Pagine sociali, il mio nuovo blog per il denaro.it

Per il denaro.it, la testa per cui da più di un anno ho il piacere di scrivere, è unita una nuova pagina, un segmento di blog che ho voluto chiamare Pagine sociali, in cui ci saranno articoli di diritto, attualità, sentenze che fanno scuola, sociale, un contenitore di informazioni e notizie perché i diritti sono di tutti e devono poter essere spiegati ed essere accessibili a tutti, almeno io ci provo. Saranno le mie e le vostre pagine sociali, perché voglio dare voce a quanti non hanno voce nel mondo del sociale o brancolano nel buio di informazioni sparse per quanto riguarda il sociale e l’assistenza sociale. Cercherò di raccontarvi i risvolti legislativi, i diritti che sono di tutti, come accedervi, come cambia velocemente la nostra società e questo significa che mutano anche le cose, per cui ci sono sentenze di Cassazione che creano precedenti e si aprono nuovi spiragli per tutti. Insomma, cercherò di portare negli schermi di tutti l’assistente sociale che non è quella che ruba i bambini ma è al fianco di tutti: singoli e famiglie.

Vi aspetto su ildenaro.it nella sanzione blog in Pagine Sociali.

Ci leggiamo anche lì e spero di incontrare i vostri riscontri e le vostre storie.

Ministero obbliga i genitori ad accompagnare e prelevare i figli a scuola fino ai 14 anni

Si esce da scuola solo con mamma e papà. Fino a 14 anni. Nel mirino la nuova direttiva della ministra Fedeli che obbliga i genitori a ritirare i figli a scuola. Caos tra i dirigenti scolastici delle scuole medie dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha condannato scuola e Miur per la morte di uno studente rimasto intrappolato sotto uno scuolabus 15 anni fa. La Cassazione ha ribadito la responsabilità della scuola e della vigilanza dei genitori all’uscita da scuola. Vietato, quindi, tornare a casa da soli o in compagnia dei compagni. Mentre, nel resto d’Europa gli studenti vanno a scuola da soli già dalle elementari per accrescere in loro un senso di autonomia e di responsabilità, in Italia dovranno essere accompagnati fino alle medie. Cercano un fronte comune i dirigenti scolastici italiani, contrari e preoccupati su come attuare la normativa che rischia di sconvolgere anche l’organizzazione familiare. Si scardina con le nuove direttive del Miur un sistema che ha sempre funzionato basato sulla collaborazione con i genitori, secondo regole condivise, cambiando così anche l’organizzazione autonoma delle scuole. Circolari rigide e da attuare rigorosamente sono giunte nei giorni scorsi ai genitori degli adolescenti italiani, nuove modalità di uscita che le famiglie sono tenute a rispettare: non saranno prese in considerazione autorizzazioni o liberatorie per l’uscita autonoma degli studenti. Fuori da scuola dovrà esserci un volto che la professoressa conosca: genitori, nonni, baby sitter che certifichino con documenti alla mano, che sono gli unici autorizzati a prendere in consegna gli studenti. E non ci saranno liberatorie che tengano, la scuola rischia di diventare complice dei genitori per il reato di abbandono minori di 14 anni.  Una circolare che presenta un problema dai doppi risvolti: famiglie costretti  a rimodulare la loro organizzazione, mentre i dirigenti si trovano con un nuovo carico di responsabilità anche a lezioni concluse. Eppure il codice penale parla chiaro. Specifica che per i minori di 14 anni è prevista una presunzione assoluta di incapacità, quindi, chiunque abbandona una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. E’ quanto riporta la circolare inviata a decine di presidi italiani. Così se un docente lascia uscire da solo uno studente delle medie, rischia una denuncia per mancato controllo e dall’altra parte un genitore che non si presenta ai cancelli di uscita potrebbe essere denunciato per abbandono di minore. Una circolare frutto della paura, -della mancanza di responsabilità pedagogica e della burocratizzazione della scuola- tuonano i pedagogisti. Ma a farne le spese più di tutti sono però gli studenti quasi adolescenti che in questo modo non vengono lasciati crescere, impedendogli l’opportunità di essere aiutati a diventare adulti indipendenti e responsabili. L’impressione è quella di tenerli protetti da una campana di vetro che gli adulti proprio non vedono come una soluzione.

