Giovani politici di grandi speranze e naviganti professionisti di lungo corso che vedono crollare carriere ed esistenze politiche strappategli dai giovani, che armati di entusiasmo e passione si lasciano andare a cariche politiche. E’ la fotografia della nuova politica italiana. Giovani impegnati in politica, che scalano gerarchie interne ai partiti, conquistano gli elettori e portano a casa il successo. Giovani e politica, il binomio perfetto che lascia da parte il disprezzo per sposare l’impegno. Conquistano gli elettori per le facce pulite, buone, talvolta colte, che spazzano via gli impresentabili ed i soliti volti che molte liste tentano di presentare. Un impegno che sia agli occhi dei giovani politici, che dell’elettorato si traduce come una provocazione: non lasciare la politica ai professionisti del malaffare, ma i giovani in politica sono anche per gli elettori il vento del rinnovamento e del cambiamento, quel vento che sa di idee e di buona fede, su cui vale la pena sperare e puntare. Giovani che fanno politica, nati talvolta con la passione travolgente della politica nel sangue, che hanno in testa una carriera politica o più semplicemente “fare politica”, li appassiona il dibattito politico. Occuparsi di politica- fare politica- è una necessità assoluta per molti giovani, che salva da un futuro oscuro, per evitare di avere il rimpianto di non aver fatto nulla. Una classe politica giovane e che aspira ad un cambiamento radicale, sembrano questi i presupposti della nuova politica giovanile. Giovani che hanno seguito il motto di Berlinguer “fate politica” e di Gramsci che nei suoi quaderni del carcere scriveva “l’indifferenza è il peso morto della storia”. E sono sempre più i partiti ed i movimenti italiani che negli ultimi anni si sono aperti ai più giovani, puntando sulle loro idee e sulle loro forze. Basti vedere il Movimento Cinque Stelle, che dalla sua conquista gli elettori oltre che per le sue idee, quanto anche per i volti giovani che si ritrovano come accade nella storia attuale a governare talvolta città italiane che fino a qualche mese fa erano rocca forte di ossi duri della politica. Occhi azzurri come il mare. Bionda. La più giovane. Aveva solo 25 anni, quando mise per la prima volta piede nel suo ufficio di assessore alle Politiche giovanili. Studiava legge negli Stati Uniti, ma De Magistris, anche se qualcuno storceva il naso per una giovanissima a Palazzo San Giacomo di Napoli, parliamo di Alessandro Clemente, la volle assessore. Oggi è di nuovo nella giunta del sindaco partenopeo e con qualche anno in più, 29. Ha conquistato per la seconda volta gli elettori, con ben 4500 preferenze, la più votata nello schieramento De Magistris. L’obiettivo della Clemente, che rappresenta l’orgoglio della giunta napoletana, è quello di abbattere i muri e rilanciare la città partendo proprio dai giovani. Mille obiettivi nel cassetto e negli occhi della Clemente: da una squadra più larga, alla connessione con le città d’Europa. Ma anche un laboratorio politico, che macini sempre idee e progetti che si traducano col fare concreto. 27 anni, il sogno politico e la rincorsa verso il comune di Salerno, è Dante Santoro, che nella sua scalata verso palazzo di città a Salerno era affiancato da tre liste civiche composte prevalentemente da ragazzi e professionisti. Una corsa di civiche, ma un passato per Santoro col Movimento Cinque Stelle, dove è risultato all’election day il più votato su 57 candidati. Una sfida dura per Santoro: farsi largo alle ultime elezioni tra i tanti candidati sindaco, molti appartenenti alle stesse formazioni politiche, che per lui dimostravano la vecchia politica che tende di perdersi in faide per il controllo del potere, dimenticando i problemi veri della gente. Una sfida persa da candidato sindaco, ma di certo il giovane Santoro, non ha perso la grinta e la tenacia, e da consigliere comunale si è fatto promotore già di diverse iniziative. Una su tutte, “la scuola dà consiglio”, che nello specifico, si rivolge alle scuole superiori della città di Salerno per coinvolgere gli studenti in quella che è la complessa vita amministrativa della città. Ma anche una consigliatura, quella di Santoro al fianco delle tematiche della città, infatti, da qualche giorno ha lanciato una petizione sulla viabilità e le strade pericolose. Occhi puntati soprattutto sui rioni collinari di Salerno. Non solo grandi città o capoluoghi annoverano nella loro squadra amministrativa giovani, anche nelle piccole realtà si punta sull’impegno politico dei più giovani. Accade a Pagani, nel salernitano, 35.000 abitanti ed un consiglio comunale che può vantarsi di avere due giovani consiglieri, i più giovani che la città possa ricordare: Bartolomeo Picaro di Forza Italia e Raffaella Cascone. Picaro, fu eletto nella maggioranza del sindaco Salvatore Bottone a soli 24 anni, nel 2004. Una carriera interna al partito prima ancora di approdare in consiglio nella città di Sant’Alfonso. Prima responsabile di Forza Italia giovani a Pagani per la campagna elettorale, poi