diritto di scegliere chi amare, senza “se” e senza “ma”, senza pregiudizi o discriminazioni, senza occhi indiscreti e giudizi superficiali. Ognuno ha diritto di amarsi. Punto. Ognuno ha diritto di stare accanto al proprio compagno/a nel momento del bisogno, che sia in casa o in ospedale, ognuno che si è amato ed ha condiviso un pezzo di vita insieme, ha diritto a ricevere l’eredità del defunto amato, come ha diritto ad essere riconosciuto come il compagno o la compagna di chi è scomparso. Non accetto e credo che questo tabù debba essere infranto che persone delle stesso sesso che si amano, non abbiano il diritto di stare accanto alla persona amata nel momento del bisogno. Ma se io etero sessuale sto male e sono sposata, allora mio marito potrà starmi accanto. Sì perché secondo una “stupida” cultura siamo eterosessuali. E’ tempo di guardare oltre di riconoscere i diritti a tutti quelli che si amano, a quelli che non sono legati dal vincolo del matrimonio. Il matrimonio è solo un contratto ed un passo di fede, quando due persone credono nello stesso Dio. Ma ci si può amare anche convivendo, formando una famiglia. Ecco io voglio riconoscere le coppie di fatto, dare loro tutti i diritti di una normale coppia sposata.
Che poi persone dello stesso sesso vogliono sposarsi, che sia in Italia o all’estero, che sia per amore o per convenienza, a me interessa ben poco, seppur non lo condivido. Ma sono scelte intime e personali.
Per quanto riguarda l’aspetto legato alla genitorialità, mi spiace, qui da futura-si spera assistente sociale-,forse con una visione un po’ antiquata, per me i figli devono crescere con due genitori di sesso opposto e non dello stesso sesso. Ma riconosco anche che tra dieci anni nelle nostre classi troveremo bambini che avranno due mamme o due papà, quello sarà il vento dell’integrazione. Quella stessa integrazione che anni fa arrivò, quando nelle classi italiane c’erano bambini di etnie e culture diverse.

Click e Rec…intervistando

Qualche mia intervista per Medianews24

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8 Marzo, “Lettera a mio nipote”

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Claudio, tesoro di zia,

come ogni anno, in prossimità dell’otto marzo, mi interrogo sulla festa della donna. E, come ogni anno, giungo alla conclusione che per me non esistono giorni commemorativi potenti se festeggiati singolarmente. Non esiste nulla di più forte della nostra memoria, che và continuamente allenata ed utilizzata ogni giorno.

A dicembre sono diventata tua zia, zia di un piccolo ometto, che mi ha scombussolato i sentimenti e l’amore. Sin da subito ho pensato a come avrei potuto proteggerti, difenderti, fornirti negli anni, a piccole dosi le armi per poterlo fare da solo. Soprattutto.

Sei piccolo, oggi indifeso ma domani sarai un adolescente, poi un adulto e nei tuoi occhioni chiari e curiosi, che già sorridono alla sola parola “amichette” mi chiedo come io possa insegnarti l’equilibrio di genere ma soprattutto il RISPETTO verso le donne.

Claudio, abbi rispetto dell’orgoglio femminile e dell’emancipazione femminile. Rispetta la bellezza. Fidati delle donne, rispetta l’amicizia con una donna, perché la complicità e l’altruismo sono la base della nostra vita.

Tesoro mio, nella vita di tutti i giorni non giudicarti e non giudicare. Incontrerai molte donne, ognuna con un suo perché ed una sua vita, ognuna di loro tassello del puzzle di una generazione che nel suo piccolo ha voluto contribuire al cambiamento.

Sii rispettoso delle idee femminili, del loro cuore, del loro modo di amare, dei loro sbagli, del loro essere semplicemente come sono. Certo, farai fatica, sarà difficile, spesso ti scontrerai con invidie banali, recriminazioni, cattiverie di ogni genere. Persone che equivocheranno la tua accoglienza, donne che non ti tratteranno come tutti noi sogniamo per te, da quando eri in grembo.

Claudio, sei un ometto tra molte donne: una mamma, due nonne, due zie. Tutte donne che hanno una storia, dei sogni, qualcuna una carriera di tutto rispetto, come la tua stessa mamma, donne che hanno viaggiato, visto il mondo, che si sono confrontate col mondo.

Ecco.

Rispettaci e rispetta le donne che faranno parte della tua vita, che siano amiche o compagne di vita. Lascia che si guadagnino il loro posto nel mondo. Accompagnale, incoraggiale, non giudicarle, non mortificarle, non deluderle. Investi insieme a loro nel talento.

Sii gentile Claudio. Davvero. Non cedere alla fascinazione dell’aggressività di molti uomini, perché non diventa potere, ma dolore.

Tesoro mio, sei la nuova generazione che si formerà ed io “punto” su di te, su di voi, affinchè gli uomini siano rispettosi, gentili, amorevoli e non “sicari” con cui condividere una vita di privazioni, sofferenza.

Una delle donne della tua vita che ti ama: tua zia!

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Quando la notizia è soprattutto gossip.

Quando la notizia non basta più arriva il gossip,l’intreccio,l’inciucio.Dopo il Festival di Sanremo,la notizia,la bravura,la carriera,il successo degli artisti passa in secondo piano.Meglio il gossip.Meglio scovare gli scheletri nell’armadio.Prima i vincitori:Il Volo.Dal giorno dopo,si è scavati nella famiglia,poi i vari personaggi dello spettacolo che si aspettavano “un Grazie” e si sfogano sui social e sulle pagine dei giornali-in un penoso-momento di notorietà.Va bene che questi ragazzi sono stati scovati da un programma televisivo “Ti lascio una canzone”,ma questi tre ragazzi insieme ai loro genitori hanno creduto in un sogno,in una passione:la musica.Ma soprattutto nel loro talento e se non c’era quello non avrebbero calcato nè palchi mondiali,riscuotendo una fama mondiale nè sarebbero arrivati,vincendo Sanremo,conquistandosi anche gli italiani.Passati “Il Volo” è tempo del secondo classificato:Nek. Qui il gossip è più “piccante”.Uno dei tanti titoli dice:”Ho tradito mia moglie.Ecco come mi sono fatto perdonare”.Avrà pure dedicato la canzone alla moglia,è senza dubbio un quarantenne affascinante,con due occhi di ghiaccio,ma è anche sposato da vent’anni.Che senso ha scovare in un matrimonio,cercare “per forza” il punto debole.I miei genitori sono sposati da 33 anni ed hanno litigato,affrontato prove,ma sono rimasti insieme proprio come Nek e la moglie.E invece no. Per la stampa,l’informazione è il “tradimento” o presunto tradimento. Perchè io le interviste le ho lette,come ho ascoltato anche ieri l’intervista alle Invasioni Barbariche,dove Nek ha detto di aver mentito alla moglie qualche volta,ma in realtà faceva altro.Ma ha pagato caro il suo prezzo ed ha capito che è un rapporto si basa anche e soprattutto sulla Fiducia. Ha anche raccontato come a loro,ma a tante coppie accade che l’equilibrio di una coppia cambia con la nascita di un figlio ed un rapporto,un matrimonio rischiano di andare in frantumi.Ma è anche l’Amore che unisce.

Amo il giornalismo.Ma non capisco che senso ha cercare a tutti i costi “lo scheletro nell’armadio”,distorcere la realtà per raccontare il gossip.

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