(Articolo pubblicato su ildenaro.it)

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messOrfani delle onde del Mediterraneo, piccoli anonimi che arrivano in Italia. Schiavi invisibili, giovanissime vittime dello sfruttamento e della tratta dei migranti. Un fenomeno nascosto e difficile da tracciare che vede come protagonisti i minori stranieri giunti in Italia via mare e via terra, molti dei quali non accompagnati da genitori o parenti. Rappresentando un potenziale bacino di sfruttamento per coloro che cercano di trarre beneficio dal flusso migratorio, speculando in vari modi sulla vulnerabilità dei più piccoli: dallo sfruttamento nel mercato del lavoro nero, alla prostituzione, passando per lo spaccio di droga, sino ad attività criminali. Un girone infernale, in cui rischiano di finire i minori strani non accompagnati, ma un bando emanato dal governo in concomitanza con l’autorità garante per l’infanzia seleziona tutori volontari per i minori stranieri soli. Assumere la rappresentanza giuridica di un minore straniero solo, farsi carico dei suoi problemi, capire e spiegare agli altri suoi bisogni e diventare portavoce dei suoi diritti fino alla maggiore età. Insomma, proteggerlo negli anni più fragili e difficili. E’ questo il ruolo più importante del tutore volontario, una nuova figura nata per dare un sostegno ai percorsi di accoglienza, educazione e integrazione nella nostra società, per i quasi 18 mila minori stranieri rimasti soli sul territorio italiano. Un numero forte ed in continua crescita che ha portato alla legge 47/2017, che prevede tra le altre cose l’istituzione presso i Tribunali per i minori di elenchi di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela. Protezione e tutela, le parole d’ordine per i quasi 18 mila minori soli, di cui la maggioranza è al maschile, le ragazze sono un numero esiguo: 1.209, molti dei quali provengono dalla Nigeria, e necessitano di massima attenzione. E’ stata ribattezzata come “cittadinanza attiva” o “genitorialità sociale” dall’autorità garante per l’infanzia. Finora sono circa 2.200 le persone che hanno risposto ai bandi pubblicati dai garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza. Si sono fatte avanti soprattutto le donne. In testa c’è il Piemonte, seguito poi dal Lazio e dalla Campania. Impegni ed iniziative per il tutore. La nuova legge non prevede, infatti, la presa in carico domiciliare ed economica del minore. Il tutore svolge le pratiche amministrative, come ad esempio il permesso di soggiorno, valuta se presentare domanda di asilo o protezione internazionale, se sono necessarie prestazioni sanitarie urgenti, accompagna il giovane nella formazione, nell’istruzione scolastica e nell’apprendimento della lingua italiana. “Il tutore dovrà prendersi cura del minore e avrà la funzione di guida”, dicono dall’autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Alcune regioni hanno avviato anche corsi di formazione per i futuri tutori. La durata dell’impegno del tutore è legata all’età del minore. Le persone vengono inserite nell’elenco istituto presso il Tribunale per i minori da cui il giudice attinge per nominare i tutori. Una persona smette di essere tutore per un ragazzo al compimento dei 18 anni e può diventare tutore di un altro minore. Si rende necessario però un’attività di raccordo tra i Tribunali per i minori dove sono istituti gli elenchi e il tribunale ordinario deputato alla nomina. I bandi ci sono per i tutori, pubblicati già in estate, le prime risposte sono buone, fanno sapere dall’autorità garante ma non sufficienti per i 18 mila ragazzi che hanno bisogno una guida. Quindi, si intensificano gli appelli, specie sul web ma anche attraverso una campagna pubblicitaria nazionale per rafforzare l’idea di una genitorialità sociale dando l’occasione ad un ragazzo di cambiare con l’aiuto di un tutore il suo presente e modellare il suo futuro.