coordinatore cittadino di Forza Italia giovani, fino ad essere nominato portavoce provinciale dei giovani di Forza Italia. Attualmente ricopre il ruolo di capogruppo del partito in consiglio comunale, nel frattempo il primo cittadino lo ha anche delegato all’edilizia scolastica. Un occhio giovane alle scuole cittadine. Ha 28 anni ed ha portato a casa ben 600 voti, in un centro cittadino piccolo ma che ha voglia di rinnovamento, Sant’Egidio del Monte Albino, alle pendici dei Monti Lattari. Gianluigi Marrazzo, è il più giovane nella giunta del riconfermato sindaco, Nunzio Carpentieri. Marrazzo oggi regge l’assessorato ai Lavori Pubblici con delega alla struttura mercatale di via Nazionale, perno centrale dell’economia locale. Proprio il Mercato Ortofrutticolo, quale volano dell’economia è stato il primo punto di partenza in questa attività di assessorato per Marrazzo, partendo dai lavoratori e assicurando loro le condizioni minime di lavoro. Il suo motto politico è “coltivare la realtà”, quella realtà che con Marrazzo ha il sapore delle idee giovani e nuove anche per una comunità piccola e montana come Sant’Egidio.
Un mio articolo per ildenaro.it

Una fotografia che ritrae il voto assegnato a chi di dovere, come prova, poi l’incasso di 50 euro per il voto dato. E’ accaduto alle ultime elezioni comunali a Castellammare di Stabia. Un voto costa 50 euro. A seconda della Regione o delle condizioni dettate dai vertici della criminalità locale. In cambio di una semplice “x” che segni una preferenza. Sono le schede elettorali sporche di mafia. Pratica che ha compromesso sul territorio nazionale decine e decine di assessori, consiglieri ed ex presidenti di Regione. E che, in numerosi casi, li ha costretti a concedere favori su favori, strozzati dalla loro stessa voglia di potere. Un giro d’affari non indifferente per l’elettore: se si coinvolge anche un parente o un amico, si guadagna 20 euro a voto, arrivando a 30 euro lì dove si supera un certo numero di elettori. Arrivando a guadagnare in un solo giorno fino a 1500-2000 euro. La filosofia dell’elettore che si lascia pagare per la sua preferenza viene riassunta nel guadagno, poco importa il proprio voto. Un vero e proprio mercato del voto, ancor peggio di quello ortofrutticolo. A volte gli elettori vengono pagati con buoni pasto: un blocchetto basta per comprare i voti di un’intera famiglia. Affari di politica. Affari gestiti dalla mafia, che oggi conta su un fatturato, stando ai dati di Confesercenti che si aggira intorno ai 90 miliardi di euro, pari al 7% del Pil, riassumendo, sarebbero ben cinque manovre finanziarie del nostro paese. “Mafia s.p.a.” che vive sotto gli occhi di tutti, eppure in campagna elettorale nessuno tocca il tema. Ad oggi nessuna parte politica è riuscita a prescindere dalla relazione con il potere economico dei clan. Mettersi contro di loro significa perdere consensi e voti, ma anche scontrarsi contro un muro di difficoltà nella realizzazione delle opere pubbliche. Le mafie sono lì, intercettando i politici, si accordano e non fanno differenze di schieramenti. Hanno il potere politico tra le mani. Non c’è elezione italiana che non vinca attraverso il voto di scambio, un’arma vincente nel Sud Italia, dove la disoccupazione è alta. Un voto di scambio che risente dell’epoca e della società. In passato era più redditizio: un posto di lavoro alle poste, al ministero o negli uffici comunali, ma con gli anni il voto è stato venduto per molto meno. Bollette del telefono e della luce pagate per i due mesi precedenti alle elezioni e per il mese successivo. Nelle penultime la novità era il cellulare. Ti regalavano un telefonino modificato per fotografare la scheda in cabina senza far sentire il click. Solo i più fortunati ottenevano un lavoro a tempo determinato. Alle ultime elezioni il valore del voto è sceso a 50 euro. La disperazione del meridione che arriva a svendere il proprio voto per 50 euro sembra inversamente proporzionale alla potenza della più grande impresa italiana che lo domina. La compravendita di voti mostra una politica unanimemente disprezzata. Gli italiani la percepiscono come prosecuzione di affari privati nella sfera pubblica. Ha perso la sua naturale vocazione: creare progetti, stabilire obiettivi, risolvere concretamente i problemi. La mappa dell’Italia è costellata da scandali che ruotano attorno al voto di scambio. Da Milano a Casal di Principe, da Ventimiglia a Catanzaro, dalla provincia di Torino alla Basilicata, il Paese è una gigantesca scacchiera dove i calcoli a tavolino dei boss permettono di consegnare le chiavi dei palazzi istituzionali a “uomini fidati”. A politici conniventi che diventano così appendici delle cosche nei luoghi della democrazia del Paese. Un Paese corrotto dagli stessi politici, che aspetta la prima mossa politica affinché si affronti la questione morale all’interno dei partiti. Nessuno vincerà le elezioni finché si continuerà ad ignorare la fondamentale questione chiamata “organizzazioni criminali” o ancor di più “economia criminale”.
