“Meno compiti, più vita”, lo ha annunciato nei giorni scorsi il Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che ha invitato gli insegnanti a lasciare più libertà agli studenti, durante le festività natalizie, per fare movimento, divertirsi e stare coi parenti. Un appello al corpo docenti, che si concretizzerà in una circolare, il cui contenuto sarà: meno compiti per le vacanze di Natale. Una decisione che ha già fatto discutere, contestata in primis da alcuni insegnanti, ancorati da una visione classica della scuola: compiti per tenere in allenamento la mente e per non perdere il filo conduttore dei programmi già realizzati a metà anno, sulla stessa linea anche alcuni genitori, spaventati dal troppo tempo libero che avrebbero i loro figli, impauriti di vederli impoltronire dinanzi ai social o ai videogiochi. Ovviamente c’è bisogno della giusta ratio da parte degli insegnanti e dei genitori. I ragazzi di oggi intrappolati nella tela dei colori del web, dei giochi online, delle conversazioni in chat, hanno bisogno di creatività e semplicità, di scoprire il mondo e le sue bellezze: una passeggiata coi genitori on the road, senza meta, perché la bellezza sta proprio nelle piccole cose, che apparentemente possono sembrare insignificanti e vuote, ma che regalano tempo, attenzioni, relax e sana noia. C’è bisogno di riscoprire da adulti ed educatori quale siamo la semplicità, il tempo vuoto che non è già riempito dal lavoro, dalle scadenze, solo così di riflesso potremmo insegnare ai ragazzi che c’è un tempo “da riempire” con attività, idee, iniziative e non solo con compiti ed esercizi. Tempo per passioni, per la lettura e per la musica: passioni da vivere e da riscoprire. Senza dubbio, la parte più importante dell’apprendimento avviene a scuola. Fuori, gli alunni possono sviluppare la loro cultura leggendo, esplorando il mondo che li circonda, maturando come cittadini che usano il sapere appreso tra i banchi di scuola: se in classe imparano a leggere, fuori possono scegliere un libro; se imparano la storia dell’arte è giusto che dopo la scoprano in un museo. Insomma, crescono come cittadini. I motivi per ridurre o non assegnare compiti per le vacanze natalizie sono molteplici, anzitutto, va sfatato il mito che i ragazzi dimentichino quanto appreso in questi mesi: le festività natalizie, rapportate a quelle estive, sono più brevi. Difficile pensare che in poco più di due settimane i ragazzi perdano l’allenamento mentale e l’abitudine allo studio. Anzi, hanno la possibilità di riposare la mente ed il corpo, utile ad aiutare i ragazzi ad affrontare la seconda parte dell’anno. La stanchezza mentale e la pressione scolastica a cui sono sottoposti i ragazzi durante l’anno non va tralasciata ma considerata. Spesso, accade che gli studenti sono stanchi, hanno poche energie mentali e sforzarli o costringerli a dare il meglio non potrà che avere effetti negativi. Spesso ho incontrato ragazzini che dopo il tempo pieno a scuola vorrebbero giocare, curiosare, vivere ma non appena tornati a casa sono costretti ai compiti e faticano non poco per trovare la concentrazione e le energie giuste. Perché allora caricarli durante il periodo più leggero e dolce dell’anno, il Natale, di compiti? Molti, pensano che le vacanze siano il momento più adatto per recuperare argomenti e nozioni arretrate, ma è davvero così? Forse, rischiamo di avere un effetto domino: un rifiuto ed una chiusura. E’ a scuola che si apprende, si interagisce con i compagni e gli insegnanti, non è a casa o in vacanza che può nascere interesse per lo studio o domande a cui trovare una risposta. Le ferie natalizie sono per antonomasia il periodo in cui la famiglia cerca di riunirsi, ve lo dice una che da sempre attende su una stazione il treno che arrivi con su il proprio fratello, l’aereo che porti gli zii, insomma, diciamocelo che se c’è un posto che in questo periodo rispecchia il ritrovo delle famiglie sono le stazioni e gli aeroporti. Forse, il Natale, è l’unica occasione per ritrovarsi. Lasciare ai ragazzi il tempo di vivere appieno questo momento, di riscoprire la propria famiglia, è il miglior regalo di Natale che gli si possa fare. Perché c’è un valore che non deve mai tramontare ma essere tramandato ed è quello della famiglia, ma solo vivendola lo si può insegnare. Quindi, vi starete chiedendo, niente compiti per le vacanze di Natale? Sì, e gli insegnanti potrebbero invece stendere una lista di suggerimenti per i genitori, indicando le mostre più interessanti, i film da proporre, le esperienze da poter condividere coi loro figli. Potrebbero suggerire alle mamme e ai papà, che spesso non sanno quali attività formative proporre ai figli, a cogliere le suggestioni. Insomma, una via di mezzo che unisca la cultura che si apprende sui banchi di scuola durante l’anno, le vacanze di Natale e la famiglia, sembra proprio esserci, basta solo intraprenderla e magari sarà una piacevole scoperta per tutti.