 

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Minori e reati. Vite dietro le sbarre dei penitenziari minorili italiani

img_0217Incoscienti e spietati. Senza mai provare rimorso, né assumersi responsabilità alcuna. Giovanissimi, ancora bambini ma giocano con la vita e con la morte. Il pericolo, l’escalation di violenza gli provoca un brivido, in alcuni casi gli mette adrenalina. Furti, rapine, spaccio, e nella peggiore delle ipotesi omicidi, li affascina. Sono l’esercito tecnicamente dei bambini, ma violenti che rifiutano le regole, che arrivano a compiere gesti terribili e senza senso con una leggerezza tale che anche davanti alle conseguenze non riescono a comprenderne la gravità. Così da fanciulli o poco più si ritrovano in una stretta cella, a vivere una vita di privazione e di ridotta libertà tra le sbarre di uno dei diciannove penitenziari minorili presenti in Italia, che ospitano detenuti dai 14 ai 18 anni, e fino ai 21 anni se il reato è stato commesso prima del raggiungimento della maggiore età. Per tutti gli istituti penitenziari minorili la priorità è la funzione rieducativa della pena. L’identikit psicologico del minore delinquente è spesso quello di un ragazzo privo di una guida, una linea comportamentale da seguire, in molti casi sono mancate le figure genitoriali o non sono in grado di impartire sani principi, sono vissuti in ambienti degradati, vittime loro stessi di violenza e soprusi. L’equipe che lavora all’interno dei penitenziari minorili diventa punto di rifermento e si occupa di rielaborare e rieducare: si lavora su un terreno ancora fertile. Ma se non si tratta del giovane ladruncolo o di un piccolo spacciatore, ma di un piccolo “mostro”, il lavoro è più complesso e difficile. Siamo davanti ad un delitto premeditato e compiuto spesso con grande ferocia e freddezza, la cronaca è lunga: da Erika e Omar, considerati lucidi e consapevoli, ad Emanuela, 15 enne che uccise la madre perché questa contrastava la sua relazione amorosa. Si lavora sulla ferocia covata nell’animo, si cerca di capire quali siano le emozioni, i sentimenti provati da questi giovanissimi, sino a capire in che modo si possa riabilitare all’interno della società. Oltre al lavoro psicologico, sociale, educativo affidato ad un’equipe che lavora all’interno delle strutture c’è un aspetto giuridico, legato al reato commesso. L’iter giudiziario minorile inizia con l’arresto il fermo: un minore può cadere nelle maglie della giustizia minorile o perché colto sul fatto (in flagranza) o perché indiziata (fermo di polizia). La prospettiva punitiva del processo deve avere sempre presente l’obiettivo del recupero del minore, anche nei casi più gravi ed eclatanti, per evitare che rimanga vittima della spirale comportamento deviante. Il carcere deve risultare l’ultima possibilità: quando non vi sono altre misure alternative o quando queste sono fallite. Quando il giudice dispone una misura cautelare, l’imputato viene affidato ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia con la quale collaborano gli enti locali, nelle funzioni di sostegno e controllo del ragazzo. Le misure previste, in ordine di gravità crescente, sono: -prescrizioni: orari di uscita e rientro a casa; -permanenza a casa: una sorta di arresti domiciliari, nel caso di trasgressione non vi è denuncia; – collocamento in comunità, quando la famiglia si rifiuta al collocamento in casa; – custodia cautelare: in un istituto di pena minorile. La valutazione viene fatta sulla base della personalità del minore, eventuali precedenti penali e sulla base della situazione personale e familiare. In termini di legge e di giustizia bisogna ricordare il DPR 488/88 che riguarda il perdono giudiziario e la messa alla prova al servizio sociale. Nella messa alla prova il giudice sospende il processo per un periodo non superiore ad un anno, fino a tre per i reti più gravi, affidando il giovane all’assistente sociale, che seguirà percorsi di rieducazione: se le relazioni delle figure professionali coinvolte nella rieducazione sono positive, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato. Altrimenti, prevede alla prosecuzione del processo penale. Per quanto riguarda il perdono giudiziale, viene concesso anche per reati rilevanti, anche non lievi, se emerge la volontà positiva e benevole del ragazzo nel futuro. Può essere concesso una sola volta. Tra misure da adottare resta comunque un’emergenza sociale: ragazzi soli e attratti dal lato oscuro e pericoloso della società che li spinge a compiere atti che vanno contro legge.

