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Assistente sociale e vita privata, quanto il lavoro influenza le relazioni sentimentali e familiari?

E’ un mattino come tanti, io e la mia collega d’ufficio ci ritagliamo qualche minuto di breefing mattutino, è il giorno dopo una riunione tra colleghi, ci guardiamo un po’ arrabbiate ed interdette e ci chiediamo come possano non capire il nostro lavoro, che vive sempre di pregiudizi e difficoltà, di sentimenti ambivalenti. Ci fermiamo e pensiamo come sia difficile farlo comprendere ai colleghi e quanto possa essere difficile farlo comprendere ad un ipotetico compagno sentimentale. E’ stato l’input che mi ha portata a chiedermi che effetto ha il nostro lavoro nelle relazioni familiari e sentimentali, che condivido con voi. La società in cui viviamo è in continua trasformazione sociale: le famiglie si sgretolano, la crisi sentimentale ed economica invade l’individuo, il mondo cambia e vive di paure e timori, la stessa in cui non solo vivono i nostri utenti ma la stessa in cui viviamo anche noi assistenti sociali. Lo sfondo è tappezzato di sentimenti precari e coppie che vacillano, di uomini e donne ormai cambiate, raro trovare una persona onesta nei sentimenti e legata ai valori. Il sogno dell’incastro perfetto svanisce. E la realtà che ci presentano quotidianamente i nostri utenti è la stessa che potrebbe toccare anche a noi assistenti sociali, e quando capita ti senti un po’ stupido, se non altro presuntuoso, perché pensi sempre che a te non possa accadere, invece siamo tutti figli di questa società, tutti esseri umani. A volte dinanzi all’amore ci manca il coraggio. Siamo bravissimi ad acquistare online schivando le truffe, a gestire molte situazioni, a prenderci cura del nostro corpo, ma tentenniamo di fronte all’altra persona, a quella che ti si approccia con serietà e con interesse, a quella che potrebbe essere l’incastro di due anime, perché abbiamo paura ogni giorno che la fregatura sia dietro l’angolo. Il fatto di trattare per lavoro ogni giorno “aspetti malati” della vita di coppia ci può ostacolare, sia nella ricerca del compagno, sia nel quotidiano: rischiamo di dare uno stereotipo a tutti, usando gli stessi schemi mentali del lavoro pure con l’altra “nostra” persona. Il mea culpa lo faccio io per prima. Pochi giorni fa, scorrendo le foto e le chat di una donna che ha trovato il coraggio di venire fuori da una relazione tossica, ho esclamato alla mia collega “vatti a fidare degli uomini”, oggi che vi scrivo, mi rendo conto che io per prima ho puntato il dito contro gli uomini tacciandoli alla stessa maniera. E’ che il nostro lavoro e qualche delusione che già ci portiamo sulle spalle ci ha fatti diventare apatici e diffidenti. Abbiamo dimenticato attenzione e passione, spontaneità e rilassatezza nel viversi un momento e la magia di un incontro o di un amore, lasciando il posto alla razionalità e a quel “freno a mano” sempre tirato con la quale camminiamo in questa vita così maledettamente imprevedibile. Come professionisti sappiamo bene che quando si interagisce con l’altro sesso nel tentativo di nascere come coppia, occorre evitare la ripetizione di “copioni familiari” compresi gli errori già commessi. Ogni persona è qualcosa di nuovo, che merita di essere vissuta, senza pregiudizi o schemi passati. Del tipo: le colpe degli altri non devono ricadere sulla persona di oggi. Insomma, che iniziare una frequentazione non sia semplice, vivere un nuovo battito di cuore non sia una passeggiata, noi assistenti sociali lo sappiamo bene, eppure dovremmo avere nella mente e nel cuore lo zerbino sul quale sbattere le scarpe delle storie altrui e personali che senza dubbio ci hanno scosso. Perché se le cose sono destinate a funzionare lo rivela il tempo ed il destino, ma anche noi siamo artefici del nostro destino, e questo può avvenire solo con la messa in discussione di ognuno nel gioco relazionale. Amare è l’esperienza più bella per un essere umano che può però incontrare anche sentimenti opposti: violenza, odio, rifiuto. Quindi l’alt è a stare attenti ed in guardia, per non farsi male, ciò vale per gli utenti ma anche per noi. E per dirla alla Troisi: “pensavo fosse amore invece era un calesse!”, mal che vada.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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Coronavirus, la sfida di guardare l’altro lato della vita

untitledUn blog è uno spazio che si riempie di parole, opinioni e riflessioni. E le parole hanno un peso ed una forza e quindi dovrebbero essere capaci di scuotere le coscienze, e talvolta aiutare le persone. E’ per questo motivo che in questi giorni caotici, vuoti e surreali che talvolta spaventano credo da giornalista prima e da assistente sociale poi, di dover dare il mio piccolissimo contributo a tutte quelle persone che in questo momento hanno bisogno di una parola che li sorregga.