(Articolo pubblicato in Pagine Sociali il mio blog per ildenaro.it)
Esiste un mondo contiguo e speculare, per niente lontano e distante dall’immaginario comune, si chiama carcere, ma si legge -per molti -come luogo di contenimento e di espiazione. Drammatiche le condizioni in cui versano le carceri italiane negli ultimi anni. Quella dei penitenziari è una bomba ad orologeria che rischia di esplodere. Gli scenari della carceri italiane ammutoliscono. Celle di sei, otto detenuti insieme, spesso non sono detenuti condannati ma in attesa di una sentenza – a cui attendono da mesi-. Docce comuni, orari fissi e sguardi attenti, poliziotti che vegliano. Condizioni igieniche quasi nulle. Gli spazi sono finiti. La polizia penitenziaria è poca. I soldi meno ancora. Aumentano le violenze, le risse ed i sucidi. La speranza è attesa di una richiestissima riforma penitenziaria, che da tempo giace nei meandri di Camera e Senato. In questa giungla di dolore, solitudine e sofferenza, nelle case di detenzione maschili, femminili e minorili si fanno sempre più largo le realtà associative, Onlus di volontariato che offrono agli ospiti opportunità di lavoro creative e valide. E’ il caso di dire che il lavoro salva il carcere e sono molte le protagoniste di questa mission: unire la forze sfruttando le risorse sociali per far sentire più alta la propria voce. Il lavoro passa e riparte proprio dal carcere: un laboratorio di idee e progetti utili a dare un segnale forte dimostrando la forza riabilitativa del lavoro e dei percorsi di formazione e istruzione come strumenti di valore legati alla dignità della persona. Si crea così una vera e propria economia carceraria, che secondo i responsabili di molte Onlus che operano nel settore, ha tutto il potenziale produttivo per contribuire alla crescita del paese. E’ un business virtuoso, pulito, solidale, dall’alto valore sociale e rigenerativo. Ogni cosa che prende vita in carcere è sinonimo di qualità e di riscatto sociale, di una scommessa su se stessi che ha il profumo di valore e valori. Così si macinano idee e progetti, volano dell’economia carceraria ed italiana. “Cotti in Fragranza” , start-up a vocazione sociale: un laboratorio per la preparazione di prodotti da forno di alta qualità, commercializzati nel territorio locale e nazionale. Nasce a Palermo ed è un esempio innovativo nel territorio del sud Italia, prima realtà imprenditoriale all’interno di un Istituto Penale per i Minorenni del sud (terza in tutta Italia). L’obiettivo ambizioso è quello di promuovere una stabile inclusione dei giovani del Malaspina che, previa formazione, potranno diventare lavoratori specializzati e autonomi, anche al di fuori del percorso detentivo. Apprendimento reciproco come condizione necessaria ed unica strategia vincente. Il “noi” che vuole diventare insieme persone competenti, capaci di operare scelte precise per il proprio benessere e quello altrui, capaci di cogliere il significato delle cose, valutare e decidere. Insieme, in grado di utilizzare strategie adeguate nei diversi contesti per trovare nuovi adattamenti e soluzioni creative. Il caffè diventa Galeotto al penitenziario Rebibbia di Roma, i detenuti producono e confezionano la torrefazione. Un eccellente prodotto solidale, miscelato con i migliori crudi, provenienti da continenti