(Pubblicato su ildenaro.it)

 

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Sotto un cielo dal colore “Indaco”

Un mondo caotico, frenetico, scandito da ritmi e tempi oramai “moderni”, ma sul quale c’è una quantità di cose meravigliose e a volte invisibili, che le parole possono raccontare. Le parole, un miracolo che consente di scrivere di un mondo pieno di splendore, con le ombre comprese, ma pur sempre meraviglioso. Un mondo danzante, fatto di colori, sapori, suoni e luoghi, crogiolo di sensazioni, emozioni, visioni che emergono e catapultano in un tempo lontano ma al tempo stesso vicino che il padre di “Indaco”, Gerardo Sinatore fa emergere nelle pagine del suo libro. Appassionante, coinvolgente, specchio di ognuno di noi, le righe di Indaco scorrono veloci e ci fanno capire il segreto delle parole, che come scrigni ci consegnano intatto un tesoro invisibile quanto meraviglioso, che agisce sempre, nel silenzio e a distanza, che si chiama amore. La prima parola che pensiamo quando viene al mondo una nuova vita, la prima che altri hanno pronunciato: Dio all’eternità, le coppie salde, i figli ai genitori. Un libro che nasce dall’amore e dalla radicata curiosità che l’autore possiede e rivolge alla Parola, quale forma primogenia di conoscenza. Dalle pagine arricchite di frammenti di vita, di colori che il mondo assume, di culture che si incontrano, di curiosità, di apertura che l’autore nel corso della sua vita ha avuto, emerge il potere poetico e conoscitivo quanto salvifico della Parola, che lo salva dal bisogno profondo di essere, di esistere, di fare ma anche di raccontare e quindi di condividere. “Indaco” per Aspera ad Astra, “attraverso le asperità si giunge alle stelle”, storica frase di Cicerone poi ripresa da Seneca e da Orazio, è un viaggio personale ed intimo dell’autore, che incontra il mondo nei suoi viaggi, nei suoi incontri con le nuove culture, ma nel suo raccontare ci si rispecchia, ci si ferma a pensare ai nostri pregiudizi, alle nostre idee, ai nostri viaggi fatti e a quella morale magari dimenticata. Ma è un viaggio anche di storia, di racconti filosofici, di pillole di saggezza di latinisti e filosofi di un tempo che incontrano l’esperienza di vita di un uomo che nella sua vita ha vissuto l’incontro difficoltoso con la figura paterna, ma fatti di ricordi che solo l’infanzia lascia, specie se si è cresciuti in paesi piccoli e fatti di valori autentici. Storie passate che raccontano di territori ricchi di storia e di segreti che alle nuove generazioni sfuggono, come il capitolo: “la magica seggia pavanesa e la forma”, oppure “santa chiara de li pagani”. Poi gli incontri di politica ma anche di arte: scrittori, artisti, amanti della terra del Sud. Amore, vita, dolore, sofferenza, ricordi, la ricerca della verità che sposa il sentimento religioso: compagno fedele di Sinatore e dell’intero libro, tempestato anche da crisi, scetticismo, questo è “Indaco” di Gerardo Sinatore, arricchito da fotoemozioni di Laura Giordano, perché le parole lasciano spazio anche all’immaginazione delle foto, che fanno viaggiare, sognare, capire, perché “forse, se ognuno si lasciasse sedurre dal proprio cuore, spirerebbe un vento nuovo” (Gerardo Sinatore, docet).

Chi è l’autore? Gerardo Sinatore, scrittore, saggista, autore teatrale, sceneggiatore, coprywriter, uomo passionale e tradizionale. Anima pura della festa dalla Madonna delle Galline di Pagani, quale è ottimo conoscitore. Ha una personalità creativa e travolgente che coinvolge i suoi lettori accompagnandoli in un viaggio interiore e culturale attraverso le più belle forme d’arte che  “formano l’unità dell’universo”, come lui stesso afferma.

Libro: Indaco, Per Aspera ad Astra.

Briciole letterarie, di Storia, Mitologia, Filosofia, Teologia, Teosofia, Politica ed Arte.

2017 Fotoemozioni di Laura Giordano

Edito da Punto Agro News

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L’amore adolescenziale malato sfuggito al controllo di tutti. Noemi e il suo fidanzato…

Non voglio aggiungere nulla che non sia stato già stato detto e scritto su quanto evidente: la povera Noemi è stata ammazzata dal suo fidanzatino, un ragazzo 17enne, con problemi psichici accertati, reduce da tre tso, sicuramente geloso e possessivo, sicuramente ossessionato da questa storia e probabilmente dai mostri che vivevano nella sua testa.