Leggo in rete, sui social, avverto tra le persone tensione, angoscia, paura che in alcuni casi è diventata fobia. Calma, un respiro profondo e guardiamo insieme al momento storico, che nessuno nega sia del tutto nuovo, a tratti spaventoso e forse complesso. In questi giorni stiamo sperimentando molte paure che si mescolano i sentimenti.

#Paura. Abbiamo tutti paura, comprensibile ed umana. Paura che deve mantenerci in allerta, perché spia nella macchina umana della vita, ma non deve diventare panico, quello ci porta a commettere errori ed in questo momento non possiamo permetterci qualche leggero passo falso.

#Sfida. Il coronavirus inevitabilmente ci pone di fronte a delle sfide umane, personali, sociali e persino psicologiche. Ci sarà un prima e un dopo nelle vite di ognuno di noi. Ma siamo chiamati a guardare come in tutte le cose che accadono nella vita all’altro lato di questa sfida.

#Tristezza. Non nego che una lacrima è scesa anche a me, quando al tg poche ore fa hanno mostrato le città vuote con sottofondo dei pink floyd. Immagini che ci pongono di fronte alla realtà nuda e cruda. Le città non vivono più di persone e di umanità, perché l’umanità intera è in pericolo, che si può bypassare solo restando a casa, spostandosi solo lì dove è necessario ed essenziale.

#Casa. Io per prima vivo in casa quando posso ed esco solo per recarmi a lavoro. In questi giorni surreali stiamo riscoprendo il valore della casa. Quanti di noi a volte presi dalla vita frenetica non hanno più riassaporato il piacere di restare nel proprio mondo. Ci hanno chiesto di restare a casa quello che da sempre è il posto più sicuro per tutti. Casa quale porto sicuro, quello in cui qualsiasi cosa accade approdi e ti ci ritrovi.

#Famiglia. In questi momenti difficili e nel posto più sicuro che si ritrova e si riscopre la famiglia. Le coppie si ritrovano a condividere tempo, quotidianità e anche qualche sano litigio. Le famiglie si ritrovano di nuovo unite e compatte. Occasione per riscoprire il senso del condividere, il senso dello stare insieme e del dialogo che in molte famiglie per tanto tempo è stato accantonato.

#Lavoro. C’è chi come me è chiamato ad andare a lavoro e nelle professioni dell’aiuto oggi più che mai abbiamo il compito di farlo col sorriso, comprendendo l’importanza del nostro lavoro in questo frangente storico. Seppur sono consapevole che ci sono centinaia di medici ed infermieri che ogni giorno umanamente e lavorativamente svolgono un lavoro encomiabile ed unico, a cui deve andare tutta la nostra riconoscenza e gratitudine. Lavoro che va riconosciuto anche a tutti coloro che ogni giorno ci garantiscono l’approvvigionamento di beni di prima necessità.

#Riconoscenza. Ecco, in questo momento dobbiamo riscoprire il valore degli altri, del lavoro altrui, il valore della riconoscenza.

#Senso della vita e delle cose. Ammettiamolo abbiamo vissuto sino ad ora le nostre vite a duecento all’ora, riempiendo le nostre giornate di impegni e di stress, siamo arrivati a non guardarci più negli occhi pur condividendo col collega di lavoro lo stesso ufficio. Persino in famiglia non ci si parlava più, troppo stanchi la sera per raccontarsi. Una vita in perenne apparizione di social e like.  Oggi dobbiamo fermarci per salvarci, ma fermarci anche a riflettere,  riconquistando e ritrovando il senso della vita e delle cose.

#Domani. Per molti rimanere in casa è un sacrificio. Ma pensiamola come un padre di famiglia. Al Sud i genitori risparmiano una vita intera per i sogni dei figli, in primis casa e/o matrimonio, insomma conservare per ritrovare un domani. Noi oggi restiamo in casa per un domani, che sarà di rinascita e del tutto nuovo, se avremmo preso sul serio questa sfida della vita.

#Riflettere sulle nuove generazioni: Questo momento può e deve a mio parere essere l’occasione giusta per farci riflettere sulla generazione che abbiamo prodotto: figli e ragazzi nati nella culla del benessere e della protezione, tanto che in questi giorni hanno mostrato indifferenza, menefreghismo ed in alcuni casi strafottenza. Prima del blocco totale imposto dal Governo, c’erano ragazzi che organizzavano party, prendevano aperitivi ammassandosi, talvolta postando video mostrandosi sfidanti nei confronti del virus. Questa generazione l’abbiamo prodotta noi e a noi spetta il compito di renderli umanamente civili.