lontani. Si chiamano “lanzarelle” del caffè, sono le donne del carcere femminile di Pozzuoli e producono caffè artigianale, secondo la tradizione napoletana. Cinquantasei le donne che nel tempo si sono susseguite, perché solo il lavoro offre dignità e possibilità di riscatto reale. Molte di loro prima di lavorare al progetto, non avevano mai avuto un regolare contratto di lavoro. Ora hanno la possibilità di imparare un mestiere, ma ancor di più acquisiscono coscienza dei loro diritti e delle loro possibilità. “Buoni dentro”, al Beccaria di Milano, carcere minorile si è intrapresi la sfida di pianificazione e pasticceria. Una piccola bottega nel cuore del penitenziario minorile, strutturato in forma di bottega di produzione artigiana, dove i giovani attivi nel laboratorio sono affiancati da un formatore sotto la supervisione di un maestro artigiano. Il laboratorio sforna quotidianamente pane, focaccia biscotti, destinati al consumo interno dell’istituto. In occasione delle festività realizza la produzione artigianale di dolci tradizionali: panettone per Natale e colomba per Pasqua. Dal febbraio 2015 è attivo anche il laboratorio di panificazione con punto vendita di pezzi di pane Piazza Bettini a Milano, che impiega alcuni giovani detenuti sotto la guida e la supervisione di un maestro artigiano. Il lavoro costituisce un fattore cruciale per favorire il cambiamento nei giovani sottoposti a restrizione della libertà e rappresenta un fattore determinante per il successo dei progetti di reinserimento sociale. Ai ragazzi viene offerta un’opportunità concreta di supporto al cambiamento e alla ri-costruzione dell’identità personale attraverso il lavoro che nasce dalle loro capacità e dal loro impegno. Un orto sociale e un’area verde per i colloqui con le famiglie lì dove prima vi era un campo da calcio in erba per anni abbandonato. Oggi, cambia sembianze il supercarcere di Ascoli Piceno. Oggi quel campo è tornato a nuova vita, in parte destinato di nuovo a piccolo perimetro di gioco, in parte ad area verde per i colloqui con le famiglie e per il resto destinato ad orto sociale. Un’innovativa esperienza nella quale il valore ricreativo ed educativo dell’orto, viene affiancato da un’esperienza teorico-pratica nella gestione del verde e del giardinaggio, per creare specifiche professionalità di settore. “La pizza buona dentro e fuori” questo lo slogan utilizzato dal carcere di Fuorni (Salerno) che nei giorni scorsi ha presentato il progetto di una pizzeria sociale all’interno del penitenziario salernitano. Siglato il documento che realizzerà la pizzeria in un locale già individuato, si iniziano ora a formare i detenuti che potranno acquisire il titolo di pizzaiolo che sarà spendibile poi una volta tornati in libertà. Secondo il direttore del penitenziario, il progetto, in carcere continuerà, perché sarà favorito il passaggio di testimoni tra i detenuti. “Questa idea progettuale –ha dichiarato Martone- deve essere foriera di lavoro, di opportunità trattamentali, di opportunità formative e di attestati spendibili anche all’estero”. Tra carenze e diritti che sembrano essere negati, si fa largo un’idea di carcere sociale e costruttiva, attesa da tanto, troppo tempo e che sembra prendere il sopravvento con realtà belle e che vale la pena raccontare e perché no, acquistare.