Non so chi fosse davvero Noemi, se fosse un po’ gelosa, se lo fosse solo un po’, so che però scappava spesso di casa, era stata bocciata a scuola, che alle cinque del mattino usciva di casa, forse senza alcun controllo. Ora non importa dipingerla come la figlia più facile del mondo o più difficile. Era un’adolescente, forse con le sue complicanze e con le sue difficoltà, aveva forse dei contrasti coi suoi genitori, era intrappolata in una storia che apparentemente amava ma che in realtà era un amore malato. Noemi, potrebbe essere la mia dirimpettaia di casa, una mia lontana cuginetta, può essere l’adulta che è in me, in noi. Una ragazza inciampata in una relazione che l’ha soffocata ed uccisa. In un amore non sano. Da adulti è diverso, ci inciampi, riapri gli occhi, o comunque dentro di te sai, che ciò che stai vivendo non è normale. A 16 anni non hai gli strumenti o i parametri per farlo.

A 16 anni dovresti vivere la cotta, i cuoricini, non il fidanzamento fatto di famiglie che si incontrano e forse sono rivali, dovresti mangiare il gelato il sabato sera e non il pranzo coi suoceri. Eppure a questa sedicenne tutto era concesso. Appartengo ad una generazione non troppo lontana da Noemi, eppure io non mettevo piede fuori casa senza autorizzazione. Ancora oggi che ho 24 anni sono vincolata ad orari, lei a 16 anni usciva di casa alle cinque del mattino. In questa vicenda dolorosa le colpe sono tanto del ragazzo, che però non è l’unico e vero assassino. I genitori della sedicenne dov’erano in questa storia? La contrastavano, ma a duelli con l’altra famiglia? Il dialogo con la ragazza, il porre un freno, dei limiti, delle regole, degli orari, che fine hanno fatto, che ruolo hanno avuto? Questa storia mi lascia molte perplessità sul ruolo genitoriale oggi, sul ruolo delle famiglie che siano del Nord o del Sud, sulla pericolosità di un ragazzo sfuggita anche alla sua stessa famiglia, al Tribunale ed i Minorenni disattenti, agli assistenti sociali, che avrebbero potuto vigilare dopo i tso, seguire il caso. Molte disattenzioni che hanno portato una 16 enne nella tomba ed un 17 enne problematico in carcere, mentre le famiglie si accuseranno e si duelleranno in un penoso salotto televisivo.

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Febbre d’azzardo: le nuove misure varate dal Governo contro la ludopatia…