#Educazione e senso civico ai giovani. Oggi tenere in casa gli adolescenti e ragazzi poco più che adulti non è facile, molti genitori li pregano ogni santo giorno, promettendogli qualunque cosa non appena questo periodo passerà. Sbagliato. Se ai giovani non facciamo capire la gravità della cosa talvolta mostrandogli anche le immagini della rete o delle televisioni e suscitando in loro un sentimento, una reazione, vorrà dire che da questo momento, da questo silenzio assordante non gli lasceremo nulla. E per l’ennesima volta avremmo sbagliato.

#Fragilità. In questo momento la fragilità è un sentimento che stiamo riscoprendo tutti. Ho letto di persone che scrivono “mi viene da piangere, è normale?”, “sono terrorizzato”. E’ umano ma non lasciamo che questo sentimento prenda il sopravvento. Non lasciamolo percepire ai più piccoli, ai nostri cari, alle persone che sono più fragili in questo momento. Abbiamo il compito di supportare moralmente anche chi è più vulnerabile, più abbattuto e le persone ipocondriache.

#Pensieri. Un pensiero negativo si può accantonare solo con un pensiero positivo: pensiamo al domani, pensiamo a quando potremmo ritornare in strada e nelle vie dello shopping e inizieremo a spendere. Pensiamo a quando partiremo per nuove scoperte.

Un pensiero che spesso faccio è quello di correre non appena questo periodo ce lo saremo lasciati alle spalle a Roma da mio nipote, e non più per poche ore, ma per qualche giorno, abbracciandolo e stritolandolo. Ecco pensiamo alla vita che riprenderà, pensiamo alla vita dei più piccoli che cresceranno e sono il simbolo della vita che prosegue. Pensiamo che questi muri oggi imposti saranno abbattuti grazie al nostro senso civico e al nostro essere comunità.

#Autoregolarsi. Infine, spegnete i social che spesso generano ansia talvolta con notizie al limite del patologico, informarsi sì, ma farlo ponendosi degli orari, evitando di farlo poco prima di andare a dormire. Evitate di perdere anche il normale bioritmo, non concedetevi di addormentarvi in orari insoliti mantenendo normale il ritmo di veglia-sonno.

(Articolo pubblicato sul mio blog Pagine Sociali per ildenaro.it)

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#duemiladiciassette di sentimenti. Il racconto del mio personale anno

foto per blog 2Facebook, il racconto del mio 2017 è #duemiladiciassette ma te lo racconto io, seppur gli anni non si raccontano ma si vivono intensamente e fortemente con annessi e connessi. Ma gli anni emozionano, spaventano, sono tempeste e tornati, gioie infinite e sorrisi e allora ti racconto cosa ho provato.

PAURA

Quando ho visto la morte in faccia di una persona a me cara

Quando dopo centinaia di curriculum inviati il telefono non suona

Quando vai a fare un colloquio ma conta più “se ci stai” che la sostanza

Quella di essere sempre “poco” per gli altri

Quella di perdere chi ami

 

ANSIA

Per il tempo, sempre poco

Quella di perdere tempo, quando invece fai mille cose

Quella che si prova quando qualcuno non ti vuole

Quella dei colloqui che sembra sempre come il primo esame all’università

Quando squilla il telefono di sera o nel cuore della notte ed è il coglione di turno che sbaglia numero

 

DOLORE

Per la sofferenza altrui

Quando scopri che non è come pensavi ma è tutta un’altra realtà

Quando sei impotente davanti al dolore degli altri

Quando il dolore ti sfida

 

RABBIA

Davanti alla mia impotenza

Davanti a futili motivi che degenerano in strane discussione

Che mi tengo dentro e mi fa chiudere lo stomaco

Quella che provi quando vorresti essere una normale ventiquattenne un po’ sballata e senza responsabilità

Quella che provo davanti a progetti a vuoto

Quella di un sociale arrangiato e vuoto

FELICITA’

Negli occhi, nei gesti, negli abbracci di mio nipote Claudio, infinito amore della mia vita

Quella di un abbraccio vero e sincero

Quando sono in corsia coi malati, perché sono loro che danno qualcosa a me e non io a loro, ne sono certa