Donne potenti, donne di mafia, che spesso si trovano a gestire un potere immenso, in contesti sociali in cui paradossalmente la donna ha sempre dovuto faticare più del dovuto per imporsi. Ma la criminalità organizzata, con i suoi legami di sangue e le sue mille contraddizioni, offre uno spaccato inedito, dove emergono donne protagoniste di vicende incredibili, connotate da una dose massiccia di potere e ferocia.
Degrado, criminalità, marginalità sociale, abusivismo. L’assenza di una politica adeguata, che si palesa spesso solo in campagna elettorale, alto tasso di disoccupazione e un’architettura originaria, che soffoca, che giorno dopo giorno annovera nuovi problemi, senza possibilità di risoluzione. Luoghi abbandonati, a tal punto da provocare una vera e propria guerra fra poveri, una caccia alle streghe del 2000 ed isolamento. Ma anche tanta, troppa ipocrisia ed omertà. Caivano è la dimostrazione di una fitta rete di omertà nella quale restano impigliate le vittime, che in molti avrebbero potuto salvare, ma che col loro silenzio hanno contribuito ad alimentare la violenza ed il dolore.
“Questa bambina è conciata come una sedicenne”. Risuonano forti queste parole. Mi sono chiesta, da donna e da zia, più volte il senso di questa affermazione proferita da Corrado Augias, giornalista, conduttore televisivo e scrittore della cui sensibilità e delle cui capacità di analisi non ho mai dubitato. Mi sfugge però il senso. Eppure Augias con ferma convinzione di sempre ha pronunciato queste parole durante il programma di La7, “DiMartedì”, condotto da Giovanni Floris e lo ha fatto commentando la foto della piccola Fortuna Loffredo, morta a sei anni, scaraventata dall’ottavo piano di un palazzo, dopo aver subito abusi sessuali, alla periferia di Caivano, nel napoletano.
Periferia di Napoli: Caivano è lì che nel 2014, tra i palazzoni, lo sporco, il degrado, le difficoltà di una vita che già da bambini diventa difficile, che la piccola Fortuna, dopo diversi abusi ha trovato la morte. Ad abusare di lei per poi ucciderla il suo vicino di casa, che oggi, grazie alla testimonianza e alla voglia di giustizia, di verità, alla voglia di liberarsi di un peso troppo grande per un bambino, è stato incastrato dal racconto dei bambini.
Autismo Vs opinione pubblica.
Raccontare la vita nelle sue mille sfumature: dall’amore vero e sincero che si prova, che ti spinge ad attendere col cuore in gola davanti ad una sala operatoria o a chiacchierare per “ingannare” il tempo nelle sale d’attesa, quando la vita ti costringe a fare i conti con la malattia, la sofferenza. Ecco per settimane sul mio blog, che nato dalla mia passione giornalistica di approfondire, di raccontare, fatti di cronaca, ho raccontato anche storie comuni, storie di tutti noi, di gente comune, che nei mesi di sale d’attesa ho incontrato ed ognuno di loro ha lasciato in me una traccia, una morale, un insegnamento. Storie fatte d’amore e di sofferenza, di lotte nel nome della vita e del “ti sono accanto nella gioia e nel dolore”. Insegnandomi un amore vero e sincero anche e soprattutto di fronte alle difficoltà, insegnandomi che l’amore può e vince su tutto. Insegnandomi però che è un amore troppo raro ed antico, che appartiene più alle “vecchie” generazioni, che alla mia-poco più che vent’enne-.