img_0217Il gioco d’azzardo strega gli italiani. Business record da 95 miliardi di euro. GrattaeVinci, slot machine e videopoker: nel 2016 il giro d’affari è cresciuto del 7%. Un milione i ludopatici: da curare. In mezzo c’è un’area grigia di chi trascorre ore nei bar, nelle tabaccherie, tra slot, gratta e vinci e lotto istantaneo. Due milioni e mezzo di giocatori che, pur non compulsivi, investono cifre consistenti di denaro nella speranza del colpo di fortuna che possa cambiare la loro vita.  E’ di 95 miliardi di euro l’anno il giro d’affari del gioco d’azzardo legale, una delle prime industrie del paese che garantisce migliaia di posti di lavoro. Gratta e vinci, bingo, slot machine, videolottery, giochi on line: 16 milioni di italiani hanno giocato d’azzardo con 260 milioni di euro al giorno, cioè 3012 euro al secondo. Un record di entrate nelle casse dello stato per 10 miliardi di euro. Una “febbre” che ha  creato anche un’emergenza da gioco patologico per la prima volta inserita dallo Stato tra le nuove dipendenze. 7 mila le persone in cura ufficialmente in Italia, numerosi gli ambulatori che continuano ad aprire su e giù per il Paese. Ma il dato che più emerge è quello dei familiari coinvolti. Un triste esercito di genitori, figli e fratelli che spesso subiscono conseguenze pesanti pur non avendo alcuna colpa. Il gioco “passivo” coinvolge, per ogni giocatore, tra le 5 e le 7 persone. Una categoria che comprende mogli, figli, genitori ma anche colleghi, datori di lavoro e fornitori. Spesso la ludopatia produce situazioni violente, che sfociano anche nella violenza domestica ed in comportamenti come bugie e falsità. I legami familiari possono facilmente spezzarsi per vari motivi e il numero di separazioni e di divorzi che fanno seguito alla dipendenza dal gioco d’azzardo è in crescente aumento. I centri di cura statali e privati provano a ricucire i legami fra i coniugi e i figli. Un percorso difficile, perché riguarda la persona affetta da ludopatia ma anche i suoi stessi familiari, che sono invitati a comprendere le cause e le manifestazioni della dipendenza da gioco d’azzardo e possono essere istruiti da personale esperto per quanto riguarda i comportamenti da mantenere. Accattivanti, colorati, sonori, con un’infinita possibilità di vincere: i nuovi giochi attirano gli italiani in una guerra d’azzardo che ogni giorno si consuma in Italia, con un giro d’affari non indifferente per le casse dello Stato. Vani i tentativi in questi anni da parte del Governo che ha tentato un accordo tra le parti per varare una riforma. Ma di slot machine, video pocker, macchinette mangia soldi, d’ora in poi ne vedremo in giro sempre meno. Dopo oltre un anno di lavori: Governo, Regioni ed enti locali hanno raggiunto l’intesa sul riordino del settore. In tre anni i punti gioco saranno dimezzati, passeranno da 400mila a 265mila, 142mila vecchie macchinette saranno rottamate e non più rimpiazzate. Le sale gioco dovranno essere distanti dai luoghi sensibili: scuole, chiese, oratori. Saranno i sindaci ad imporlo come accadrà per le fasce orarie di chiusura, fino a sei ore consecutive al giorno. Le sale slot dovranno assicurare standard di sicurezza, videosorveglianza, accesso selettivo dei giocatori: ai quali sarà chiesto di esibire un documento di riconoscimento. Il personale, infine, dovrà essere informato sui rischi delle ludopatie. Il solo vedere un punto di gioco, una slot machine o qualsiasi altra possibilità di gioco innesca in chi ha un disturbo compulsivo come il giocatore d’azzardo, lo stesso effetto che può avere un fiammifero con la benzina: ovvero, un processo incontrollabile che poi lo stesso giocatore non riesce più a frenare, specie quando inizia a vincere anche somme modeste e ritenta per cifre sempre più alte, senza arrendersi alle perdite. Un accordo non semplice che ha sollevato dubbi sugli introiti del monopolio di Stato, in un settore con quasi 300mila addetti ma più alto è il numero di italiani che di gioco si sono ammalati arrivando a toccare la soglia della povertà, causando l’impoverimento delle famiglie con ricadute negative sui territori.

(Articolo pubblicato per ildenaro.it)

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Lite tra i genitori sui vaccini per il figlio, il Tribunale: Servizi sociali garantiscano cure e istruzione…