Quando mi spendo per gli altri nel mio “infinito buonismo” come dicono in molti

Quando riesco a regalare un sorriso ai miei genitori e alla mia mamma

Quando salto sulle note della musica e mi sento libera e felice

#duemiladiciassette di pianti, sorrisi, incazzature, delusioni, di forza che pensi di non avere ma che esce dal cilindro senza accorgertene. Questo Natale non chiedo nulla, ma la Speranza quella sì ed un pizzico di Serenità che possa trovarsi nelle persone, nel lavoro, nell’affetto di chi ci ama ed i noi, sperando di essere sempre persone nuove e migliori. Ma, sbagliare anche, perché il più grande regalo che possiamo farci è sbagliare dal colore della maglia che acquistiamo o nella vita, l’importante è trovarne la morale e magari ricominciare più forte di prima, o almeno ci si prova.

E… buon fine 2017 e buon occhio al 2018!

 

 

 

 

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Amore amaro/ Infarto d’amore 

Quando un sentimento che sin da bambini abbiamo imparato a chiamare “amore” finisce, senti una fitta al cuore, come se fosse in corso un infarto, ti logora dentro e le luci del palcoscenico della vita si spengono, ad una ad una, un po’ per volta, lentamente, la terra la senti muovere sotto i tuoi piedi, come un improvviso e spaventoso terremoto, una tristezza infinita ti pervade come se il mondo stesse piangendo la più grande catastrofe del mondo. Immobile resti a sfogliare i ricordi, mentre la tua mano non stringe più quella di chi hai amato, mentre i progetti naufragano nel mare del “mai”, mentre la giostra della felicità e del “tutto va bene” s’ inceppa, lasciandoti all’ultimo e penoso valzer della vita, quello in cui devi fare i conti col “ripartire”, il “ricominciare”, dove devi ripuntare la bussola della vita, orientare i tuoi giorni, riallacciare nuovi nodi e salpare per mari ignoti e sconosciuti.

Mari che sanno di incertezza e di solitudine, mari che dovrai conquistare con una ferita al cuore in più, diventando abile ed esperto marinaio del “mal d’amore”.

Quando un amore giunge al capolinea e l’altra persona ha lasciato la nostra vita per sempre, qualsiasi esso sia il motivo, sembra che tutto sia controcorrente, ingiusto, folle e cattivo. Ti accorgi che delle abitudini devono andare in pensione e lasciare il posto a delle altre. Inizi ad assaporare un tempo nuovo e diverso, fatto di cose che devono “riempire”, di notti che riassaporeranno il gusto del sonno, di giornate che avranno un sole tiepido ma pur sempre un sole, che ha voglia di essere vissuto, nonostante tutto. Impari che nonostante tutto si continua a vivere ed il mondo continua a girare, ad esserci e a vivere. Impari ad incassare, rimuginare e respirare più forte per non far prevalere quel senso di vuoto, di mancanza, quel nodo alla gola che sembra non farti respirare.

Impari che l’amore spesso e’ ingiusto quanto anche folle. Impari a non guardare o a cercare disperatamente il cellulare. Impari a non dar più peso a quel “ti hanno cercato”. Impari a darti al silenzio, perché le parole non servono più e non basterebbero a colmare e a riparare errori. Impari che ci sono mille modi d’amare e tra questi quello egoistico. Impari che a volte siamo troppo presi ed avventati nei sentimenti. Impari a farne a meno, perché infondo il tempo che fino a qualche attimo prima non ti era amico, sta facendo il suo corso e proprio lui diventerà da nemico ad amico e ti aiuterà come un’abile dottore a riabilitarti dopo un infarto d’amore

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Lettera a mio nipote

Fiocco-Azzurro

Claudio,
tesoro di zia. Da qualche ora hai aperto i tuoi occhietti alla vita. Sei arrivato col vento di Dicembre, col freddo e le paure, le luci e la magia del Natale. Ma la magia più bella sei tu. Sei arrivato con la gioia e la felicità, con la vita e il futuro, con le novità e i sentimenti nuovi e puri da scoprire giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Con te sarà sempre tutto una scoperta e una conquista. Sei e sarai la vita, il battito forte e irrefrenabile della vita, l’amore vero e puro, sincero e smisurato. Sei e sarai cuore e pensiero. Sarai notti in bianco e giorni da leone. Sarai la forza della vita. Sarai nostro, in un amore nuovo con l’emozione da vivere. Tesoro mio, grazie a te sono diventa zia. Vedi Claudio, le parole sono sempre state il mio forte. Le parole, piccolino mio, sono quel miracolo che mi consentono oggi di scriverti che sei parte di questo mondo pieno di splendore, ci sono anche le ombre, ma avrai tempo di conoscerle, ma tu ne hai aumento la meraviglia. E un giorno, quando sarai un bimbo più grande, leggerai queste righe e capirai il segreto delle parole. Come scrigni ti consegneranno intatto quel tesoro invisibile e meraviglioso che agisce sempre, nel silenzio e a distanza, e che si chiama amore. E’ la prima parola che ascolterai e imparerai Claudio, la prima che tutti noi abbiamo pronunciato pensando a te. Lo so che sono già la tua zia preferita, anche se la concorrenza è molto forte, ma non lo diciamo in giro, altrimenti poi tutti gli altri si ingelosiscono. Tesoro mio, in tutti questi mesi che eri nel grembo della tua forte, tenace e solare mamma Cristina, non appena io appoggiavo la mano per sentirti tu ti placavi, mai un calcio. Non ho mai sentito il calcio del mio nipotino. Ecco, piccolino mio, mi auguro che tu possa sempre stringere la mano della tua zia e trovare ciò che tu desideri. Piccolino mio, mi auguro e ti auguro che tu possa essere tassello del puzzle di una generazione che non si vuole far del male. Farai fatica, sarà difficile, incontrerai invidie, cattiverie. Sii gentile Claudio. Davvero. Non cedere alla fascinazione dell’aggressività, perché non diventerà potere. Aderisci ad un progetto, prendi posizione nella vita, lascia da qualche parte la tua firma (che non sia sui muri, altrimenti ci toccherà tutti pulire). Ho usato la parola “tutti”. Sì, piccolino, sei nato in una grande famiglia che da questa piccola provincia si incontra con Roma, con la famiglia Mariotti e si unisce a Bologna, lì dove c’è la tua casa, i tuoi genitori. Claudio, perdonaci se saremo troppo pesanti, saremo troppo e in tutto, ma sappi che l’amore non conosce la parola troppo.

Ben arrivato piccolo uomo!

Dormi bene. E quando ci vedremo, raccontami i tuoi sogni.

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Che cos’è l’amore?

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“L’Amore è una nebbia che scompare all’apparire della realtà.” Charles Bukowski

Una celebre frase che ricorre in un altrettanto celebre film made in france: “L’amore dura tre anni”, scritto e diretto da Frédéroc Beigbeder

Due frasi controcorrente. Due frasi opposte. Due frasi facce di una stessa medaglia: l’amore che per lo scrittore americano scopare e quello che ha un tempo del regista francese.

Ma cos’è realmente l’amore? Me lo sono chiesta qualche giorno fa, dopo lo sguardo penetrante e forte della donna che mi ha dato la vita e mi ha cresciuta: mia mamma. Dopo che lei con la sua saggezza, il suo sguardo di mamma ha capito che il mio cuore batteva più forte, che forse una leggera cotta mi attraversava. Ed ora che sono più grande, più matura, ora che vivo la vita da adulta, con lo studio, i progetti futuri, i miei sogni lei ha paura che l’amore non solo possa colpirmi e farmi male, ma possa annullarmi.

Ma cos’è l’amore? Quello dei miei genitori saldo e forte che dura da 32 anni ormai, che ha vissuto tanti ricordi, esperienze, sensazioni, alti e bassi, nevicate e primavere?

Vinicio Capossela direbbe: “Chiedilo al vento che sferza il suo lamento sulla ghiaia del viale del tramonto all’amaca gelata che ha perso il suo gazebo alla stagione andata all’ombra del lampione san scucì.”

Io me lo sono chiesta, ci ho pensato a lungo, pensando anche ad una persona a cui associo l’amore, forse perché ora vedo solo quella di persona, forse perché vedo lo specchio dell’amore dei miei genitori.

Ma a parole mie, l’amore è una casa calda, accogliente, casa tua. Una casa che hai costruito giorno dopo giorno, mattone su mattone, sacrificio su sacrificio. Il tuo angolo, il tuo spazio, il tuo mondo. L’amore è abbracciare la persona che stimi e che hai scelto. L’amore è fidarsi, volersi bene. L’amore è osare, sì osare, prendere scelte controcorrenti, quelle che non si aspetta nessuno ma che prendi, forse stupendo anche te stesso. L’amore è quando ti assumi le responsabilità. L’amore è quando ami e basta. L’amore è quando ridi anche senza motivo, quando apri gli occhi e c’è il sole. L’amore è quando hai voglia di sentire una persona, abbracciarla, viverla. L’amore è quando è lontano ma vicino nel cuore e nel pensiero.

Non esistono amori impossibili se non impariamo ad amare noi stessi, non impariamo a conoscere per primi noi l’amore che è misto anche alla follia.

Ecco questo è l’amore secondo me.

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