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messE’ la prima volta che accade, a decidere per il bambino saranno i servizi sociali su indicazione del Tribunale che sostituiranno i genitori. Il padre accusa la moglie, convinta no-vax, di impedire al piccolo anche di socializzare. Ora gli assistenti sociali dovranno verificare se il bimbo può fare o meno le vaccinazioni obbligatorie, se ottiene le cure necessarie e se frequenta regolarmente la scuola. Tocca ai servizi sociali prendere le decisioni sulla sua salute, oltre a quelle sull’istruzione e sull’educazione. Si è pronunciato così nelle scorse settimane il Tribunale per i minori di Milano che ha risolto il dissidio tra due genitori, che da tempo non stanno insieme, riguardo a figlio, che ha 4 anni. I rapporti sono tesi e conflittuali tra i due genitori, ed uno degli argomenti di dissidio è proprio il tema vaccini. La madre non vuole farli, il padre invece sì. Fino ad ora l’ha avuta vinta la madre ed il bimbo non è mai entrato in un ambulatorio per le iniezioni, ma in concomitanza con la legge che ha previsto l’obbligatorietà per l’iscrizione a scuola di questi strumenti di prevenzione, i giudici hanno deciso di affidare le cure del piccolo ai servizi sociali, i genitori verranno avvertiti e se non seguiranno le indicazioni dei servizi il figlio potrebbe essere collocato fuori dalla famiglia. Bambini e vaccini, un binomio che tiene banco da mesi: per iscrivere i bambini alla scuola dell’infanzia da 0-6 anni è obbligatorio vaccinarli, per la scuola dell’obbligo invece aumentano da dieci a trenta volte le sanzioni per i genitori che non eseguono la profilassi per i figli. Aumentato anche il numero delle vaccinazioni obbligatorie. Sono le disposizioni contenute nel decreto varato dal Consiglio dei Ministri che reintroduce l’obbligatorietà delle vaccinazioni. Negli ultimi anni c’è stato un abbassamento del livello di protezione anche per il diffondersi di comportamenti e teorie anti-scientifiche e per le diverse risposte delle regioni in mancanza di un indirizzo generico. Le misure prese con la dovuta gradualità intendono assicurare ai bambini livelli di protezione più elevati di quella attuale. Teorie, idee dei genitori, il web che incalza con consigli, alimentando sempre più paure, così in Italia negli ultimi anni si è creato un vero e proprio allarmismo intorno al mondo dei vaccini, causando un calo del 5%, così molti bambini non sono stati vaccinati e sono rimasti vittime innocenti di ideologie e teorie anti-scientifiche. Eppure, fino a qualche anno fa le Asl avevano l’obbligo di segnalare al Tribunale per i Minorenni, che allertava gli assistenti sociali, i genitori che non si presentavano alle vaccinazioni, ma la mole di segnalazioni ha obbligato i Tribunali a richiedere alle Asl lo stop delle segnalazioni, intervenendo solo nei casi di bambini già segnalati al Tribunale per altri motivi, così da richiedere nell’indagine socio-familiare affidata all’assistente sociale del caso di contattare anche l’Asl e di capire quali e quanti vaccini il bambino o l’adolescente seguito aveva ricevuto negli anni, chiedendo poi durante il colloquio coi genitori il motivo per cui eventualmente si erano sottratti dalla somministrazione del vaccino, ciò corrispondeva in termini sociali e giuridici ad una trascuratezza dei compiti genitoriali, ad un venir meno della responsabilità genitoriale oggi divenuta capacità genitoriale. Insomma un’evoluzione giuridica che era andata regredendo ma oggi col nuovo decreto che sancisce l’obbligatorietà dei vaccini ed inoltre la recente sentenza del Tribunale di Milano mettono fine a qualsiasi ideologia genitoriale anti vaccino e a qualsiasi forma di dimenticanza in tema di vaccinazione da parte dei genitori.

(Articolo pubblicato per ildenaro.it)

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L’opinione. L’umanità persa che ritroviamo nei gesti degli ultimi giorni

6834932-strumenti-moderni-giornalista-computer-portatile-bianco-taccuino-e-una-penna-profondit-di-campo-messIl salvataggio eroico ed umano dei tre fratellini di Ischia. Il gesto solidale e rassicurante di un poliziotto che tende la sua mano rassicurante ad una donna impaurita, spaventata, disorientata. Sono i gesti e le immagini di una settimana ricca di eventi e di emozioni che hanno investito l’Italia ed ognuno di noi. Gesti immortalati e ripresi poi dai media, rimpalzati sui social. Gesti fatti da uomini e per di più in divisa: vigili del fuoco che nel silenzio di stipendi sottopagati, di turni massacranti, in perenne lotta con la mancanza di mezzi e strumenti, come anche di personale, hanno mostrato come si è eroi quotidiani sotto gli occhi di quanti fanno finta di non vedere. Poliziotti chiamati al dovere ma pur sempre essere umani, pur sempre sensibili, nonostante la divisa, le difficoltà, le cariche e le sommosse a cui sono chiamati a reagire. Uomini che hanno mostrato il loro lato debole e sincero, eppure spesso pensiamo che gli uomini non lo possiedono. Uomini che ci hanno mostrato il lato fresco, pulito dei gesti e della personalità, che esula da dovere, dallo stipendio, dalla divisa, ma entra nell’intimo di ognuno di noi. Gesti semplici, che dovrebbero essere ordinaria quotidianità ma che rappresentano l’eccezione perchè abbiamo perso il senso dell’altro, il buonismo che dovrebbe esserci in ognuno di noi, l’umanità che ci lega al fratello che sia diverso o meno. L’umanità che ci porta a tendere una mano all’altro. L’umanità che si contrappone al dovere, all’egoismo, al “dio denaro”, al potere, alla politica. L’umanità che ci fa essere persone e non numeri, cose, ma persone con un corpo, un cuore ed un’anima.
Siamo umani.

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Sotto le macerie di Ischia trionfa l’umanità ma resta la ferita psicologica

img_0217Un boato, la terra che trema, viene sorpresa così in una sera d’Agosto, Ischia. In pochi istanti sotto il movimento sussultorio di una scossa dal magnitudo 4.0, sette palazzi crollano a Casamicciola, sulla costa nord, due donne restano vittime del terremoto, mentre 42 saranno i feriti. La terra trema ancora nell’isola più grande della Campania, presa d’assalto in queste settimane dai turisti, ormai in fuga da quel fazzoletto di bellezza e arte ormai divenuto spettrale. Saranno le inchieste a far luce sui crolli, su quelle abitazioni venute giù come cartapesta, sulle morti che cercano un colpevole ma oggi Ischia regala al mondo una pagina di umanità e di civiltà. Per ore i Vigili del Fuoco ed i soccorritori hanno scavato ininterrottamente con passione e tenacia, credendoci, così da mescolare dopo ore la paura alla gioia per la famiglia rimasta sotto le macerie. E’ emozionante la storia dei tre fratellini rimasti per ore sotto le macerie della loro casa a Casamicciola. Il sisma li ha colpiti poco prima di andare a letto: il primo ad essere salvato il più piccolo, Pasquale di soli sette mesi. I più grandi Mattias di 7 anni e Ciro di 11 anni, erano sotto al letto, perché Ciro aveva trascinato lì anche il fratellino, poi con un manico di scopa ha battuto contro le macerie e si è fatto sentire dai soccorritori. Ciro non ci ha pensato due volte per istinto e per amore a mettere in salvo anche il fratellino, scegliendo di mettere in salvo per prima lui, infatti, quando sono arrivati i soccorsi lo ha spinto per primo fuori. Ciro ha salvato la vita ad entrambi, coraggioso e buono mostrandoci il volto del legame tra fratelli e sorelle, un legame che dura per tutta la vita. Il legame tra fratelli e sorelle biologicamente è imprescindibile seppur possono esserci rapporti buoni o anche conflittuali, una polarità: da una parte cooperazione, solidarietà e supporto reciproco, dall’altro competizione, conflitto che possono innescare litigi o nei casi più gravi odio. Ma resta comunque il rapporto più significativo per un uomo ed una donna che si protrae per la vita e in situazioni di emergenza, di dolore, scatta in ognuno di noi un meccanismo difensivo che accantona le nostre paure per mettere in salvo o comunque aiutare il proprio fratello. Ma il terremoto lascerà in questi due fratellini e in quanti lo hanno vissuto una ferita psicologica: uno stress post trauma. La terra simbolicamente è vista come madre e viene associata a sicurezza e stabilità, rappresentando una delle poche certezze per l’uomo. Quando trema, quando tutto frana, viene minata la fiducia, il senso di protezione e la terra si trasforma in un nemico da temere che attenta alla nostra sopravvivenza provocando paure ed emozioni profondissime: paura della morte, un senso di impotenza e di allerta continua. L’esposizione ad un episodio inaspettato e catastrofico come il terremoto è un vero e proprio trauma che può portare dei sintomi: come disturbi d’ansia, vergini, disturbi del sonno, depressione. In genere questi sintomi si risolvono da soli nell’arco di un mese, quando persistono allora si è davanti ad un disturbo post traumatico da stress (DPTS) riconoscibile dalle tre principali caratteristiche: intrusione, evitamento, hyperarousal. E’ bene quindi non lasciarsi andare, non chiudersi nel proprio mondo, ma nella condivisione con gli altri, è bene farsi aiutare da uno psicologo per far emergere anche le paure più inconsce, per elaborare la paura interna. Spesso, infatti, dopo un evento come il terremoto viene messo a disposizione della popolazione equipe di psicologi, che nel caso di Ischia supporteranno anche i due fratellini. L’elaborazione dell’evento per un bambino che come in questo caso è rinato dalle macerie e si è ricongiunto con la sua famiglia, sarà più semplice da elaborare e da vivere, diversamente in traumi caratterizzati anche dalla perdita di un genitori o di un familiare caro. L’elaborazione della paura e del trauma per un adulto può essere più lungo perché un adulto è una persona responsabile, ha una storia, un vissuto alle spalle, vive magari in situazioni già di stress che unendosi al trauma può sembrare difficile da vivere ma così non è, basta prenderne coscienza con l’aiuto anche di esperti. Se la terra trema e crolla non significa che non si può ricostruire, partendo dalla nostra psiche.

 (Articolo pubblicato su “ildenaro.it”)

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